La Congiura dei Pazzi fu un evento che sconvolse la Firenze dell’epoca: non fu una vera e propria rivolta cittadina, ma se vista con gli occhi dei Congiurati può rientrare nell’ambito di quello che intendiamo per rivolta, sommossa o tumulto. Infatti la congiura non è altro che un tentativo di rivolta di una famiglia magnatizia fiorentina, i Pazzi, contro la famiglia che dominava la vita politica e culturale cittadina, i Medici.
Contestualizzazione storica
Alla morte di Piero de Medici gli successero i suoi due figli, Lorenzo e Giuliano; i giovani rampolli erano molto conosciuti in città e molto vicini agli ambienti culturali fiorentini. Lorenzo, che aveva venti anni quando successe al padre al comando dei beni di famiglia e in un certo senso al comando del comune fiorentino, basò la sua politica sulla fiducia verso il popolo e su una serie di personaggi a lui fidati che occupavano una posizione rilevante nel tessuto politico e organizzativo della città, garantendo ai Medici il controllo di esse.
Nel pieno del 1400, Firenze era una delle città più rigogliose, da un punto di vista culturale era il centro nevralgico per lo sviluppo delle arti e della letteratura. Fulcro della vita rinascimentale italiana, era la principale rivale di Roma per l’egemonia della cultura, anche grazie al lavoro di mecenati svolto dai Medici: fu proprio questo ruolo a fare di Firenze un crocevia di idee, artisti e letterati, questo dominio mediceo era preponderante anche in ambito finanziario. Proprio per motivi finanziari si inasprirono i rapporti con Roma, il banco mediceo aveva un grande mercato finanziario anche a livello europeo e per un certo periodo di tempo anche a Roma. Questa egemonia della famiglia Medici, che si era venuta a creare con il susseguirsi di altri esponenti delle famiglie al soglio pontificio, venne gradualmente visto con disprezzo, i rapporti si inasprirono ulteriormente quando salì al soglio pontifico Sisto IV, conosciuto anche come Papa Della Rovere. Il Papa mirava al dominio di alcune magistrature attraverso membri a lui vicini e della sua famiglia nelle varie città di spicco italiane, a Firenze erano appunto i Pazzi. Lorenzo e Sisto IV nel corso degli anni entrarono in conflitto molte volte a partire dalla revoca dell’amministrazione delle finanze ai Medici per affidarla ai Pazzi.
L’evento scatenante arriva nel 1477 circa, a seguito di alcune decisioni prese da Lorenzo a discapito della famiglia Pazzi. Proprio da Francesco e Jacopo de’ Pazzi nasce nel 1478 la necessità di ordire una congiura a danno dei rampolli Medici e poter liberare la città di Firenze dall’egemonia medicea.

Cronologia della Congiura
Maturata nell’animo dei congiuranti e assunti dei compagni in questa impresa, Francesco e Jacopo de’ Pazzi decisero di colpire in un giorno di festa, di fronte a Dio e al popolo fiorentino. Era il 26 Aprile 1478, la domenica di Pasqua, il giorno in cui il popolo fiorentino tutto era riunito in preghiera, nella cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Il manipolo di uomini che intendevano uccidere i fratelli Medici era composto da Jacopo e Francesco de’ Pazzi, papa Sisto IV che agiva dietro le quinte, Francesco Salviati, Rinaldo Orsini, Girolamo Riario, Federico da Montefeltro, Bernardo Bandini, Stefano da Bagnone, Antonio Maffei da Volterra e Giovanni Battista da Montesecco. Il disegno iniziale prevedeva la morte per avvelenamento: qui entra in gioco il Papa che aveva schierato alle porte di Firenze un piccolo esercito per aiutare i congiuranti a sbarazzarsi dei Medici ed i loro seguaci per risultare i liberatori del popolo e prenderne il posto al comando della città.
