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Stefano protomartire: primo Santo del calendario

Il 26 dicembre è la ricorrenza di Stefano, santo per tutte le chiese che ammettono il culto dei Santi e soprattutto il primo martire a morire durante una persecuzione ai danni dei cristiani. Il 3 agosto invece viene celebrata, come vedremo più avanti, il rinvenimento miracoloso delle sue spoglie.

Stefano, primo Santo e Martire

Occorre tuttavia premettere, in favore di chi legge, che le notizie riguardo la vita e il pensiero di Stefano provengono esclusivamente dagli Atti degli Apostoli. Proprio gli Atti ci introducono a questo personaggio, il quale emerge nella vicenda della comunità protocristiana di Gerusalemme come membro degli Ellenisti, come venivano chiamati gli ebrei della Diaspora che parlavano poco o quasi l’aramaico pur essendo di origine giudaica[1]. Dai passi degli Atti traspare infatti una contrapposizione tra questo gruppo e quello dei credenti gerosolimitani, che sfocerà nell’aspro dibattito del concilio di Gerusalemme avvenuto convenzionalmente intorno alla metà del I secolo dell’era volgare. Sempre stando al racconto degli Atti, gli ellenisti avrebbero presentato delle rimostranze ai dodici apostoli riguardo una disparità di trattamento delle loro vedove rispetto a quelle dei credenti ebrei.

L’attività rientrava in quella ripartizione dei “beni in comune” tipica del cristianesimo delle origini, in cui il gruppo degli ellenisti sembrava in qualche modo essere messo in secondo piano[2]. In tutta risposta, la decisione dei Dodici fu quella di selezionare proprio tra i credenti ellenisti sette “diaconi” che li aiutassero nello svolgere la mansione nella maniera più equa possibile[3]. L’autore degli Atti sembra voler attenuare in qualche modo quello che sembra un tema divisivo all’interno della prima comunità cristiana come quello dell’osservanza mosaica come requisito per i credenti in Cristo. Se d’altro canto sembra che specialmente negli albori del cristianesimo essa fosse un requisito scontato per i credenti di lingua ebraica, erano invece oggetto di discussione quali precetti giudaici fossero da richiedere ai gentili che avessero voluto entrare nella comunità cristiana[4].

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Rappresentazione di Santo Stefano

Questo tema sarebbe poi esploso in tutta la sua gravità più avanti, sebbene tuttavia la vicenda di Stefano sembri essere in qualche modo un’avvisaglia dell’esistenza di due “anime” all’interno del protocristianesimo. Ben poco sappiamo dunque degli ellenisti, se non che, a differenza dei credenti in Cristo di matrice giudaica, avessero un seguito legato alla “qualità carismatica dei loro personaggi di riferimento”[5] e che si dedicassero più alla predicazione attraverso l’opera dello Spirito Santo. Il fatto che, alla morte di Stefano, gli ellenisti fuggirono da Gerusalemme per poi ritrovare alcuni tra i sette diaconi a predicare al di fuori dell’ambiente giudaico, potrebbe in qualche modo dimostrare come le due “anime” del cristianesimo nascente fossero più in contrasto di quanto voglia far credere il testo degli Atti.

Il discorso di Stefano e la sua morte

I sette diaconi e Stefano in particolare proseguirono dunque la loro predicazione quando vennero denunciati al Sinedrio per le loro posizioni nei confronti dell’osservanza mosaica[6]. Tra le sinagoghe che ritennero grave la predicazione del “gruppo di Stefano” ci furono quelle di matrice greca dell’Asia Minore, di Cirene e Alessandria d’Egitto. A queste comunità si aggiungeva quella dei libertini, formata da discendenti degli schiavi ebrei catturati da Pompeo nel 63 a.C. durante le sue campagne militari in oriente e successivamente liberati per tornare a formare una comunità autonoma in Gerusalemme[7]. Essi produssero dunque dei falsi testimoni per accusare Stefano di fronte al Sinedrio per bestemmiare e parlare contro il Tempio e la Legge[8].

Icona di Santo Stefano

Sebbene la narrazione del processo a Stefano sembri risentire dell’influenza del racconto della passione di Cristo, a cui in più momenti sembra una riconfigurazione dell’evento da parte dell’autore di Atti[9]. Al netto di questo elemento, quello che sembra evidente, procedendo per estrema sintesi, è che Stefano si sia espresso in maniera evidente in merito al suo credo in Gesù arrivando sino a vederlo nei cieli alla destra del Padre[10]. Questo gli procurò la condanna da parte del Sinedrio che trascinandolo fuori da Gerusalemme per lapidarlo: alla lapidazione di Stefano, come riportano gli Atti, assistette anche Paolo/Saulo, fiero avversario allora dei seguaci di Gesù[11]. Il fatto stesso che egli venne lapidato e non crocifisso secondo l’usanza romana, permette di datare la morte di Stefano attorno al 34/36 d.C., durante il periodo post deposizione di Ponzio Pilato e di conseguente vacanza del ruolo di governatore romano in Giudea.

