30 maggio 1431 – Piazza del mercato vecchio di Rouen
C: “…. dichiariamo te, Giovanna chiamata la Pulzella, scismatica, idolatra, invocatrice di diavoli eccetera…eccetera…Noi ti dichiariamo nuovamente colpita dalla scomunica nella quale eri incorsa, relapsa nei tuoi errori ed eretica, con questa sentenza, noi membri di questo tribunale, dichiariamo che devi essere rigettata dalla Chiesa come un membro marcio, così da non infettare i membri sani, che devi essere recisa dal Suo Corpo Spirituale e abbandonata al braccio secolare. Supplichiamo il braccio secolare di moderare il suo giudizio nei tuoi confronti, sia per quello che riguarda la morte che la mutilazione delle membra. Se dovessero apparire in te sinceri segni di contrizione, ti sia amministrato il sacramento della penitenza”
Il 30 maggio del 1431 nella piazza di Rouen ci fu un’esecuzione. Al rogo fu mandata una ragazza di 19 anni, il cui nome era Giovanna e la cui accusa era eresia.
L’esecuzione si svolse alla fine di un lungo e complesso processo avviato il 21 febbraio dello stesso anno. Il collegio giudicante, composto da 131 esperti di alto rango, interrogò in maniera incalzante una fanciulla che era diventata famosa per avere condotto alla vittoria il delfino di Francia, obbedendo a quanto comunicatogli dalla “Voce” divina che sentiva da quando era bambina.
Una circostanza che conosciamo molto bene perché la storia di Giovanna entrò fin da subito nel mito, al quale noi oggi possiamo facilmente avvicinarci attraverso libri, trattati scientifici, film e opere teatrali, che hanno scrupolosamente analizzato e riprodotto la vicenda.

Gli atti del processo di condanna e quelli del processo di riabilitazione voluto dal re di Francia vent’anni dopo l’accaduto, costituiscono una testimonianza diretta fondamentale. E’ assolutamente straordinario poter “ascoltare” le parole di Giovanna, una ragazzina processata per stregoneria ed eresia che si difende da sola con grande coraggio e determinazione.
Ripercorriamo in questo contributo alcune tappe fondamentali della sua storia, raccontandola attraverso le sue stesse parole.

La Guerra dei cent’anni
Siamo agli inizi del 1400, nelle fasi conclusive di quella che è conosciuta come la “Guerra dei Cent’anni”. Gli inglesi hanno occupato quasi tutta la Francia e hanno conquistato Parigi, mentre il Delfino è confinato a sud della Loria e resiste. In questi decenni si susseguiranno una serie di eventi che saranno strettamente connessi con il grande mistero che ruota intorno alla figura di Giovanna d’Arco.
L’albero delle fate
C: “Nome e soprannome?
G: “A casa mia mi chiamavano Jeannette. Da quando sono venuta in Francia, tutti mi chiamano Jeanne. Non conosco il mio soprannome.”
…
C: “Quanti anni hai?”
G: “Diciannove, più o meno”.
Non abbiamo informazioni certe circa l’anno e il giorno di nascita di Giovanna; si ipotizza che sia nata intorno al 1412 nel giorno dell’epifania a Domrèmy in Lorena.
I genitori Jacques d’Arce e Isabelle Romèe, contadini benestanti, avevano avuto cinque figli: tre maschi (Jacques, Pierre e Jean) e due femmine (Catherine e Jeanne). Il padre fu decano di Domrèmy nel 1423.
B: “Quando stavi a casa, hai avuto modo di imparare un mestiere o un’arte?
G: “Si. So filare e cucire. Per filare e cucire non temo certo nessuna donna di Rouen…quando stavo da mio padre, mi occupavo della casa; non andavo nei campi con le pecore o le altre bestie.”
Dalle carte del processo di riabilitazione sappiamo che la piccola Jeannette era una ragazzina che non stava molto con i suoi coetanei e che vi era in lei un fortissimo senso religioso. Qualche aneddoto della sua infanzia lo racconta lei stessa, come la tradizione legata all’ “Albero delle fate”, così chiamato perché si diceva che fosse circondato dalle leggendarie creature:
G: “…i vecchi raccontavano – non quelli di quando ero ragazza – che le fate venivano a chiacchierare vicino all’albero…”
Qui le fanciulle si recavano soprattutto durante le feste primaverili e intorno ad esso cantavano e danzavano, adornandolo con ghirlande di fiori:
G: “Non so se, fin dall’età della ragione, io abbia ballato intorno all’albero; è ben possibile che ci abbia ballato con le atre bambine; forse ho più giocato che ballato”