L’avvelenamento doveva avvenire durante un banchetto presso una villa di di Fiesole, nell’ambito dei festeggiamenti per la nomina a Cardinale del nipote del Papa, Raffele Riario. Fu deciso che gli incaricati all’avvelenamento sarebbero stati Jacopo de’ Pazzi e Girolamo Riario. Ma non andò come avevano previsto: il piano saltò per via della mancanza di Giuliano de’ Medici che per un’indisposizione non fu presente al banchetto.
Da quanto possiamo leggere in Machiavelli (1469-1527) nelle sue Istorie Fiorentine (1520-1525), quella di colpire durante la messa di Pasqua è stata una decisione last minute.
“Ordinarono pertanto convitassero il cardinale nella villa loro di Fiesole, dove Giuliano o a caso, o a studio non convenne; tanto che tornato il disegno vano, giudicarono, che se lo convitassero a Firenze, di necessità ambiduoi v’avessero ad intervenire. […] Venuto dipoi il giorno, fu notificato a Francesco, come Giuliano al convitto non interveniva. Pertanto di nuovo i capi della congiura si ragunarono, e conchiusono che non fusse da differire il mandarla ad effetto; perch’ egli era impossibile, sendo a nota di tanti, che la non si scoprisse.”
(Nicolò Machiavelli – Istorie Fiorentine – Libro VIII)
Machiavelli, sempre nelle Istorie Fiorentine, descrive in maniera lineare e dettagliata i vari step della congiura e come i congiuranti convennero nell’ammazzare i Medici e soprattutto come si riorganizzarono nei vari ruoli.
“Volevano che Giovan Batista prendesse cura di ammazzare Lorenzo, e Francesco de’ Pazzi e Bernardo Bandini, Giuliano. Ricusò Giovan Batista il volerlo fare, o che la famigliarità aveva tanuta con Lorenzo gli avesse addolcito l’animo, o che pure altra cagione lo movesse. Disse che non gli basterebbe mai l’animo commettere tanto eccesso in chiesa, e accompagnare il tradimento col sacrilegio; il che fu principio della rovina dell’impresa loro.”
(Nicolò Machiavelli – Istorie Fiorentine – Libro VIII)
Come si è potuto leggere, i congiuranti si ritrovarono a dover cercare un sostituto per uccidere Giuliano. La scelta cadde su Antonio da Volterra e su un sacerdote, Stefano. Entrambi questi personaggi erano abbastanza inesperti per ricoprire tale ruolo. Ma a quanto pare, ancora una volta, qualcosa non andò come doveva andare. Machiavelli ci guida negli eventi:
“La Chiesa era piena di popolo, e l’uffizio divino cominciato, quando ancora Giuliano de’ Medici non era in Chiesa. Onde che Francesco de’ Pazzi insieme con Bernardo Bandini alla sua morte destinati andarono alle case sue a trovarlo, e con prieghi e con arte nella chiesa lo condussero.”
(Nicolò Machiavelli – Istorie Fiorentine – Libro VIII)
Naturalmente i due congiuranti nel contempo dovevano controllare che Giuliano non avesse cotta o coltello che potessero impedire il piano. Appurato che nulla ci fosse per difendersi entrarono in Chiesa. Giuliano si siede vicino il fratello Lorenzo, Angelo Poliziano e alcuni amici, mentre dietro di loro i congiuranti attesero il momento in cui tutti erano inginocchiati per scagliarsi sui fratelli Medici. Bernardo Bandini fendendo l’aria con un coltello, si scagliò su Giuliano, il quale accusando il colpo, fu molto lento nella sua reazione e per questo venne ferito a morte. Lorenzo invece, grazie anche alla prontezza di Angelo Poliziano e dei sui scudieri, rimase ferito solo superficialmente ad una spalla, mentre Francesco de’Pazzi continuava ad accanirsi sul corpo ormai inerme di Giuliano. Il Bandini cercava di scaraventarsi su Lorenzo che impaurito si rifugia nella sagrestia, nel mentre che Lorenzo entrava nella sagrestia, Francesco Neri fece da scudo col suo corpo e la furia omicida del Bandini si scagliò su di lui, salvando il Magnifico.