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La lapidazione di Stefano

Stefano, discepolo e martire secondo il testo greco

Atti, 6, 8-15

Στέφανος δὲ πλήρης χάριτος καὶ δυνάμεως ἐποίει τέρατα καὶ σημεῖα μεγάλα ἐν τῶ λαῷ. Ἀνέστησαν δέ τινες τῶν ἐκ τῆς συναγωγῆς τῆς λεγομένης Λιβερτίνων καὶ Κυρηναίων καὶ Ἀλεξανδρέων καὶ τῶν ἀπὸ Κιλικίας καὶ Ἀσίας συζητοῦντες τῷ Στεφάνῳ, καὶ οὐκ ἴσχυον ἀντιστῆναι τῇ σοφίᾳ καὶ τῷ πνεύματι ᾧ ἐλάλει. Τότε ὑπέβαλον ἄνδρας λέγοντας ὅτι Ἀκηκόαμεν αὐτοῦ λαλοῦντος ῥήματα βλάσφημα εἰς Μωϋσῆν καὶ τὸν θεόν· συνεκίνησάν τε τὸν λαὸν καὶ τοὺς πρεσβυτέρους καὶ τοὺς γραμματεῖς, καὶ ἐπιστάντες συνήρπασαν αὐτὸν καὶ ἤγαγον εἰς τὸ συνέδριον, ἔστησάν τε μάρτυρας ψευδεῖς λέγοντας· Ὁ ἄνθρωπος οὗτος οὐ παύεται λαλῶν ῥήματα κατὰ τοῦ τόπου τοῦ ἁγίου καὶ τοῦ νόμου, ἀκηκόαμεν γὰρ αὐτοῦ λέγοντος ὅτι Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος οὗτος καταλύσει τὸν τόπον τοῦτον καὶ ἀλλάξει τὰ ἔθη ἃ παρέδωκεν ἡμῖν Μωϋσῆς. καὶ ἀτενίσαντες εἰς αὐτὸν πάντες οἱ καθεζόμενοι ἐν τῷ συνεδρίῳ εἶδον τὸ πρόσωπον αὐτοῦ ὡσεὶ πρόσωπον ἀγγέλου.

Frattanto Stefano, colmo di grazia e di fortezza, compiva prodigi e grandi segni tra il popolo. Allora sorsero alcuni della sinagoga detta dei Libertini, comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri dalla Cilicia e dall’Asia, per discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e all’ispirazione divina con la quale parlava. Perciò, istigarono degli uomini che andavano dicendo: “Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio”. E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, e lo assalirono per prenderlo e lo portarono davanti al Sinedrio. Fecero parlare dei falsi testimoni che dicevano: “ Quest’uomo non cessa di proferire parole contro questo luogo santo e contro la legge, lo abbiamo difatti udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luogo e muterà i costumi che Mosè ci ha trasmesso”. E coloro che stavano seduti nel Sinedrio, fissando attentamente lo sguardo su di lui, vedevano il suo volto come quello di un angelo.

