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La spedizione del Granduca di Toscana in Sudamerica (1608-9)

Tutti noi sappiamo dello splendore artistico e culturale del Granducato di Toscana sotto il governo dei primi sovrani medicei, della Firenze degli Uffizi, di Palazzo Pitti e del Giardino di Boboli. In molti avranno sentito del porto di Livorno e della sua società cosmopolita. In pochi forse sapranno della spedizione promossa dal terzo granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici, con l’obiettivo di inserirsi nel commercio con le Indie Occidentali. Cosa spinse questo sovrano ad organizzare questa missione, chi furono i protagonisti, quali furono i risultati?

Piano di tavolo con Veduta del porto di Livorno – Cristofano Gaffuri e Jacopo Ligozzi – Galleria degli Uffizi (Firenze) ©

Il Granducato di Toscana e i Medici nel Cinquecento

Il Granducato di Toscana si era sviluppato dal passaggio della Repubblica Fiorentina sotto il dominio Il Granducato di Toscana si era sviluppato dal passaggio della Repubblica Fiorentina sotto il dominio diretto di casa Medici dopo la sconfitta dell’assedio di Firenze nel 1530, con il benestare dell’Imperatore Carlo V e del papa Clemente VII. Cosimo I de’ Medici fu il primo Granduca di Toscana, titolo ottenuto nel 1569 dopo la conquista dello Stato di Siena e non poche negoziazioni con la corte pontificia. Questo “piccolo” dominio del centro Italia, di secondaria importanza nello scacchiere europeo, si trovava in una posizione instabile fra la Spagna e la Francia, in mezzo al Mediterraneo ma con un occhio verso gli Oceani. Non vi era modo per la Toscana di competere ad armi pari con le maggiori potenze del tempo: da una parte vi era l’Impero Spagnolo, unito dal 1580 a quello Portoghese sotto il governo degli Asburgo, che deteneva il controllo sulle Americhe e sul commercio con l’Oriente; vi era la Francia, ancora indebolita dai disastri delle guerre di Religione ma che si avviava alla stabilizzazione sotto il nuovo sovrano Enrico IV di Borbone; infine vi erano le nuove potenze nordiche come l’Inghilterra e la Repubblica delle Province Unite, che tentavano di scardinare lo strapotere iberico e di inserirsi negli spazi dove questo era più debole.[1]

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Assedio di Firenze – Giovanni Stradano – Palazzo Vecchio (Firenze) ©

Ferdinando I de’ Medici (1549 – 1609)

Ex cardinale e figlio quintogenito maschio del primo granduca Cosimo I, Ferdinando I de’ Medici (1549-1609), salì sul trono di Toscana nel 1589 alla morte prematura del fratello Francesco I, ereditando un notevole patrimonio che mise a frutto in numerosi progetti commerciali, artistici e architettonici. Fra le numerose opere promosse dal terzo granduca di Toscana occorre ricordare l’inizio dei lavori della Cappella dei Principi nella chiesa di San Lorenzo a Firenze, la costruzione del Forte Belvedere, lo sviluppo della Galleria degli Uffizi in vera e propria wunderkammer della famiglia Medici, oltre alle numerose commissioni artistiche. Necessario poi ricordare il suo impegno per la bonifica dei territori della Valdichiana e quello che fu probabilmente il suo progetto più riuscito, lo sviluppo del porto di Livorno, destinato a diventare uno dei più importanti centri del commercio Mediterraneo nel XVII secolo.[2] Mecenate e uomo politico, oltre che vero e proprio businessman, Ferdinando fu un grande appassionato sin dalla giovinezza di mondi lontani e di oggetti esotici, che collezionava nei suoi numerosi palazzi e ville. Ma oltre al collezionismo questa passione per i mondi extra europei mascherava un interesse più pragmatico verso quei circuiti commerciali che dall’Europa giungevano in America, Africa e Asia e riportavano nel Vecchio Mondo merci preziose e sempre più richieste.[3] Fra i prodotti che ogni anno giungevano nei mercati d’Europa da terre lontane possiamo annoverare spezie, sete, tessuti in cotone, pietre preziose dall’Oriente, ma anche zucchero, legname pregiato, oro e argento dalle Americhe, zanne d’elefante, cuoio,
pepe e piume di uccelli dall’Africa e molti altri.

