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Etera: un altro tipo di donna greca

L’Etera è una figura da sempre protagonista di polemiche: guardata con disprezzo e supponenza, occupava un posto di rilievo nella vita sociale delle classi agiate.

Per allietare gli ospiti venivano invitate le Etère (ἑταῖραι, ovvero compagne), particolari donne di compagnia per alcuni aspetti assimilabili alle cortigiane, ma che in realtà si trattavano di sofisticate figure rinomate, oltre che per le prestazioni erotiche, per le spiccate capacità artistiche e musicali, così come per i loro talenti sia fisici sia intellettuali.

Il ruolo dell’Etera

Il Simposio rappresentava un momento molto importante nella vita sociale delle classi greche più elevate. Oltre che al mangiare e al bere, i simposianti si dedicavano alla conversazione intellettuale, per esempio trattando argomenti come politica, guerra, letteratura, arte, e intrattenendosi con giochi, danze, musiche, poesie e canti conviviali, gli skòlia, spesso accompagnati dal suono della cetra.

L’Etera suona il flauto, danza, esegue quadri plastici, giochi di equilibrio e di prestigio; l’esercizio della prostituzione è sottinteso in esibizioni che di per sé sono innocenti. A differenza della maggior parte delle donne greche, le etère avevano ricevuto un’educazione, ed erano autorizzate a fare da modelle a pittori e scultori (diventandone spesso le amanti), ad uscire in pubblico anche frequentando con disinvoltura il mondo maschile, oltre che a gestire in modo autonomo il proprio patrimonio.

Ma avevano dovuto farsi strada da sole, magari partendo da una condizione di asservimento e di violenza. Per i Greci, infatti, l’etera era di regola destinata sin dall’infanzia a diventare uno strumento di piacere. A ciò contribuiva la pratica molto diffusa della schiavitù: nei mercati di schiavi le bambine venivano di solito comprate da speculatori che le allevavano per farne delle cortigiane.

L’Etera nelle fonti: Laide

È raro che l’etera fosse cittadina: solitamente esse erano o forestiere o libertine, ovvero di proprietà del mezzano che le sfruttava, o dello stesso amante. Plutarco, nel suo opuscolo Sull’amore, ci narra della vita dell’etera Laide, la donna tanto cantata dai poeti e adorata dagli amanti. Plutarco ci dice che ella:

“[…] fece bruciare di desiderio tutta la Grecia, anzi fu contesa da un mare all’altro; ma quando fu toccata dall’amore di Ippoloco il tessalo, allora lasciò l’acropoli di Corinto, bagnata da glauco mare, abbandonò di nascosto la folla degli altri amanti e il folto stuolo delle cortigiane, e si ritirò con discrezione. Ma quando arrivò in Tessaglia le donne di quel paese, invidiose e gelose della sua bellezza, la condussero in un tempio di Afrodite e la lapidarono a morte; per questo ancor oggi il tempio è intitolato ad Afrodite omicida.”

Le fonti greche ci parlano spesso di Laide, ma sotto questo nome si celano, a quanto pare, più figure di etère, probabilmente tre, vissute tra i secoli V e IV a.C. Possiamo dunque ipotizzare che questo nome divenne tipico della condizione sociale dell’etera e tra l’altro si configura come una specie di nome d’arte, che poteva essere adottato da una prostituta quando si elevava di grado sociale ed economico. Ammiratori e detrattori: nelle fonti troviamo traccia di posizioni contrastanti. Queste le parole del filosofo Aristippo:

“La posseggo, non ne sono posseduto […]ottima cosa è vincere e non essere schiavi dei piaceri, più che il non goderne affatto.”
(Aristippo – Il filosofo del piacere)

Bibliografia

🏺 Plutarco - Sull'amore
📖 La Musica nel Medioevo - Gustave Reese
💻 Enciclopedia Treccani

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a cura di

Niccolò Renzi

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