Una voce da destra
La “Voce” si manifesta per la prima volta a Giovanna quand’ella aveva solo tredici anni e al processo racconta:
G: “Andate avanti! All’epoca dei miei tredici anni sentii una Voce mandatami da Dio per guidare le mie azioni. La prima volta ho avuto molta paura. La voce si fece sentire a mezzogiorno, eravamo d’estate. Nel giardino di mio padre…
Ho sentito una Voce, che veniva da destra, dal lato della chiesa. Quasi sempre c’è un bagliore. La luce viene sempre dallo stesso lato della Voce e di solito è molto forte. Dopo quand’ero in Francia, sentivo spesso la voce. La prima volta c’era anche la luce”.
Giovanna racconta al processo che la “Voce” che si manifesta con l’immagine dell’arcangelo Michele (protettore della Francia) e delle Sante Margherita d’Antiochia e Caterina d’Alessandria (all’epoca molto venerate), le dice che deve andare in Francia e aiutare il delfino Carlo a riappropriarsi della sua legittima terra. Nello specifico le dice deve essere liberata la città di Orleans dall’assedio inglese, in quanto la sua caduta avrebbe significato la definitiva sconfitta francese.
Il villaggio di Domrèmy si trova in Lorena, all’epoca un ducato indipendente di frontiera e, mentre la maggior parte dei villaggi erano alleati degli inglesi, Domrèmy stava dalla parte del delfino di Francia:
B: “La gente di Domrèmy parteggiava per i borgognoni o per gli altri?
G: “Io ho conosciuto un solo borgognone e avrei proprio voluto che gli mozzassero la testa. A Dio piacendo naturalmente!
A questo punto Giovanna deve trovare il modo di essere condotta al cospetto del delfino. Per raggiungere il suo intento riesce a recarsi più di una volta dal capo di una guarnigione reale, Robert di Baudricourt, che però non le crede e ogni volta la rimanda a casa, dove la famiglia temeva che prima o poi sarebbe scappata definitivamente, disonorandoli. Dalla stessa Giovanna, che riporta le parole di sua madre e di suo padre, conosciamo quanto grande era la preoccupazione della famiglia:
G: “mio padre aveva sognato che io, sua figlia, me ne sarei andata con dei soldati; per questo avevano molta cura di me e mi sorvegliavano con grande preoccupazione… ho sentito dire da mia madre che mio padre ripeteva ai miei fratelli ‘ se mai quella cosa che ho sognato dovesse avverarsi, io preferirei che voi l’annegaste; e se non lo farete voi, l’annegherò io con le mie stesse mani”
Ma la determinazione di Giovanna non si ferma e ad un certo punto qualcosa cambia. La famiglia la lascia andare e Robert di Baudricourt acconsente ad accompagnarla dal delfino. Giovanna viene addirittura preparata come una guerriera per questo incontro, le vengono forniti una spada ed un cavallo e, cosa più sconvolgente per l’epoca, le vengono tagliati i capelli e forniti abiti maschili.
G: “…ero vestita da uomo. Baudricourt mi aveva dato una spada, non avevo altr’arma; uno scudiero e quattro uomini d’arme mi accompagnavano”
L’assedio di Orleans e l’incoronazione di Carlo VII
Il delfino rimane colpito da questa ragazza e soprattutto dal fatto che molti erano propensi a crederle. Consulta il consiglio e la sottopone ad indagini e visite, anche fisiche, per riuscire a capire quanto di quello che lei dichiarava fosse vero. Il consiglio, costituito da scienziati ed esperti, non si esprime totalmente a favore ma il Delfino decide di crederle e le affida il comando dell’esercito mandandola ad Orleans.
Giovanna ha ottenuto quello per cui la “Voce” l’aveva mandata in Francia e all’alba dello scontro, pubblica una lettera aperta agli inglesi:
G. “Voi, re d’Inghilterra…ubbidite al re del Cielo; restituite alla Pulzella mandata da Dio, Re del Cielo, le chiavi di tutte le pacifiche città che avete prese e profanate in Francia… quelli di voi, arcieri, uomini d’arme, gentiluomini o altro, che si trovano davanti alla città di Orleans, se ne tornino nel loro paese. Se non lo farete, avrete notizie della Pulzella che verrà presto a trovarvi e farvene pentire”
A seguito della risposta degli inglesi, piena anche di derisione per una situazione tanto assurda, si arriva al conflitto. L’esercito di Giovanna trionfa ed Orleans viene liberata dall’assedio.Gli inglesi verranno sconfitti una seconda volta il 18 giugno del 1429 a Patay, dove l’esercito di Giovanna sorprende vincente gli aiuti che gli inglesi avevano mandato a seguito della sconfitta.
In seguito, il 16 luglio nella cattedrale di Reims, il delfino viene nominato re Carlo VII, con Giovanna al suo fianco.

