Oggi si è portati a pensare che la globalizzazione sia un fenomeno recente, figlio del secondo dopoguerra, però se ci guardiamo indietro nella Storia possiamo rintracciare delle primissime forme di globalizzazione, la nascita di un commercio sempre più globale.
Alle origini
Dal XIII secolo circa le popolazioni europee e non hanno iniziato una flebile attività commerciale che travalicava i confini geografici, attività commerciale che col tempo è andata incrementandosi fino al XV secolo quando le scoperte geografiche hanno favorito l’allargamento delle rotte commerciali.
Dopo l’impatto delle scoperte geografiche l’apertura delle nuove rotte non fu repentina; a partire da Colombo e Magellano però si diede inizio di una primissima forma di globalizzazione sviluppatasi soprattutto grazie al commercio delle merci. L’ingresso delle Americhe nel grande sistema del commercio globale esistente all’epoca allargò il panorama economico, sociale e culturale producendo effetti visibili anche sul lungo periodo.
In questi secoli si assistette quindi ad un incremento dell’economia ma anche della qualità di vita sociale e culturale dell’Europa; si spostavano sempre di più merci e materie prima al di là dei confini geografici verso l’Asia prima e anche verso le Americhe poi. Come possiamo immaginare in questi secoli l’economia ha avuto un ruolo centrale, ha favorito la nascita di alcuni concetti fondamentali nell’economia, ha favorito la connessione spaziale contribuendo a creare contatti tra le varie aree del mondo allora conosciuto; infatti, fu proprio grazie allo spostamento di merci che si spostarono anche idee e culture unendo i popoli, inconsapevoli di essere parte di un processo che non avrà più fine.
La prima domanda che spontaneamente sorge è se si può parlare di un vero e proprio mondo globalizzato. La questione risulta essere ancora aperta, Serge Gruzinski (1949-) nel suo saggio “Abbiamo ancora bisogno della storia? Il senso del passato nel mondo globalizzato” ci tiene a precisare che possiamo considerare come primitiva forma di globalizzazione quella che avvenne a seguito della scoperta dell’America, quando indubbiamente le relazioni tra Europa e resto del mondo si intensificano. Gruzinski però continua su questo filone sottolineando come la questione sia ancora aperta ed il dibattito molto acceso; infatti, seppur le varie parti del globo fossero connesse le identità e le culture rimasero a lungo ben distinte[1]. Quello che avviene alla fine del Quattrocento però la si può considerare come una sorta di rivoluzione nel modo di pensare il mondo e il proprio ruolo nel mondo, il ruolo dell’altro e di altri popoli. È in questi anni che l’Europa afferma la sua supremazia economica, culturale e sociale.

La teoria dell’economia mondo
La lettura a lungo fornita dalla storiografia di questo argomento è una lettura prettamente eurocentrica, come eurocentrica è la lettura che ne diede Fernand Braudel (1902-1985) prima e ripresa poi da Immanuel Wallerstein (1930-2019). La teoria dell’economia mondo prevede un centro, più ricco e sviluppato da cui si diradano una serie di rotte commerciali verso la Semiperiferia e la Periferia.
Il centro, tradizionalmente, lo si fa combaciare con l’Europa e nello specifico possiamo individuare quali regni furono, a turno, centro del sistema: nel Quattrocento a farla da padrone furono la Spagna ed il Portogallo, fautrici delle primissime spedizioni nelle Indie, solo a partire dal Cinquecento subentrarono l’Inghilterra, l’Olanda e la Francia. Il centro era l’area più ricca e sviluppata, venivano svolti i lavori più raffinati come la trasformazione delle materie prime, erano aree in cui si svilupparono i sistemi bancari e i centri culturali ma soprattutto erano le aree in cui avveniva il consumo dei beni importati. La Semiperiferia e la Periferia erano le zone più povere, spesso combaciavano con i paesi colonizzati come il caso delle Americhe; in questa parte del mondo le attività commerciali erano ridotte al minimo e legate solo al commercio locale, si estraevano le materie prime e si coltivavano i prodotti da esportare. Questa suddivisione del mondo come abbiamo già detto è una visione totalmente eurocentrica e superata ma permette di capire molto bene come fosse la situazione. Accanto alla visione Eurocentrica sopravvissuta fino al secondo dopoguerra si sviluppa anche una visione che sposta il focus su altre parti del mondo, queste nuove ricerche hanno messo in evidenza come non esisteva un solo centro ed una sola periferia ma come esistessero anche altre vie commerciali con un rispettivo centro ed una rispettiva periferia mettendo in evidenza che le altre parti del mondo non avevano bisogno dell’Occidente per sopravvivere!
La globalizzazione, intesa in senso economico, implica necessariamente un’intensificazione dei rapporti economici o la circolazione di merci e non necessariamente una simultanea integrazione culturale e sociale. In questo frangente e per tutta l’età moderna saranno proprio le merci a connettere il mondo moderno.

