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Gli affreschi di Akrotiri

Promontorio: è questo il significato del nome Akrotiri, famosa per i suoi affreschi. Situata nella zona sud dell’isola di Santorini, l’antica città si trovava sulla costa del Mar Egeo. Prima dell’eruzione vulcanica del 1628 a.C. le pianure circostanti erano un terreno fertile per l’agricoltura, grazie al clima temperato e alle precipitazioni generose.

La scoperta archeologica

Scoperta per caso da alcuni minatori nel 1866, l’area archeologica di Akrotiri fu inizialmente sottovalutata, nonostante gli scavi portassero alla superficie numerosi reperti. Fu grazie all’intraprendenza dell’archeologo greco Spyridon Marinatos che, nel 1967, prese il via una serie di scavi sistematici. Lo studioso aveva teorizzato che la causa del declino della civiltà minoica fosse stata l’eruzione del vulcano Thera e con questa campagna di scavo sperava di trovare le conferme delle sue tesi.

Le prime tracce di civiltà risalgono al III millennio a.C. ma la maggior parte dei resti dell’area archeologica sono databili ad un tempo successivo, intorno al XX secolo a.C., quando la città era un punto di riferimento portuale per il mar Egeo, periodo della sua massima fioritura commerciale. Molti hanno arditamente paragonato Akrotiri a Pompei per il complesso tessuto urbano venuto alla luce, ricco di stradine strette e tortuose, non adatte al passaggio di veicoli.

L’insediamento urbano presentava edifici molto diversi tra loro ma ben organizzati: la città era dotata di infrastrutture funzionali fra cui una rete fognaria, che ricorda quella dei palazzi di Cnosso e Festo. Tramite una rete di condutture in argilla, inserite all’interno delle pareti, era realizzato il sistema di scarico che univa i servizi igienici delle abitazioni alla sottostante rete stradale.

A differenza di Pompei, non sono stati ritrovati ne’ gioielli ne’ corpi: questo sta a significare che l’evacuazione della città non avvenne in modo repentino e che l’eruzione del vulcano non sorprese i suoi 30.000 abitanti, forse messi in guardia da un precedente sciame sismico. All’interno degli edifici furono però rinvenuti molti oggetti di uso quotidiano, quali arredi, vasi e pitture parietali di grandissimo pregio.

Gli edifici e gli affreschi

In totale sono stati trovati 40 edifici, molto simili tra loro: ai piani superiori si trovavano le stanze adibite ad abitazione, mentre al piano terreno si trovano magazzini, officine e negozi.

L’edificio individuato col nome di Xeste 4, era sicuramente adibito a funzione pubblica e resta ad oggi il più grande venuto alla luce: strutturato su tre piani, si snoda in una decina di stanze. La parete della scalinata d’ingresso ha restituito un affresco riportante una serie di figure maschili in processione.

L’edificio Alfa si sviluppava su due piani: vi sono stati rinvenuti numerosi esemplari di vasi in ceramica, oltre ad un mulino e ad un servizio igienico.

L’edificio Beta a causa dei gravi danni riportati è stato esplorato solo parzialmente. Al piano terra ha restituito giare per l’immagazzinamento di derrate alimentari e pentole da cucina. In una delle stanze al primo piano, indicata con la sigla Beta 6, sono stati rinvenuti frammenti di un affresco che raffigura otto esemplari di scimmia di colore blu che scalano un rilievo roccioso vulcanico. Sul fondo l’affresco termina con una serie di fasce ondulate mentre ai lati troviamo un fregio a spirali. In un’altra stanza, la Beta 1, al piano più alto, è stato rinvenuto l’affresco dei giovani pugili. Nella stessa stanza è stato trovata una pittura parietale raffigurante sei antilopi. Tutto il perimetro di queste pitture era rifinito con un fregio di edera blu e rossa.

La stanza 16 dell’edificio Delta è stata riconosciuta come un negozio di ceramica, per la densità di ritrovamenti di vasi di pietra e altre derrate correlate. La stanza Delta 2 presentava l’affresco della primavera: un paesaggio di montagna rigoglioso di fiori e uccelli che nidificavano.

Il fregio della flotta si sviluppa in senso orario lungo tutte le pareti del vano 5 della Casa Occidentale. E’ la narrazione di un lungo viaggio per mare, caratterizzato da tappe intermedie, che parte e arriva all’isola di Thera. Si può affermare che la pittura sia una sorta di mappa riassumente tutte le conoscenze geografiche possedute a quel tempo. Colpiscono i dettagli delle figure: sugli scafi delle navi si riconoscono decorazioni zoomorfe e fitomorfe; in mare i delfini in movimento accompagnano la navigazione dei natanti; le figure dei marinai sono appena accennate da contorni neri ma si intuisce che siamo vestiti di tuniche bianche; infine, la città è circondata da una ricca vegetazione e presenta un abitato fitto di palazzi a più piani.

Tra le altre pitture parietali del sito sono degni di nota:

  • gli affreschi dei pescatori;
  • l’affresco delle raccoglitrici di zafferano;
  • l’affresco della giovane sacerdotessa;
  • l’affresco dei papiri.

Bibliografia

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a cura di

Martina Tapinassi

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