Atti, 7, 52-60

[…] τίνα τῶν προφητῶν οὐκ ἐδίωξαν οἱ πατέρες ὑμῶν; καὶ ἀπέκτειναν τοὺς προκαταγγείλαντας περὶ τῆς ἐλεύσεως τοῦ δικαίου οὗ νῦν ὑμεῖς προδόται καὶ φονεῖς ἐγένεσθε, οἵτινες ἐλάβετε τὸν νόμον εἰς διαταγὰς ἀγγέλων, καὶ οὐκ ἐφυλάξατε. Ἀκούοντες δὲ ταῦτα διεπρίοντο ταῖς καρδίαις αὐτῶν καὶ ἔβρυχον τοὺς ὀδόντας ἐπ’ αὐτόν. ὑπάρχων δὲ πλήρης πνεύματος ἁγίου ἀτενίσας εἰς τὸν οὐρανὸν εἶδεν δόξαν θεοῦ καὶ Ἰησοῦν ἑστῶτα ἐκ δεξιῶν τοῦ θεοῦ, καὶ εἶπεν· Ἰδοὺ θεωρῶ τοὺς οὐρανοὺς διηνοιγμένους καὶ τὸν υἱὸν τοῦ ἀνθρώπου ἐκ δεξιῶν ἑστῶτα τοῦ θεοῦ. κράξαντες δὲ φωνῇ μεγάλῃ συνέσχον τὰ ὦτα αὐτῶν, καὶ ὥρμησαν ὁμοθυμαδὸν ἐπ’ αὐτόν, καὶ ἐκβαλόντες ἔξω τῆς πόλεως ἐλιθοβόλουν. καὶ οἱ μάρτυρες ἀπέθεντο τὰ ἱμάτια αὐτῶν παρὰ τοὺς πόδας νεανίου καλουμένου Σαύλου. καὶ ἐλιθοβόλουν τὸν Στέφανον ἐπικαλούμενον καὶ λέγοντα· Κύριε Ἰησοῦ, δέξαι τὸ πνεῦμά μου· θεὶς δὲ τὰ γόνατα ἔκραξεν φωνῇ μεγάλῃ· Κύριε, μὴ στήσῃς αὐτοῖς ταύτην τὴν ἁμαρτίαν· καὶ τοῦτο εἰπὼν ἐκοιμήθη.

“Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Hanno ucciso coloro che preannunciavano la venuta del Giusto del quale ora voi siete divenuti traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la legge per disposizione degli angeli, e non l’avete osservata”. Ascoltando queste cose essi erano torturati in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. Ma egli (scil. Stefano), colmo di Spirito Santo, fissando lo sguardo al cielo vide la gloria di Dio e Gesù che sedeva alla sua destra, e disse: “Ecco, contemplo cieli aperti e il Figlio dell’Uomo che siede alla destra di Dio”. Scoppiarono allora in grida fortissime e si tappavano gli orecchi, e si scagliarono all’unisono su di lui, lo portarono fuori dalla città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deponevano i loro mantelli ai piedi di un giovine di nome Saulo. E lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”. Inginocchiatosi, urlava a gran voce: “Signore, non imputare loro questo peccato!”. Detto questo, morì.

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La lapidazione di Santo Stefano in una miniatura dal Libro d’Ore del Maestro di Coëtivy

Note di critica testuale

Il titolo italiano Atti degli Apostoli ricalca la terminologia greca di Πράξεις τῶν ἀποστόλων, ove il vocabolo πράξεις designava il racconto particolareggiato delle imprese e delle gesta che gli storici redigevano in riferimento a grandi imprese proprie dei brillanti condottieri. Il testo degli Atti ci è tramandato da una gran copia di papiri e manoscritti, in particolare tale porzione testuale è inclusa anche nei più antichi papiri di nostra conoscenza recanti il testo neotestamentario, ovverosia 𝔓29 (conosciuto anche come Gregory-Aland P29, prodotto e rinvenuto a Banhasa, in Egitto, risalente al III secolo della nostra era) e 𝔓45 (noto anche come Gregory-Aland P45 o Chester Beatty I, uno dei più antichi supporti recanti brani del Nuovo Testamento, risalente alla prima metà del III secolo della nostra era, tra il 200 e il 250). D’altro canto, è cognito il deciso squilibrio quantitativo all’interno del panorama degli scritti dell’antichità, che dal punto di vista della prosa depone decisamente a favore del testo greco dei libri facenti parte del Nuovo Testamento, in decisa opposizione alla situazione testuale di altre opere parimenti note.

La circolazione testuale non avviene solo in forma diretta, ovvero come pura copia, bensì è assolutamente ragguardevole l’insieme di porzioni di testo derivate dalla cosiddetta tradizione indiretta, mediante escerti citati dagli esegeti dei primi secoli della nostra era, indi attraverso le citazioni e le notizie dei sempre più preparati autori cristiani, dediti all’interpretazione e allo studio teologico dei testi alla base di quella che era la cultura che andava affermandosi. La critica neotestamentaria in questo locus testuale ravvisa qualche difficoltà nella ricostruzione del testo non tanto da un punto di vista contenutistico, quanto da un punto di vista formale, incontrando una considerevole quantità di variae lectiones talora molto vivide e con aggiunte particolareggiate, la cui intenzione era senza dubbio vivacizzare ed enfatizzare la narrazione particolarmente cruciale delle prime esperienze di missione apostolica con riferimenti esplicitamente gesuani.

