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Maria di Nazareth, dalla storia ai Dogmi

Maria di Nazareth, com’è riconosciuta generalmente la madre di Gesù, rappresenta un personaggio dal peso specifico elevato all’interno dei Vangeli e anche ad alta incidenza negli sviluppi storico-dottrinali di ciascuna confessione legata al Cristianesimo. Seppur sia difficile maneggiare gli scarsi dati biografici riferibili a questo personaggio, provenienti principalmente dai Vangeli, Maria di Nazareth è da considerare una figura da considerare alla luce del dibattito legato ai dogmi collegati alla sua persona e alla sua storia.

I testi come problema storiografico

Abbiamo ricordato in altri sedi e conviene ribadirlo qui come il Nuovo Testamento, le lettere paoline e gli apocrifi vadano sempre maneggiati come estrema cura. Come notano A. Destro e M. Pesce infatti, questi testi rappresentano certamente un lascito importante ma vanno considerati sia in funzione del contesto sociale e culturale, partendo dalla considerazione antropologica che vede “autore, testo e destinatario […] appartenenti a un processo e cioè entro sequenze di un’azione e fenomeno di natura culturale e sociale”[1].

Molto importante infatti, specialmente all’interno dei gruppi del Cristianesimo delle origini è il destinatario che l’autore (o gli autori) individuarono per quel tipo di testo e documento; come rilevano sempre A. Destro e M. Pesce poi, non vanno considerati solo gli aspetti testuali ma anche quelli legati alla lettura e alla rappresentazione dello stesso ad un pubblico nel contesto protocristiano in cui  “il singolo lettore […] è immerso in una situazione condizionata da un reticolo istituzionale che è ben presente a chi scrive”[2].

Il gruppo protocristiano a cui ciascuna opera era destinata ha influenzato non solo l’autore nella stesura del racconto ma anche l’interpretazione dello stesso e, soprattutto, la sua trasmissione e la sua fortuna. Tornando quindi a Maria, per cercare di comporre un quadro organico, dobbiamo considerare che ciascuna traccia testuale appartiene a contesti e destinatari provenienti da contesti socio-culturali diversissimi tra loro.

Le fonti su Maria di Nazareth, la parte antica

Inevitabilmente, nelle fonti canoniche, i dati su Maria sono sempre correlati a quello che fu il suo rapporto con Gesù. L’annunciazione, il concepimento verginale e la fede incrollabili sono i tasselli di un mosaico che è maggiormente noto al grande pubblico, specialmente di fede cattolica. Dobbiamo tuttavia considerare che l’attuale immagine mariana è frutto di una sedimentazione millenaria di interpretazioni, riflessioni ed esegesi che ha portato all’attuale configurazione del culto della Vergine.

A prescindere, come di consueto, da considerazioni di carattere religioso e fideistico, che non vogliono essere l’oggetto di questo breve approfondimento, cercheremo di ripercorrere in questa sede gli aspetti più tecnici inerenti alla ricezione della figura di Maria considerando maggiormente opere riferibili ai Padri della Chiesa rispetto ai passi evangelici. In quest’ultimi infatti gli elementi mariani sono scarni, limitandosi a pochi e sintetici riferimenti in Marco e Matteo, passi carichi di simbolismo apocalittico in Giovanni e, addirittura, assente nelle lettere paoline.

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L’icona della Madre di Dio di Vladimir – Galleria Tret’jakov (Mosca) ©

L’unica eccezione a questo quadro è il testo lucano, che presenta una Maria pienamente inserita nel miracolo del concepimento di Gesù e delle sue vicende legate all’infanzia. In Paolo infatti (Gal. 4, 4: ὁ Θεὸς τὸν Υἱὸν αὐτοῦ, γενόμενον ἐκ γυναικός, il figlio di Dio, nato da una donna)[3] il ruolo di Maria sembra strettamente legato alla sfera umana, con la nascita di Cristo da una donna ad implicare una sorta di vicinanza all’umanità. Considerando invece il racconto lucano e quello degli Atti, tradizionalmente riferibili alla stessa persona/comunità, Maria sembra acquistare un certo peso. In At. 1, 14 Maria e i fratelli di Gesù sono ritratti in stretta correlazione insieme agli apostoli, riuniti nella preghiera[4].

Il vangelo di Luca invece dedica ben due capitoli a Maria, la cui attività è divisa essenzialmente in cinque momenti: annuncio dell’angelo, visita ad Elisabetta (la madre del Battista), nascita di Gesù, presentazione al Tempio e infanzia. Senza entrare troppo nel dettaglio, essendo il passo oggetto di un dibattito esegetico che ha alimentato una sterminata quantità di studi, ci limitiamo ad osservare una profonda dicotomia tra i personaggi del racconto. La contrapposizione tra Giuseppe/Zaccaria e Maria/Elisabetta riguarda infatti il tema della vocazione e della fede, in cui i genitori di Gesù sembrano emergere come pii e credenti rispetto invece alla cugina e al marito, che viene addirittura reso muto per la sua incredulità. Il tutto rientrerebbe in un più ampio filone in cui Giovanni Battista e Gesù sarebbero messi a confronto, un rapporto complessivamente complicato e sviscerato da E. Lupieri nel suo studio sul tema. [5]

Il racconto di Luca, rispetto alle altre nascite miracolose nella Bibbia (Sara, Rachele, Anna), presenta Maria come una credente perfetta che si affida a Dio senza dubitare per quanto timorosa (Lc. 1, 38). Un affidamento totale che trasforma Maria in una profetessa messianica intrisa di elementi escatologici: nella preghiera conosciuta come Magnificat (Lc. 1, 51-55) la Vergine esprime tali concetti. Come afferma A. Valerio, questa preghiera, diffusa già nelle comunità cristiana degli inizi, si colgono in questa preghiera istanze antimonarchiche e di redenzione d’Israele. In tal senso, “Maria è rappresentante di tutte le donne e di tutti gli uomini che, privi di potere personale, vivono la propria vita con fiducia e speranza”[6].