Le merci diventano globali
Come abbiamo accennato in precedenza non bisogna pensare che il commercio “globale” si sia sviluppato con la scoperta dell’America. Già nel XIII secolo i rapporti tra Europa ed Asia erano ben avviati. L’interesse nel trovare nuove rotte per raggiungere l’Asia e le famose “Indie” scaturì proprio dall’esigenza di migliorare i tragitti e renderli più facilmente accessibili ed economici. Tutto era mosso dalle merci, tutto si muoveva per le merci, ma quali erano le merci che spostavano uomini, navi e carovane?
Innanzitutto si parla principalmente di materie prime ma anche di prodotti finiti come le porcellane e le sete. Le merci principali che si importavano dall’Asia erano spezie e tra tutte il pepe, sete, porcellane, coloranti. Soprattutto le spezie divennero una delle merci più ricercate e costose, essendo prodotte in determinate località la richiesta sempre maggiore non in linea con la produzione contribuì allo sviluppo di un mercato anelastico che comportò un aumento del prezzo intorno al XV secolo, venne quindi alla luce la necessità di trovare nuove soluzioni per tentare di abbattere i costi. Non possiamo però dimenticare anche la grande richiesta di seta che tra il Duecento ed il Trecento si andò intensificando portando ad un aumento dei viaggi verso l’Asia e andando ad alimentare la necessità di trovare nuove vie. Con le spedizioni di Magellano, Bartolomeo Diaz e altri aumentarono le rotte e nacquero lungo le coste dell’Asia e dell’Africa veri e propri centri per lo scambio ed il commercio.
Le nuove conquiste e scoperte geografiche determinarono anche l’entrata nel mercato di nuovi prodotti; infatti, a partire dalla metà del Cinquecento e per tutto il Seicento le merci al centro dei traffici commerciali furono principalmente tè, zucchero, caffè, tabacco e cioccolato. Accanto a prodotti e merci di più ampio consumo venivano trasportati anche argento e oro che arricchivano le corone europee. L’importanza di questi prodotti la possiamo facilmente dedurre da un’analisi culturale dell’epoca, a partire dal Cinquecento si assiste ad un aumento della classe borghese che acquisisce nuove abitudini e le diffonde. Inoltre, ai già citati prodotti si aggiunse a partire dal XVII secolo il tabacco, questo perché proprio in quei secoli la società fu attraversata da un miglioramento delle condizioni sociali ed economiche, questo comportò un allargamento della classe fruitrice dei cosiddetti beni di lusso, sempre più persone erano disposte a pagare per usufruire di tali beni e privilegi, la società stava cambiando e aveva nuove necessità. Si allargò anche la forbice dei beni di lusso, includendo tè, caffè e tabacco; proprio riferendosi a questi cambiamenti Neil McKendrick (1935-) nel 1982 parlerà di “Rivoluzione dei Consumi”[2].
Non dobbiamo però dimenticare che nonostante ci fossero alcuni prodotti più richiesti di altri il commercio di spezie, sete, cotone, zucchero e altre materie prime rimase sempre presente, inoltre, questi beni sono solo la minima parte di quanto veniva importato o esportato, esempio di ciò è il commercio sempre costante di materiali preziosi.
Tutte queste merci e materie prime viaggiavano da Est verso Ovest ma anche da Ovest verso Est, si venne a creare un vero e proprio reticolo di strade per mare e per terra che collegava ogni angolo del mondo allora conosciuto. Da ovest verso est la faceva da padrone la famosissima Via della Seta, non una sola via ma un reticolo di strade che miravano a rendere più facile e agile il raggiungimento dell’Asia dall’Europa. Con questa fitta rete di rotte e vie che si era creata le merci potevano viaggiare sempre sia per mare che per terra. E se le vie per terra avessero attraversato continenti con piccole aree di scambio, via mare sarebbe stato nel Mediterraneo che convogliavano le varie rotte. Attraverso i numerosi porti che si affacciavano sul Mare Nostrum le merci si propagavano nell’Europa e nell’Asia continentale, avvenivano gli scambi tra le merci di Ovest e quelle di Est, un vero di crocevia di merci, uomini, pensieri e culture che collegava inconsapevolmente il mondo. La necessità di avere sempre più centri di approdo e commercio lungo le coste del mondo fece in modo che si creasse un sistema policentrico e multietnico che potesse evitare l’egemonia di una determinata area. Sulle navi non si spostavano solo le merci, si spostavano gli uomini e con essi le idee quindi la naturale conseguenza di questo commercio globale fu un’intensificazione delle interazioni tra i vari popoli che non si limitava più al mero rapporto commerciale ma che spesso andava oltre favorendo scambi sociali e culturali.

