Policleto incarnò la bellezza ideale dello stile classico: purtroppo nessuna delle sue opere originali è giunta fino a noi, per la maggior parte bronzi, e i suoi lavori ci sono noti soltanto grazie a delle copie marmoree di epoca romana o tardo ellenistica.
Cenni biografici
Nato in una famiglia di scultori di Argo nel 490 a.C., la sua attività artistica prese forma intorno al 465 a.C., come allievo del bronzista Algeada. Giunse ad Atene intorno al 440 a.C. dove incontrò Fidia. Policleto, nella sua produzione, prediligeva figure singole, in particolare atleti, eroi o divinità, che rappresentava con dei nudi virili e prestanti.
La sua creazione artistica era dominata da un ritmo armonico: egli si dedicò allo studio delle proporzioni del corpo umano e i suoi rapporti numerici ideali. Su questo studio scrisse un trattato noto come il Canone, di cui ci sono giunti soltanto due frammenti: il primo, contenuto nella Belopoeica di Filone di Bisanzio parla delle proporzioni e relativi multipli e sottomultipli; il secondo, riportato da Plutarco nelle Quaestiones Convivales parla delle difficoltà che si incontrano nella lavorazione della statua rispetto al modello in argilla.
L’estro di Policleto fu così eclettico e innovativo da ispirare una scuola, cui fecero seguito numerose generazioni di allievi.
Le opere di Policleto
Il Discoforo
Il Portatore del disco, o Discoforo, venne attribuito a Policleto esclusivamente per le caratteristiche stilistiche, dal momento in cui non vi è menzione nelle fonti. In questa opera giovanile è assente l’alternarsi di tensione e rilassatezza muscolare tipiche dell’addome delle sue opere successive.
Il Doriforo
L’opera prima, nella quale l’artista trasferì il suo sapere maturato sul sistema delle proporzioni trattato nel Canone, è il Doriforo o Portatore di lancia. Non si è certi dell’identità del soggetto rappresentato: con molta probabilità può essere stato del tutto frutto della fantasia astratta di Policleto, come raffigurazione delle sue teorie matematiche della perfezione del corpo umano. Di straordinaria particolarità sono le accentuazioni muscolari e il modo in cui viene rappresentato il carico su di un’unica gamba. La replica marmorea considerata più vicina all’originale del portatore di, nella sua interezza, è conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed è databile a cavallo fra il II e il I secolo a.C..
L’amazzone ferita
Fra le fonti letterarie, Plinio ci è testimone di un concorso indetto per la realizzazione di statue bronzee di amazzoni, da esporre presso il santuario di Efeso. Furono cinque gli artisti che vi parteciparono: Fidia, Cresila, Cidone, Phradmon e Policleto. A quest’ultimo sono attribuiti due esemplari: l’Amazzone di Sosikles, esposta ai Musei Capitolini di Roma, e l’Amazzone Lansdowne, di cui si hanno diverse repliche conservate in vari musei.
Il Diadumeno
Questa statua rappresenta un atleta nell’atto di legarsi la fascia del vincitore sulla fronte. La struttura è simile a quella del Doriforo, a differenza delle braccia che in questo caso si presentano scostate dal corpo e modificandone l’asse. La copia marmorea migliore è il Diadumeno di Delo, oggi conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Atene.