Machiavelli riporta vividamente questa scena concitata:
“Sendo adunque preparati gli ucciditori, quelli a canto a Lorenzo, dove per la moltitudine che nel tempio era facilmente e senza sospetto potevano stare, e queli altri insieme con Giuliano, venne l’ora destinata; Bernardo Bandini con una arme corta a quello effetto apparecchiata passò il petto a Giuliano, il quale dopo pochi passi cadde in terra; sopra il quale Francesco de Pazzi gittatosi lo empiè di ferite, e con tanto studio lo percosse, che accecato da quel furore che lo portava, sè medesimo in una gamba gravemente offese.”
(Nicolò Machiavelli – Istorie Fiorentine – Libro VIII)
L’accaduto scosse il popolo fiorentino affezionato ai fratelli Medici, soprattutto a Lorenzo De’ Medici, di cui si temeva il peggio.
Nel mentre Jacopo de’ Pazzi sentito il racconto della congiura, attenendosi al piano inziale, montò a cavallo e recatosi in Piazza della Signoria iniziò a gridare alla libertà cercando di scuotere il popolo fiorentino in una rivolta antimedicea. Quello di Jacopo fu un errore di valutazione dell’umore dei fiorentini. Egli credeva che volessero spodestare i Medici dal dominio della città invece ottenne l’effetto contrario: i Fiorentini iniziarono a scendere in piazza e urlare, aggredendo il congiurante.
“Ma perché l’uno era dalla fortuna e liberalità de’ Medici fatto sordo, l’altra in Firenze non era cognosciuta, non gli fu risposto da alcuno. Solo i signori che la parte superiore del Palagio signoreggiavano, con i sassi lo salutarono, e con le minacce in quanto poterono lo sbigottirono.”
(Nicolò Machiavelli – Istorie Fiorentine – Libro VIII)
Con queste parole, con toni aulici Machiavelli descrive quanto accaduto e continuando su questa scia di toni racconta poi come Messer Jacopo De’ Pazzi fugga via dalla città e per informare le truppe papali, in attesa di attaccare la città del fallito “golpe”.
L’epilogo di questo episodio fu terribile per i Pazzi: a poche ore dall’attentato i corpi di Francesco de’ Pazzi e Francesco Salviati, principali artefici del tentato golpe, furono appesi fuori da Palazzo Vecchio. Con il passare dei giorni i membri della famiglia Pazzi furono rintracciati dai “palleschi” (così si fecero chiamare coloro che inneggiavano allo stemma mediceo) e messi a morte, per vendicare la perdita del giovane Giuliano e le ferite di Lorenzo. La furia popolare si scatenò sui congiuranti e Lorenzo non fece nulla per sedarla. La furia di Lorenzo si manifestò anche in futuro con la Damnatio Memoriae dei membri della famiglia Pazzi, compresi gli stemmi sui palazzi della città.

Versioni diverse della Congiura
Come abbiamo visto questo episodio si è rivelato tanto tragico quanto funesto per la città, poiché segnò indubbiamente gli animi del popolo e la Storia della città. Per questo motivo e soprattutto per la straordinarietà dell’evento, ordito contro una famiglia benvoluta, molti letterati dell’epoca descrissero e si esposero circa l’argomento. Ricordata quindi negli annali e nei vari diari fiorentini, la Congiura viene esplicitata in maniera più o meno sintetica e in maniera più o meno sentita.