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Digitalizzazione del 𝔓45, contenente porzione del finale del discorso di Stefano, Atti 7, 52

Il culto di Stefano e le reliquie

Come primo martire documentato, Stefano godette di ampia fama all’interno delle chiese cristiane. Il primo a documentare un culto riferito al primo diacono fu Agostino d’Ippona che in uno dei suoi Discorsi ricordò dell’esistenza di una venerazione per il martire nella città di Ancona e nella città nordafricana di Uzala, dove il santo operava miracoli in grande quantità[12]. Anche le spoglie del santo furono oggetto di fatti mirabolanti: nello stesso periodo in cui scriveva Agostino, un prete di nome Luciano ebbe in sogno indicazioni per ritrovare a Gerusalemme le sue spoglie; il sogno fu veritiero e, con l’aiuto di Giovanni, allora vescovo gerosolimitano, venne ritrovata la sacra salma incorrotta. Come se non bastasse il grande miracolo, una volta venuto alla luce il corpo, furono immediatamente e misteriosamente guarite circa settantatre persone e un profumo inebriò la zona del ritrovamento[13]. Successivamente però, le spoglie di Stefano si sparsero per l’Europa: il braccio destro del santo giunse a Costantinopoli nel 420 durante il regno dell’imperatore Teodosio II per volere della sorella Pulcheria[14].

Un’altra notizia in merito alle spoglie del Santo ci conduce a Minorca nel 417, quando arrivarono nell’isola le spoglie di Stefano, dove coesistevano pacificamente le comunità ebraica e quella cristiana. Tuttavia l’arrivo delle reliquie creò una profonda tensione tra la comunità ebraica e quella cristiana, con quest’ultima che voleva la piena conversione dell’altra. Nonostante una prima fase di scontri con la relativa distruzione della sinagoga da parte dei cristiani, successivamente proprio sotto l’egida di Stefano e delle sue spoglie venne siglata una pace di compromesso in cui gli ebrei, seppur formalmente convertiti al cristianesimo, poterono mantenere il loro status giuridico e sociale[15]. Tralasciando in questa sede le innumerevoli reliquie attribuite a Stefano che girovagarono per l’Europa nel Medioevo, il culto di Stefano in quanto protomartire rimase ben saldo e ancora oggi egli mantiene il patrocinio di svariate città italiane.

Il rinvenimento delle spoglie di Stefano

Note al testo

[1] Cfr. At. 6, 1-2;

[2] Cfr. E. Norelli, La nascita del Cristianesimo, pp. 51-52, Bologna 2018.

[3] Cfr. At. 6, 4-7.

[4] Cfr. C. Gianotto, Ebrei credenti in Gesù, pp. 62-63, Milano 2012.

[5] Cfr. E. Norelli, op. cit., p. 53.

[6] Cfr. At. 6, 8-10.

[7] Cfr. J. MacArthur, New Testament Commentary Series, Acts, pp. 236-237, Chicago 1994.

[8] Cfr. At. 6, 11-15.

[9] Cfr. R. Brown, Nuovo grande commentario Biblico, pp. 966-967, Brescia 1997.

[10] Cfr. At. 7, 54-58.

[11] Cfr. At. 8, 1.

[12] Cfr. Agostino d’Ippona, Discorsi, 322 in www.augustinus.it. Per altri miracoli del Santo nella città di Uzala si veda P. Brown, The cult of the Saints, It’s rise and function in Latin Christianity, pp.102-103, Chicago 1981.

[13] Cfr. C. Freeman, Sacre reliquie, pp. 60-61, Milano 2011.

[14] Ibid.

[15] Cfr. C. Ginzburg, Il filo e le tracce, vero, falso, finto, pp. 45-46, Milano 2010.

Bibliografia

🏺 Agostino d’Ippona, Discorsi, 322 in www.augustinus.it
🏺 Per il testo di Atti: Edizione di riferimento: Novum Testamentum Graece cum apparatu critico curavit Eberhard Nestle, Stuttgart, 1899 - Traduzione a cura della Dott.ssa Alessia Rovina
📖 R. Brown, Nuovo grande commentario Biblico, Brescia 1997
📖 C. Freeman, Sacre reliquie, Milano 2011
📖 C. Gianotto, Ebrei credenti in Gesù, Milano 2012
📖 C. Ginzburg, Il filo e le tracce, vero, falso, finto, Milano 2010
📖 J. MacArthur, New Testament Commentary Series, Acts, Chicago 1994
📖 Le origini del cristianesimo, a cura di R. Penna, Carocci, 2018
📝 Questo contributo è stato scritto a quattro mani con il Dott. Pietro Giannetti

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a cura di

Alessia Rovina

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