La cattura
A seguito del trionfo, l’esercito di Giovanna muove verso Parigi ma sarà sconfitto e non riuscirà nell’ intento di riconquistare la città. Carlo VII, non volendo più rischiare, decide di non volere proseguire e di non appoggiare più le “Voci” di Giovanna.
Ma la ragazza non vuole fermarsi e continua a combattere fino a quando in uno di questi scontri non viene catturata dai Borgognoni, che la consegnano a loro volta agli inglesi. Giovanna viene portata prigioniera in Normandia a Rouen, dove sarà processata per stregoneria ed eresia.
Ordinanza di solenne apertura
“A tutti quelli che leggeranno…Piacque alla Divina Provvidenza che una donna, Giovanna, chiamata la Pulzella, fosse catturata da valorosi uomini d’arme sul territorio della nostra diocesi e giurisdizione. In molti luoghi si era diffusa la voce che quella donna, dimentica della dignità conveniente al suo sesso, di ogni vergogna come di ogni femminile pudore, indossava, per una singolare e mostruosa depravazione, abiti insoliti, adatti solo agli uomini”

Il processo contro Giovanna viene affidato al vescovo di Beauvais, Cauchon, e il collegio giudicante conta 131 persone tra specialisti e dotti di alto rango.
Si susseguono lunghi ed estenuanti interrogatori a cura di giudici diversi in cui è evidente che si cerca con ogni mezzo possibile di far confessare Giovanna, andando a rimarcare in maniera pressante quei punti sui quali potevano appoggiarsi per sostenere una condanna per eresia: vestirsi con abiti maschili, prendere parte ad una guerra e quindi uccidere e il dichiarare che Dio le aveva ordinato di comportarsi cosi.
B: “A che cosa eri più affezionata? Al tuo stendardo o alla tua spada?”
G: “Al mio stendardo! Ci tenevo molto, quaranta volte più che alla mia spada”
Ma saranno i suoi abiti maschili ad avere un ruolo determinante nel processo: i giudici possono inserirlo tra i capi d’accusa perché è scritto nella Bibbia che è severamente vietato vestirsi da uomo, Giovanna però non cede:
Gd: “Non vuoi vestirti da donna per poterti comunicare e adempiere al precetto pasquale?
G: “Non lascerò il mio abito per nessuna ragione. Né per comunicarmi, né per altro. Per ricevere il Signore che differenza fa che io sia vestita da donna o da uomo? Voi non dovete impedirmelo per via del mio abito”
L’esecuzione
Non è ben chiaro cosa sia accaduto i giorni che precedettero il 30 maggio 1431. Sembrerebbe che Giovanna alla fine abbia ceduto e firmato un foglio in cui si pentiva e sosteneva che non si sarebbe più vestita da uomo, scongiurando così la condanna a morte. Tuttavia, dopo due giorni fu trovata nuovamente con abiti maschili. Tante ipotesi sono state fatte su questa strana situazione: alcuni sostengono che fosse tutto strumentalizzato per portare alla definitiva esecuzione, altri che fosse accaduto qualcosa nella prigione in cui era rinchiusa ad opera dei soldati, la stessa Giovanna, quando le chiedono una motivazione, dichiara:
C: “perché l’hai fatto?
G: “mi sembra sia più conveniente, finché sto in mezzo a uomini. Ho ripreso quest’abito perché voi non avete mantenuto la vostra promessa di lasciarmi sentire messa, di fare la comunione e di togliermi questi ceppi. Preferisco morire piuttosto che continuare a vivere con questi ceppi. Se però voi mi lasciate andare a messa, mi togliete le catene e i ceppi, mi mettere in una prigione decente, mi concedete la compagnia di una donna, io farò tutto quello che la Chiesa vorrà”
Alla fine, qualsiasi cosa sia accaduta, voluta dalla stessa Giovanna o da altri per lei, Cauchon firma la condanna e dopo averle permesso di confessarsi e comunicarsi, la affidano al boia.

Il processo di riabilitazione e l’inizio del mito di Giovanna d’Arco
Nel 1456 per volontà del re di Francia fu organizzato un nuovo processo che voleva annullare la sentenza di quello precedente. Il processo di condanna era basato su tutta una serie di scorrettezze politiche che rendevano nulla la sentenza, come quella di avere accostato ai sacramenti una persona che non si era pentita, ma anzi era stata condannata a morte perché relapsa (ricaduta).
Ma forse più di ogni altra cosa, il re di Francia voleva dimostrare che era diventato re in maniera legittima e non si era lasciato convincere da una ragazza che era guidata dal demonio. Per ottenere questo furono chiamati numerosi testimoni: parenti e amici da Domrèmy, medici che l’avevano visitata durante la prigionia, persone che avevano preso parte con lei alla battaglia di Orleans; il nome di Giovanna doveva essere riaccreditato.
Molti sono i punti oscuri intorno a questa ragazza e alla sua vicenda: cosa sapeva davvero Giovanna? Come è riuscita ad un certo punto a farsi credere da tutti, Perché era così ostinata a vestirsi da uomo? Perché dopo avere confessato e firmato la sua libertà, indossa nuovamente vesti maschili? Qual è la verità dietro il processo di condanna? Forse non ci saranno mai delle risposte certe, ma quello che possiamo conservare è il coraggio e la determinazione di una fanciulla, di una Pulzella, che crede fortemente nella missione affidatagli da Dio e alla fine ottiene anche risultati decisivi, vittorie. Le sue parole urlano forza, tempra e coraggio.
Abbreviazioni:
G: Giovanna
Gd: giudice
C: Cauchon
B: Beaupère