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Ritratto di Ferdinando I de’ Medici – Scipione Pulzone – Galleria degli Uffizi (Firenze) ©

Gli Asburgo di Spagna e i loro nemici

Fu così che per tutto il suo governo Ferdinando I cercò di inserirsi nella “corsa alle Indie”, per ritagliarsi uno spazio di autonomia politica ed economica e non di subalternità riverente verso l’una o l’altra potenza europea. Tradizionalmente era stata la Spagna degli Asburgo il riferimento politico dei sovrani Medicei, ma fu proprio Ferdinando a ricercare una via alternativa. Un rapporto di subordinazione agli Asburgo non si adattava più alle ambizioni di Ferdinando, il quale dovette comunque fare i conti con la monarchia spagnola, sia per il rapporto ormai decennale fra le due corti (vedi il matrimonio fra Cosimo I ed Eleonora di Toledo, figlia del viceré spagnolo di Napoli), sia per il controllo che gli Asburgo avevano sui territori confinanti alla Toscana, lo Stato dei Presidi, e nelle colonie d’oltreoceano. Gli Asburgo, infatti, ostacolavano qualsiasi tentativo da parte di mercanti e sovrani stranieri di intraprendere un commercio autonomo con i territori d’oltreoceano, impedendo la partenza o forzando i mercanti a passare necessariamente dai porti spagnoli o portoghesi sulla via del ritorno. Tuttavia, il dominio degli Asburgo di Spagna alla fine del XVI si trovava in un momento di grande difficoltà, fortemente indebitato a causa del coinvolgimento nelle infinite guerre nel Nord Europa contro i ribelli dei Paesi Bassi, riunitisi nella nuova Repubblica delle Province Unite dal 1581, e contro l’Inghilterra, governata dall’energica Elisabetta I.[4] Questi due stati in particolare rendevano sempre più permeabile la barriera che la Spagna poneva di fronte ai propri domini nelle Indie: corsari inglesi e olandesi attaccavano frequentemente i convogli spagnoli e portoghesi di ritorno dalle Indie, e spesso si dirigevano loro stessi in quei territori per contrabbandare. Alcuni di questi corsari-mercanti si rivolsero alla Toscana in cerca di nuove opportunità di arricchimento, offrendo al granduca le proprie conoscenze e il proprio servizio. Questi trovarono infatti nel nuovo porto di Livorno una nuova base sicura per i propri affari, una porta verso i commerci in Italia e nel resto del Mediterraneo e una protezione dall’intransigenza religiosa, sia cattolica che protestante, che attanagliava l’Europa in questo periodo storico. [5]

Il porto di Livorno e i suoi nuovi abitanti

Il porto Livorno assunse una grande importanza sotto il governo del terzo granduca, che rivolse qui le proprie attenzioni e i propri denari per tutto il periodo del proprio governo. Questa città avrebbe dovuto rappresentare il punto di partenza verso quelle realtà distanti, nelle quali Ferdinando sperava di soddisfare i propri desideri di ricchezza e prestigio per la propria dinastia e per la Toscana, diventando un emporio per le merci da tutto il Mediterraneo e dal resto del mondo. Il nuovo scalo sulla costa toscana visse la sua stagione di maggior sviluppo durante il governo di Ferdinando I, che attirò qui con le sue celebri leggi “Livornine” mercanti, marinai e artigiani da tutto il Mediterraneo, dal Nord Europa e oltre, promettendo esenzioni fiscali e tolleranza religiosa.[6] Fu qui che assieme a mercanti ebrei, greci, armeni e persiani, si riunirono anche corsari e avventurieri dall’Inghilterra e dai Paesi Bassi.  Fra questi possiamo sicuramente citare Robert Dudley (1573-1649), conte di Warwick e duca di Northumberland, figlio illegittimo di Robert Dudley primo conte di Leicester, uomo fidato della regina Elisabetta I. Cartografo e avventuriero, Dudley partecipò in giovane età ad alcune spedizioni nelle Indie a bordo di vascelli inglesi, accumulando una notevole conoscenza in materia navale e geografica. Fuggendo dalle persecuzioni verso i cattolici in patria, si rivolse nel 1606 alla Toscana di Ferdinando I, offrendo i propri servigi al granduca sia come progettista di nuovi e avveniristici vascelli da guerra sia come promotore di spedizioni commerciali ed esplorative. Questi fu inoltre autore di un’importante carta geografica, la prima realizzata in Italia ad utilizzare il sistema di proiezione ideato da Mercatore, più avanzato rispetto alla tradizione cartografica italiana del tempo. Le utili conoscenze del Dudley vennero poi raccolte alcuni decenni dopo la morte di Ferdinando I in una grande opera, Dell’Arcano del Mare, pubblicato nel 1646-7.[7] Fra gli altri inglesi accorsi a Livorno in seguito agli appelli di Ferdinando I dobbiamo citare il mercante/corsaro Robert Thornton, arrivato in Toscana nei primi del Seicento con la sua nave “il Mercante Reale” e che partecipò assieme alla marina medicea ad alcune spedizioni contro i turchi negli anni successivi.[8]