Con più sintesi e pragmaticità rispetto a quanto riportato dal Machiavelli, la descrizione di Luca Landucci:
“ E a dì 26 d’aprile 1478, circa ore 15, in Santa Maria del Fiore, quando fu celebrato la messa grande, e levato el Signore, fu morto Giuliano di Piero di Cosimo de’ Medici e Francesco Nori, intorno al coro di detta chiesa di verso la porta che va a’ Servi ; e Lorenzo de’ Medici fu ferito nel collo e fuggissi in sacrestia e non ebbe male. Furono morti da una certa congiura fatta da messer Iacopo de’ Pazzi e Francieschino de’ Pazzi e Guglielmo de’ Pazzi , el quale Guglielmo era cognato di Lorenzo de’Medici, cioè aveva per donna una loro sorella , eh’ aveva nome la Bianca.”
(Luca Landucci – Diario Fiorentino dal 1450 al 1516
Ancora più sintetico e schematico è il primo resoconto, seppur postumo, che ne fa Gino Capponi:
“26 aprile 1478. — Francesco dei Pazzi trafigge a morte Giuliano : Lorenzo da due altri congiurati ferito nel collo, si rifugia in sagrestia. — L’ arcivescovo Salviati con altri va in Palagio per occuparlo ; Iacopo de’ Pazzi con una frotta di armati viene in Piazza, ma niuno lo segue : molto popolo amico ai Medici accorre. Dentro al Palagio i congiurati sono presi; l’Arcivescovo con altri appiccato alle finestre, dalle quali è il rimanente gettato in Piazza. Lorenzo dalle finestre di casa sua si mostra al popolo. La plebe infuria. Francesco dei Pazzi colto nel letto suo è condotto in Palagio ed appiccato con gli I altri; quanti dei Pazzi trovarono, tutti uccisi. Il vecchio Iacopo de’ Pazzi, colto nella fuga, è portato ad appiccare anch’ egli in Palagio : la plebe fa del suo cadavere nefando ludibrio. — Condanne contro alla famiglia dei Pazzi.”
(Gino Capponi – Storia della Repubblica di Firenze)
Sempre Capponi, nel Libro V espliciterà ragioni e conseguenze della congiura e si rifarà principalmente al già ampiamente citato Machiavelli.

Questi sono solo alcuni esempi di resoconti dell’evento, ma parte importante per la ricostruzione dei fatti è anche la testimonianza che ne fa direttamente Angelo Poliziano, presente durante la congiura e testimone diretto.
Il testo del Poliziano, il Commentario della Congiura dei Pazzi, indica tra le varie cause della Congiura, l’invidia che covava la famiglia Pazzi nei confronti della famiglia Medici per il mantenimento del predominio economico e politico sulla città. Poliziano descrive minuziosamente le vite dei congiuranti e soprattutto dei due fautori principali, Francesco de’ Pazzi e Francesco Salviati, entrambi dediti ai vizi del gioco.
“Costui (Francesco Salviati ndr) unitamente a Francesco de’ Pazzi, che a cagione della naturale ambizione dell’animo suo si avea grandi speranze promesso, è fama, che già molto tempo innanzi avea cospirato in Roma di finir Lorenzo e Giuliano, e d’impadronirsi della repubblica.”
(Angelo Poliziano – Pactianae Coniurationis Commentarium)
Poliziano continua a descrivere e inquadrare in un quadro fisico-psicologico il protagonista in questione, fino a delineare i termini della congiura in maniera minuziosa.
“Ed ecco innanzi tempo una mano di congiurati van dimandando: Dov’è Lorenzo? dove Giuliano? Rispondesi essere ambedue nel tempio di Santa Riparata: colà essi vanno.”
(Angelo Poliziano – Pactianae Coniurationis Commentarium)
Naturalmente, essendo egli tra coloro che assistono Lorenzo de Medici in questa sventura, racconta vividamente, molto più degli altri autori sopracitati, l’attacco sferrato a Lorenzo:
“In queslo mezzo gli scelti sicarii assaltano ancora Lorenzo; e per il primo Antonio da Volterra avventa la mano sinistra alla spalla di lui, e gl’indirizza il colpo nella gola. Quegli intrepidamente si toglie il mantello, e l’avvolge alla mano diritta, trae tosto il pugnale dal fodero da un sol colpo è ferito; e il riceve nel collo, nel mentre che ei si svincola. Incontanente egli da prode e coraggioso uomo impugnato lo stilo si volge a’ sicarii, ed ingegnosamente da loro si guarda, e si difende. Quelli sbigottiti si mettono in fuga. Nè fuvvi altrimenti alcuno aiuto per parte di Andrea, e Lorenzo Cavalcanti, tardi nel difender lui (de’ quali per staffieri egli usava); il primo di essi è nel braccio ferito, e l’altro scampa sano e salvo la vita.”
