L’episodio rivoltoso di Costantinopoli, meglio conosciuto come Rivolta di Nika, scoppia nella prima metà di gennaio, precisamente l’11 gennaio del 532 d.C., durante i consueti giochi tenuti nell’ippodromo a celebrazione delle idi di gennaio.
La città divisa in fazioni
La genesi di questa rivolta è possibile ritrovarla in un malcontento diffuso della popolazione nei confronti dell’Imperatore. Per capire meglio gli eventi successivi è necessario capire bene la suddivisione del popolo in due fazioni diverse: Verdi e Azzurri. Queste due fazioni si rispecchiavano in ogni ambito cittadino, politica, religione e giochi. In generale la fazione degli Azzurri era formata dalla classe benestante e dirigente, mentre i Verdi erano per lo più esponenti delle classi meno abbienti, commercianti e artigiani. Questa divisione della società era talmente radicata che i capi delle fazioni venivano addirittura nominati dal governo imperiale ed erano molto attivi nelle attività cittadine. Con l’accentuazione di queste due fazioni anche gli Imperatori col tempo dovettero prendere delle posizioni, spesso queste fazioni arrivavano allo scontro anche violento. Episodi di violenze che si accentuarono con l’andamento degli Imperatori ed il loro schierarsi con l’una o con l’altra fazione.

Il culmine si ebbe soprattutto per ragioni religiose, nel 532 d.C. quando con la salita al trono di Giustiniano, la sua progressiva condanna dei monofisiti (la fazione dei Verdi) fece in modo che ci fosse una netta predominanza degli Azzurri sia sul livello religioso (erano cristiani) sia sul livello economico. Infatti come abbiamo specificato in precedenza, gli Azzurri erano principalmente benestanti contro una fazione di Verdi molto meno abbienti e quindi facilmente usurpabili economicamente.
L’evento rivoltoso nacque nell’ambito di una corsa all’ippodromo e il nome della rivolta nasce proprio dalla parola Nika, ovvero Vinci, usato dalle due fazioni per cercare di incoraggiare la propria squadra. L’insurrezione ebbe inizio la mattina dell’11 gennaio, durante la Cerimonia di apertura dei Giochi con l’apparizione dei sovrani.
Le fonti
Della Rivolta di Nika non si sa molto, quello che sappiamo e che possiamo ricostruire deriva direttamente dalla lettura e dallo studio delle opere di Procopio Da Cesarea, storico bizantino che ha raccontato nelle sue opere le imprese militari di Giustiniano. In particolare, la cronaca della rivolta di Nika la troviamo nell’opera Storia delle guerre.
“Questo fatto ebbe il suo principio da quella sedizione popolare, che si chiamò Nika, cioè Vinci. Piacque sì fortemente a Giustiniano favorire la fazione di quelli, che diconsi Veneti (fazione degli Azzurri ndr) che costoro potevano impunemente trucidare in pien meriggio, e in mezzo alla città, i loro avversarii.”
(Opere di Procopio di Cesarea – Collana degli Antichi Storici Greci volgarizzati – Milano, 1828)
Essendo le fonti a nostra disposizione molto scarne di informazioni, possiamo solo ipotizzare che la vera causa della rivolta potrebbe essere di natura sociale ed economica. Naturalmente il malcontento della popolazione una volta venuto fuori si diffuse e toccò tutti gli aspetti della vita cittadina. Non ci si fermò più all’aspetto religioso e quindi alla contrapposizione di Verdi ed Azzurri ma, volendo rovesciare l’Imperatore che appariva di parte le due fazioni alla fine si unirono contro il nemico comune.
Cronologia della rivolta
Dalla mattina dell’11 gennaio all’ippodromo la Rivolta di Nika si allargò a macchia d’olio e si estese nelle strade, piazze e investì gran parte del popolo. Come ogni rivolta di larga scala si ebbero anche grandi sconvolgimenti in città, furono bruciati l’edificio della prefettura, il vestibolo del palazzo imperiale e la basilica di Santa Sofia. Inoltre la città venne saccheggiata e scene di guerriglia si ripetettero per sei lunghi giorni. L’imperatore sentitosi minacciato si barricò nel suo palazzo per tre lunghi giorni minacciando di sanzioni i capi delle due fazioni e promettendo delle riduzioni sulla tassazione. Come si può ben pensare questa cosa non venne mai attesa e l’imperatore alla fine cedette ai rivoltosi.
I rivoltosi, capitolato l’imperatore, pretesero l’allontanamento di Giovanni di Cappadocia prefetto pretoriano d’Oriente, Triboniano, questore del Palazzo e del prefetto cittadino, accusati di comportamenti poco seri, costumi licenziosi e brogli fiscali nonché repressione violenta della rivolta. Queste richieste non furono evase subito e la rivolta si allargò ulteriormente diventando sempre più violenta ed invasiva. L’apice fu toccato la mattina del 18 Gennaio quando Giustiniano con in mano i Vangeli e nel disperato tentativo di sedare la rivolta tenne un discorso nell’Ippodromo. Ovviamente tutto ciò non risolse la situazione anzi la peggiorò perché finito il brevissimo discorso dell’Imperatore la folla lo accusò di spergiuro e si recò da Ipazio (nipote di Anastasio I) per proclamarlo imperatore e quindi destituire Giustiniano.
L’Imperatore dovette fare i conti con una folla che invase il palazzo reale rompendo i cancelli ferrei e iniziò a progettare la sua fuga. Si tenne per l’occasione un gran consiglio per poter trovare una soluzione, in seno a quel consiglio fu proprio l’imperatrice Teodora che affermò fortemente la sua posizione e si disse pronta a morire per essa. Durante questo consiglio l’Imperatore e l’Imperatrice abbandonarono ogni idea di fuga e per cercare di non inimicarsi ulteriormente il popolo, Giustiniano ordinò di distribuire il tesoro alla folla di rivoltosi nell’Ippodromo.

L’esito dello scontro
Nonostante la distribuzione del tesoro, Giustiniano ordinò comunque all’esercito di reprimere la rivolta. Alle truppe di Belisario e Narsete fu ordinato di entrare nell’Ippodromo e reprimere i rivoltosi, arrestare Ipazio, divenuto imperatore illegittimamente, e suo cugino Pompeo, successivamente condannati a morte dall’Imperatore. Alla fine il bilancio fu di 35 mila morti sotto i colpi di spada dell’esercito, solo nell’Ippodromo.
L’episodio si risolse dunque in un bagno di sangue e Belisario fu premiato da Giustiniano con la promozione e l’assegnazione della carica di magister militum.
Sedata la rivolta divenne poi necessario ricostruire la città dopo la rivolta soprattutto i luoghi del potere distrutti dalla folla in rivolta. Una particolare attenzione va fatta alla basilica di Santa Sofia ricostruita per volere dell’Imperatrice Teodora, costruita su gran parte del territorio dell’ippodromo simbolo della rivolta.