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I Vespri Siciliani: palermitani contro francesi

La rivolta dei Vespri Siciliani scoppiò a Palermo, all’ora del tramonto del Lunedì dell’Angelo, il 30 marzo dell’anno 1282. Da Palermo i moti si diffusero presto sull’intera isola: gli Angioini, invasori francesi, non erano più tollerati dalla popolazione locale.

Cronologia del Regno di Sicilia

Federico II morì nel 1250, l’Impero venne diviso in due parti tra i suoi due figli legittimi, a Corrado spettò la Germania e al piccolo Enrico, di soli 9 anni, il Regno di Sicilia, sotto la temporanea tutela del fratello illegittimo, Manfredi.

Tra il 1253 ed il 1254 morirono sia Enrico che Corrado e l’abile Manfredi riuscì, con l’appoggio dei baroni, a farsi incoronare Re di Sicilia l’11 Agosto 1254. Il Papa, volendo il Regno di Sicilia come proprio feudo, lo offrì a Riccardo di Cornovaglia, fratello del re d’Inghilterra, ma questi ritenne il prezzo da pagare troppo alto, allora l’offerta passò al figlio del re d’Inghilterra, Edmondo di Lancaster di soli 8 anni. L’offerta venne accettata e per una decina d’anni Edmondo si fregiò del titolo di Re di Sicilia, pur non andando mai a vedere l’isola, governata da un altro Re.

Nel 1261 salì sul soglio pontificio un francese che, profittando del fatto che Edmondo non aveva mai pagato le tasse di vassallaggio al Papa per il feudo, tolse il titolo di Re all’inglese e lo passò a Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, Luigi. Per Carlo l’occasione era unica: pagò il debito al Papa e gli mandò un cavallo bianco in segno di sottomissione, promise di liberare il clero siciliano dalle tasse e, nel 1265 partì dalla Francia per togliere la corona a Manfredi.

Il Papa raccolse fondi con la scusa di indire una guerra santa e li diede a Carlo per affrontare l’impresa, sciogliendo i cristiani dal voto di non combattere contro altri cristiani. I due eserciti si scontrarono nel 1266, il 26 febbraio, a Benevento, giorno che vide trionfare i francesi e morire il valoroso Manfredi. Iniziava così il dominio francese dell’isola.

vespri siciliani
Vespri Siciliani – Domenico Morelli – Museo Nazionale di Capodimonte (Napoli)

Francesi versus Siciliani

Il comportamento del nuovo sovrano non fece felici i siciliani: concesse numerosi feudi a francesi che lo avevano accompagnato alla conquista dell’isola, ai posti di governo mise solo suoi connazionali e italiani del nord di influenza francese e la capitale del suo regno divenne Napoli. Lo stesso sovrano visitò l’isola una sola volta, di ritorno da un viaggio a Tunisi. Numerose zone divennero patrimonio del Re, i membri dell’aristocrazia palermitana divennero dei veri e propri servi di corte, l’economia venne danneggiata gravemente, a causa del conio di una moneta d’argento, per un denaro siciliano ne occorrevano trenta di queste.

La pressione inaudita che in breve tempo questo governo francese portò, sarebbe stata la causa della più grande ribellione di tutti i tempi, in terra di Sicilia, passata alla storia col nome di Vespri Siciliani.

Lo storico Bartolomeo di Neocastro ha tramandato l’episodio cardine della rivolta, quello che ne fece scaturire la scintilla. Era il 30 marzo 1282, penultimo giorno di Pasqua, il popolo palermitano si trovava riunito davanti il piazzale della Chiesa di Santo Spirito, in attesa della celebrazione religiosa. Il Giustiziere di Palermo aveva predisposto, fiutando il malcontento della cittadinanza, un severo servizio d’ordine, che si accertasse che nessuno portasse armi con sé, per far ciò, i soldati francesi perquisivano tutti coloro che si recavano in chiesa per la funzione.
I cittadini, temendo rappresaglie dei francesi, i quali a loro volta cercavano la scusa per picchiare e derubare, non avevano armi al seguito, cosicché i soldati cercavano di provocarli in ogni modo.

Mentre alcuni passeggiavano, altri coglievano fiori, in attesa dell’arrivo del cardinale, giunse alla chiesa una bellissima fanciulla, la più bella dell’intera città di Palermo e delle città vicine, scrive lo storico, accompagnata dai genitori, dallo sposo e dagli altri parenti. Un francese, un certo Droghetto, con la scusa di controllare se ella portasse addosso armi del suo sposo o di altri, le cacciò le mani tra le vesti e le toccò il petto. Subito tra la folla si alzò un tumulto, un giovane sfoderò la spada dello stesso Droghetto e lo uccise: tutti allora cominciarono a raccogliere pietre per attaccare gli oppressori, ne uccisero più di 200 e la rivolta ebbe inizio.

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Vespri Siciliani – Francesco Hayez – Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea (Roma)

Per la prima volta nelle intenzioni del popolo, c’era la volontà di creare una Sicilia composta da comuni indipendenti: a Palermo si elesse un capitano del popolo, tale Ruggero Mastrangelo e si mandarono ambascerie a tutte le città, Corleone e Mazara si associarono a Palermo, grazie a Bonifazio, capitano del popolo di Corleone, anche Messina e Taormina si ribellarono ed elessero propri capitani del popolo, il popolo messinese resistette all’assedio degli Angioini sotto la guida di Alaimo da Lentini. Gloriosa fu la resistenza delle donne della città, che combatterono senza tregua a fianco degli uomini.

Si narra che per identificare i francesi mimetizzatisi tra la folla, i palermitani, si servirono di uno stratagemma, approfittando del fatto che i francesi tendevano, e tendono ancora, a pronunciare la c come s: i ribelli intimavano a chiunque si trovasse per strada di pronunciare la parola ciciri, ovvero ceci in siciliano. L’accento finiva per tradire i francesi che pronunciavano sisiri e venivano infilzati di spada.

I comuni mandarono delle ambascerie a Papa Martino IV, per chiedere la sua protezione, ma questi rifiutò. Ne approfittarono i baroni siciliani, capeggiati dai Chiaramonte, che preoccupati dalla caduta della monarchia, che avrebbe indebolito il proprio potere, per non perdere i propri feudi, si rivolsero a Pietro d’Aragona, chiedendogli di intervenire contro i francesi, offrendogli in cambio la corona di Sicilia.

Con l’intervento spagnolo, che culminava con la sconfitta definitiva dei francesi e l’incoronazione di Pietro a Re di Sicilia, iniziava il lungo periodo di influenza spagnola sull’isola, che tanto ne doveva cambiare i costumi la lingua e le usanze, al punto che, ancora oggi, la maggior parte delle parole dialettali siciliane, derivano dalla lingua spagnola.

Ma questa è una storia che racconteremo un’altra volta.

Bibliografia

🏺 Bartolomeo di Neocastro, Historia sicula
📖 Carmelo Catalano, Da Ziz a Palermo narrata con amore, Boopen Editore
📖 Denis Mack Smith, Storia della Sicilia medievale e moderna, Laterza Editore

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a cura di

Carmelo Catalano

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