(Angelo Poliziano – Pactianae Coniurationis Commentarium)
Un grande contributo che il Poliziano ci dona è la grande descrizione del popolo sbigottito che assiste:
“Gli era un vedere il popolo che tumultuava, uomini, donne, sacerdoti, fanciulli, andar qua e là fuggendo, dove menavali la fuga. Tutto era di fremito e di dolore ripieno: nessuna voce udivasi nientemeno espressa: vi ebbero persino di quelli, che credettero rovinare il tempio. […] Allora io, con taluni altri, la porta, che era di bronzo, chiudemmo; in questa forma dal pericolo cessammo, che dal Bandini ne sovrastava. In quello stante che noi guardiamo la porta, gli altri sbigottirsi al di dentro, ed essere per la ferita di Lorenzo accuorati.”
(Angelo Poliziano – Pactianae Coniurationis Commentarium)
Un racconto vivido e sentito, la pima persona usata per descrivere i fatti conferisce un qualcosa di intimo e struggente all’accaduto, ad impreziosire il resoconto ci sono i vari slogan che il popolo urlava e scagliava contro i congiuranti. La descrizione che il Poliziano traccia di quei giorni concitati è molto accorata e traspare la sua dedizione nei confronti della famiglia Medici. A chiusura delle poche pagine di resoconto infatti abbiamo un tenero ricordo di Giuliano, una descrizione fisica e psicologica del giovane rampollo, un cammeo delicato e sentito che racchiude tutte le qualità del giovane, delineandone un dolce e delicato ricordo:
“L’animo avea grande; e costanza grandissima; religioso e ben costumato; della pittura massimamente, e della musica, e di ogni maniera di gentili arti si dilettava; alla poesia era mezzanamente disposto. […] Queste e tante altre cose il rendevano, mentre visse, al popolo ed a’ suoi carissimo; queste cose medesime lasciano in tutti noi una acerbissima e luttuosa memoria del giovane illustre.”
(Angelo Poliziano – Pactianae Coniurationis Commentarium)
Commento alla Congiura
L’episodio è tanto tragico quanto eccezionale: nel corso dei secoli da pittori a drammaturghi ne hanno colto le più infinite sfaccettature ma una menzione d’onore va fatta alla tragedia di Vittorio Alfieri (1749-1803) scritta tra il 1777 e il 1783, dal titolo appunto La congiura de’ Pazzi. Suddivisa in 5 atti, mette in scena una quasi fedele trasposizione delle Istorie Fiorentine machiavelliane ed ha come argomento predominante la trama politica.
Come abbiamo già scritto all’inizio, la Congiura dei Pazzi non rientra propriamente tra le rivolte/sommosse ma può essere interpretato come l’incipit di una mancata rivoluzione contro il regime Mediceo. In questo breve avvenimento possiamo cogliere delle peculiarità che bene o male ci portiamo nel tempo e ci porta a capire l’inesorabilità dei rapporti tra coloro che si contendono il potere. Come abbiamo detto nell’editoriale dedicato alla rubrica dedicata alle rivolte medievali, queste erano per lo più sostenute e promosse dal popolo che si sentiva oppresso da un ordine superiore: possiamo ben dire che ogni occasione risultava buona per rivoltarsi contro il governo. Poteva essere questo il caso della Congiura dei Pazzi, ma per fortuna o per sfortuna è stata una mancata rivoluzione.