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Ferdinando I che ordina le fortificazioni di Livorno – Jacques Callot – Rijksmuseum (Amsterdam) ©

Zucchero dalle Indie

Molti di questi mercanti si rivolsero al granduca proponendo nuove opportunità di commercio con le terre lontane, che stavano finalmente aprendosi alla concorrenza dei mercanti del Nord. Fra le varie proposte che giunsero alle orecchie del Granduca, una suscitò maggiore curiosità e convinse Ferdinando ad investire denari, navi e uomini per la sua riuscita. Fu il mercante fiammingo Jan Van Haarlem, secondo le fonti a proporre al granduca di intraprendere una spedizione verso il Sudamerica, con l’obiettivo di insediarsi sulla costa dell’odierna Guyana a nord del Brasile e introdursi nel commercio di zucchero, tipico di queste regioni.

Brasil.
Dissegnando ancora S. A. S. sopra il susditto negotio di traficar in Brasilia per introdur a Livorno la rafineria de succari il che riuscirebbe de bonissimo guadagno et caussarebbe crescemento de traffico nel ditto luogo et tutto suo paese[…].[9]

Lo zucchero sarebbe stato poi stato lavorato a Livorno, dove il granduca, sempre sotto proposta di mercanti del nord, progettava da molti anni di realizzare una raffineria. La zona suggerita dal Van Haarlem era una regione formalmente posta sotto il controllo portoghese ma stando alle parole del fiammingo e del Dudley, suo principale referente alla corte medicea, offriva buone possibilità di insediamento per i mercanti del granduca. Il Sud America non era una zona sconosciuta per il granducato, grazie all’esperienza di molti viaggiatori e mercanti toscani come il grande Amerigo Vespucci, o i più recenti Baccio da Filicaia, ingegnere al servizio della corona portoghese in Brasile o Francesco Carletti, mercante fiorentino protagonista di un importante viaggio attorno al mondo, assieme a molti altri.[10] Tuttavia, mai vi era stata una partecipazione diretta dei granduchi medicei al commercio con le Indie, lasciando l’iniziativa a mercanti autonomi. Inaugurando una politica più ambiziosa e indipendente, Ferdinando I raccolse informazioni sui mercati delle Indie contattando i mercanti toscani nelle varie piazze commerciali d’Europa, e come abbiamo già detto, arruolando personaggi stranieri di grande esperienza come Dudley e Thornton per realizzare i propri progetti.

