Le tradizioni legate alla figura di Tirteo rendono difficile una ricostruzione attendibile della sua biografia: di lui si narrava che fosse stato un capo militare spartano durante la seconda guerra messenica (metà VII a.C.), ma anche che fosse di origine ateniese e che gli Ateniesi lo avessero inviato, per dileggio (trattandosi di un maestro di scuola zoppo), a Sparta, come consigliere per la guerra.
Tirteo sarebbe stato comunque in grado di riscattarsi, componendo canti che ispirarono coraggio e favorirono la riscossa militare. Di lui ci restano in tutto una ventina di frammenti, dai quali emerge con chiarezza il suo impegno politico, focalizzato sull’importanza dell’ordine sociale, privo di contrasti, e sul coraggio in guerra.
Non si combatte più per la gloria personale, ma per la difesa della patria; l’eroe aristocratico omerico è stato sostituito dal cittadino della pòlis, che combatte ben saldo, insieme ai compagni, all’interno della falange oplitica.
OPERE
Uno dei frammenti più lunghi di Tirteo è quello riportato dall’oratore Licurgo nella Contro Leocrate (fr. 10 West). Forse in origine si trattava di due componimenti separati, che Licurgo o la sua fonte decisero poi di fondere. Il messaggio del poeta è forte e diretto: è bello morire per la patria e lo è ancor di più se si è giovani. Se invece si permette ad un uomo anziano di combattere nelle prime file, ci si copre di vergogna e disonore. Per accentuare ancor di più il concetto, Tirteo non si tira indietro dall’utilizzare immagini crude e tristemente realistiche. La composizione era destinata al simposio, ma come ricorda Licurgo a Sparta era legge che i carmi di Tirteo venissero eseguiti nella tenda del generale, all’indomani di una battaglia importante, per riceverne coraggio ed esortazione.