Cambia anche il ruolo del mercante
Se fino al Cinquecento la figura chiave che permetteva lo spostamento di merci era stato il mercante, da quando si allargarono le rotte commerciali ed i punti di approdo il mercante seppur fosse una figura poliedrica non bastò più.
La necessità di competere per aumentare gli introiti fece in modo che il l’attività del singolo mercante si trasformasse in un’azienda e che il mercante assumesse solo alcuni incarichi delegando terzi nei viaggi più lunghi. Nell’arco del XV secolo si andarono sviluppando sempre di più forme contrattuali temporanee che andavano a regolare proprio questi rapporti, primo fra tutti fu la Commenda valida per un solo viaggio oltremare. Innanzitutto, questo tipo di contratto garantiva anche un aumento del capitale, infatti entrava in gioco un investitore che investiva una certa somma di denaro, questa insieme a quella investita dal mercante costituiva il capitale. Gli utili venivano divisi equamente o in base alla somma versata, in questo modo oltre ad aumentare il volume degli affari si condividevano i rischi ed il mercante non perdeva, eventualmente, tutto il capitale. Oltre alla Commenda si svilupparono altre forme corporative che hanno i contorni di moderne aziende con tanto di investitori e condivisione di rischi e introiti. Il mercante decideva sempre di più di rimanere nella sua città delegando terzi regolarmente stipendiati ad occuparsi della compravendita di merci, questo sistema faceva in modo che si sviluppassero nei centri commerciali lungo le coste delle vere e proprie comunità multietniche aperte e integrate nel tessuto politico e culturale nel quale nascevano, rappresentavano il segno tangibile dei cambiamenti a lungo termine che si erano innescati con i primi tentativi di commercio globale. Questi centri non erano chiusi, anzi erano un vero e proprio ricettacolo e crocevia di culture, lingue, pensieri, usi e costumi. La figura del mercante si era evoluta, da colui che partiva a capo di una carovana o in una nave e si occupava in prima persona di qualsiasi aspetto legato alla sua attività divenne sempre di più una figura distaccata dai ruoli pratici, divenne colui che delegava i suoi sottoposti ed entrava nella nascente società borghese[3].

Conclusioni
Possiamo quindi concludere che il 1492 e la scoperta dell’America sono una data ed un evento periodizzante di estrema importanza per lo sviluppo economico e non solo dell’Europa ma anche del mondo. Le interazioni avvenute tra il XV secolo ed il XVII secolo ebbero numerose conseguenze non solo per quanto riguarda l’ambito economico ma anche culturale e sociale. In ambito economico alimentò la competizione tra mercanti favorendo lo sviluppo delle primissime forme d’impresa sopracitate; inoltre, l’importazione di prodotti stimolò la continua ricerca ed avanzamento tecnologico tra gli artigiani. Possiamo considerare tutto ciò come un processo rivoluzionario, Jan de Vries (1970-) considera l’arrivo di beni dalle Americhe e dall’Asia come un fattore stimolante e propulsore di una “rivoluzione industriosa” da parte di artigiani[4]. Ma non solo, grazie allo sviluppo di un commercio globale si stabilirono quindi anche nuovi rapporti di lavoro che andarono ad aumentare la capacità di acquisto anche dei ceti medio-bassi favorendo quindi un miglioramento economico e sociale delle popolazioni. Tutti questi cambiamenti non sono che l’inizio di un processo irreversibile che continuerà nei secoli.

Note al testo
[1] Serge Gruzinski, Abbiamo ancora bisogno della storia? Il senso del passato nel mondo globalizzato, Cortina Raffaello Editore, 2016 pag. 95 e seguenti
[2] Carlo Fumian, Andrea Giuntini, Storia economica globale del mondo contemporaneo, Carocci editore, 2009 pag. 18
[3] Carlo Fumian, Andrea Giuntini, Storia economica globale del mondo contemporaneo, Carocci editore, 2009 pag. 19 e seguenti
[4] Carlo Fumian, Andrea Giuntini, Storia economica globale del mondo contemporaneo, Carocci editore, 2009 pag. 18