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Carta prima generale d’Affrica e parte d’America in Dell’Arcano del Mare di Robert Dudley (1656) Dell’Arcano del Mare – National Maritime Museum (Greenwich – London) ©

La spedizione

Fu così che nel 1608 il granduca  Ferdinando decise di finanziare la spedizione commerciale in Guyana proposta da Jan Van Haarlem e da Robert Dudley, con l’obiettivo di esplorare il fiume Orinoco, il Rio delle Amazzoni e i territori circostanti, in cerca di oro, argento e pietre preziose (di cui il Dudley aveva affermato l’esistenza in grandi quantità nell’interno), nonché raccogliere canne da zucchero e il brasiletto, un legno pregiato da cui si otteneva la tinta rossa per i tessuti. La spedizione consisteva di due navi, un galeone chiamato Santa Lucia Bonaventura posta al comando dell’inglese Robert Thornton, e una tartana, una nave più piccola, comandata dal fratello Giles Thornton, adatta a risalire i fiumi. Con accurate istruzioni redatte da Robert Dudley nonché forniti di cartine geografiche realizzate dallo stesso inglese, le due navi salparono da Livorno nel settembre del 1608, dirette verso il Sud America.[11]

Doppo costeggerete fino alla fiumara dorinoch che resta in 7 gradi e 50 minuti in circha il fondo di essa cioe della bara e dua braccia e arriuatoui tornerete a lassare il ghaleon ben ormeggiato e in buon luogho imbarchandoui sopra la tartana e barcha entrando dentro alla fiumara quanto potrete douve intenderete assai miniere di oro assai droghe pietre chiamate tachora di balsimo e penne di uccelli di ualore […].[12]

 Non vi è totale certezza sull’itinerario seguito dalle due navi, che dopo alcuni travagliati eventi, fra cui un ammutinamento, ritornarono a Livorno nel luglio del 1609. Narrazione di alcuni episodi del viaggio è raccolta nella relazione di William Davies, medico chirurgo a bordo della nave di Thornton, che ha descritto in parte i territori esplorati e le vicende della spedizione, che ritornò in Toscana con un magro carico, e cinque indigeni.[13] Della spedizione e delle peripezie vissute dai suoi partecipanti ha lasciato memoria anche Pietro Usimbardi, primo segretario del granduca Ferdinando I nonché vescovo di Arezzo, nella sua Istoria del Granduca Ferdinando I, scritta dopo la morte del suo sovrano:

[…] havendo mandato una nave a posta con sue gente per far scoperta di quella regione; la qual riferisce che passato il polo, se gli erano guastati tutti li viveri, et nel tornare a quel medesimo punto, erano di cattivi divenuti buoni, come riferiscono anco gl’indiani condotti di là con detta nave.[14]

Secondo alcune fonti la spedizione dei Thornton fu un successo, portando a Livorno numerose merci preziose da rivendere sui mercati d’Europa; per altri fu una delusione, resa ancor più vana dalla morte del granduca Ferdinando nel febbraio del 1609, prima del ritorno delle due navi. Il successore al trono toscano Cosimo II de’ Medici non proseguì sulla strada tracciata dal padre e non promosse più alcuna spedizione nelle Indie, concentrandosi invece sul Mediterraneo. La spedizione dei fratelli Thornton segna dunque il tramonto delle ambizioni del Granducato di Toscana di far parte di quel gruppo di nazioni che commerciavano direttamente con le Indie e potevano vantare di territori e avamposti oltreoceano.

L’episodio che abbiamo raccontato rappresenta un caso unico, la cui importanza non risiede negli effetti pratici che ebbe sugli eventi futuri, ma sul fatto che fu la prima spedizione commerciale promossa da uno stato della penisola italiana verso le Indie, con l’intento di inaugurare un commercio stabile e florido fra i due continenti. Della spedizione rimase sicuramente la ampliata conoscenza di quei territori esplorati dai Thornton, che venne poi raccolta nell’opera magna del Dudley, L’Arcano del Mare del 1647, mentre dei cinque indigeni portati in Europa, quattro morirono di vaiolo poco dopo il loro arrivo, mentre il quinto riuscì visse il resto della propria vita in Italia. Da questo episodio e da molti altri che caratterizzarono il suo governo potremmo comunque definire Ferdinando I de’ Medici un sovrano “globale”, non in senso di potere effettivo ma quanto a larghezza di vedute, i cui progetti si inseriscono in quella importante stagione della storia del nostro mondo che vide gli stati europei competere per il controllo dei territori al di là degli oceani. Il Seicento fu però anche conoscenza, scoperta e scambio, sia a livello economico come abbiamo visto che a livello culturale, permettendo a mondi lontani di venire in contatto, realizzando nel tempo quell’unione che dopo alcuni secoli verrà chiamata globalizzazione.

Note al testo

[1] Sulle relazioni fra il Granducato di Toscana durante il governo di Ferdinando I e gli altri Stati d’Europa vedere: Furio Diaz, Il Granducato di Toscana – i Medici, Torino, UTET Libreria, 1987; Gaetano Greco, Storia del Granducato di Toscana, Brescia, Morcelliana, 2020Prima edizione.

[2] Voce FERDINANDO I de’ Medici, Granduca di Toscana di Elena Fasano Guarini,  Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 46 (1996) e relativa bibliografia

[3] Stefano Calonaci, Ferdinando dei Medici: la formazione di un cardinale principe (1563-72), in «Archivio Storico Italiano», 1544, p. 657.

[4] Sulla Spagna alla fine del XVI secolo vedere John H. Elliott, Alessio Ca’ Rossa, La Spagna imperiale: 1469-1716, Bologna, Il Mulino, 2006, pp. 241–369.

[5] C. Ciano, Uno sguardo al traffico tra Livorno e l’Europa del Nord verso la metà del Seicento, in Atti del Convegno, “Livorno e il Mediterraneo nell’età medicea”, Livorno, Bastogi, 1978; Marie-Christine Engels, Merchants, interlopers, seamen and corsairs: the «Flemish» community in Livorno and Genoa (1615-1635), Hilversum, Verloren, 1997.

[6] Lucia Frattarelli Fischer, Le leggi Livornine: 1591-1593, Livorno, Mediaprint Editore, 2019.

[7] W. Martigli, L’Arcano del mare di R.D., in Livorno. Progetto e storia di una città tra il 1500 e il 1600, Pisa, 1980, pp. 191–197; C. Ciano, I primi Medici e il mare, Pisa, Pacini, 1980, pp. 149–160.

[8] Giuseppe Gino Guarnieri, L’ultima impresa coloniale di Ferdinando I dei Medici. La spedizione R. Thornton al Rio Amazonas, all’Orenoco, all’Isola Trinidad. Con documenti in appendice e tre carte fuori testo., Livorno, Stab. tipo.-lit. G. Meucci &c, 1910, p. 19.

[9] ASF, Miscellanea Medicea 97, 89, fol. 3r. Relazione attribuita da Giuseppe Gino Guarnieri a Jan Van Haarlem, ipotizzata del 1608.

[10] Niccolò Rinaldi, Oceano Arno: i navigatori fiorentini, Reggello (FI) [i.e. Florence, Italy], FirenzeLibri, 2012.

[11] Giuseppe Gino Guarnieri, L’ultima impresa coloniale di Ferdinando I dei Medici. La spedizione R. Thornton al Rio Amazonas, all’Orenoco, all’Isola Trinidad. Con documenti in appendice e tre carte fuori testo., cit.

[12] ASF, Mediceo del Principato, filza 1829, c. 458 r.- 460v.  Le istruzioni di Sir Robert Dudley al capitano R. Thornton. Trascrizione in Giuseppe Gino Guarnieri, L’ultima impresa coloniale di Ferdinando 1. dei Medici : la spedizione R. Thornton al Rio Amazonas, all’Orenoco, all’isola Trinidad, Livorno, Meucci, 1910, pp. 85-89.

[13] ZERON & CAMENIETZKI, La vera relazione di viaggio e la più miserabile prigionia di William Davies, chirurgo barbiere di Londra, sotto il Duca di Firenze, op. cit., p. 160-193.

[14] G.E. Saltini, Istoria del Gran Duca Ferdinando I. Scritta da Pietro Usimbardi., in «Archivio Storico Italiano», 6 (1880), 120, p. 401.

Bibliografia

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📖 ZERON & CAMENIETZKI, La vera relazione di viaggio e la più miserabile prigionia di William Davies, chirurgo barbiere di Londra, sotto il Duca di Firenze, op. cit., p. 160-193.


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a cura di

Massimo Bomboni

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