Un altro aspetto fondamentale in questa sorta di versione canonica dell’infanzia è il fatto che Maria fosse ritratta come una donna osservante dei precetti ebraici, adempiendo agli obblighi previsti dalla legge mosaica per quanto riguarda i passaggi religiosi per la vita di Gesù[7]. Un ultimo rilievo si deve fare al passo di Lc. 2, 35 in cui Simeone profetizza a Maria la sofferenza di “una spada che le trafiggerà l’anima”. Secondo le varie ipotesi potrebbe essere qui preconizzato alla madre di Gesù la sofferenza stessa che patirà il figlio nella Passione oppure, al contrario, una sorta di sofferenza psicologica che Maria sembra soffrire non comprendendo le frasi del figlio adolescente elaborandole interiormente (Lc. 2, 49-50).

Se in Luca Maria sembra rifugiarsi in sé stessa, in Giovanni Maria è totalmente fiduciosa nel figlio (Gv. 2,5) ma allo stesso tempo viene biasimata da Gesù durante le nozze di Cana (Gv, 2,4). Sempre Valerio sottolinea come, filologicamente, il fatto che Gesù utilizzi per riferirsi a sua madre il termine γύνἡ (donna) indicherebbe una sorta di lontananza di idee e intenti tra madre e figlio[8]. La madre di Gesù ricompare poi al termine del Vangelo a piedi della croce assieme a quattro donne (Gv. 19, 23-27). Nell’ipotesi di R. Brown, con la famosa frase rivolta sia al discepolo prediletto (Giovanni?) che alla madre (“Donna, ecco tuo figlio” e “Ecco tua madre”)[9], Gesù avrebbe trasferito all’apostolo per eccellenza la propria parentela con la madre, legittimando quindi il gruppo giovanneo rispetto agli altri gruppi protocristiani[10].

Prologo di Giovanni in grafia olografa – Laboratorio Casa della Vita ©

Senza entrare qui nel dibattito sull’identificazione del discepolo prediletto, ci limitiamo qui a riportare una lettura mariologica di questa scena, interpretandola come una delle prime tracce evangeliche del ruolo salvifico di Maria[11]. Nell’Apocalisse, attribuita convenzionalmente a Giovanni, la figura di Maria si carica di tratti trascendentali (Ap. 12, 1-5) divenendo convenzionalmente la donna che salva il Messia e, salvata da Dio, conoscerà la gloria imperitura nella Luce dell’altissimo. In questi passi, di elevata difficoltà interpretativa e collegati ad una lettura allegorica con le metafore letterarie (Donna-popolo eletto-Chiesa; bambino maschio-Messia; corona di dodici stelle-dodici tribù di Israele et cetera), si troveranno i semi della futura esegesi mariana e della mariologia stessa.

Questo dibattito su Maria e sulla concezione verginale di Gesù divenne centrale nei secoli successivi, alla luce delle varie testimonianze gnostiche e della polemistica anticristiana in generale che proponevano delle “versioni alternative” dell’infanzia di Gesù, si diffuse (a partire dalla fine del II secolo) il Protovangelo di Giacomo o della Natività di Maria, dedicato appunto alla celebrazione della purezza della Vergine e sulla sua verginità integrale[12] e perpetua, rispondendo in qualche modo alle istanze docetiste (Gesù come pura apparenza) che ne mettevano in discussione. Figlia di Anna e Gioacchino, la storia di Maria venne resa dall’autore limpida e allineata a quelle che erano le leggi mosaiche.

Questa strutturazione del Protovangelo di Giacomo, come già citato nell’articolo sulle Toledoth Yeshu, può essere una controstoria per rispondere critiche sull’infanzia di Gesù che circolavano già in ambiente greco-romano (Celso) e giudaico (di cui le Toledoth rappresentano solo un piccolo squarcio). Questa narrazione della purezza e della santità mariana avrebbe poi favorito la diffusione di testi chiamati transiti[13] che, sulla scia dell’apologetica in tal senso e sulla scorta delle profezie postume sulla nascita di Gesù da una vergine (che prendono le mosse da 1 Sam 1-2) contenute nella letteratura apocrifa, portarono alla nascita dei primi culti mariani tra Oriente e Occidente.

La letteratura cristiana e Maria, un viaggio attraverso le fonti

Ripercorrere qui tutti i passi esegetici che trattano il tema della figura di Maria è pressoché impossibile; tenteremo di toccare solo alcuni passi per dare l’idea della vastità del problema. Come detto poco sopra, la figura della madre di Dio iniziò a diventare un tema scottante già ai primordi del cristianesimo, a partire dal II secolo. Pur essendo ancora presto per parlare di dogmi, molti padri della Chiesa si trovarono ad affrontare il problema della concezione di Gesù, che provenivano sia da ambienti esterni al cristianesimo (pagani e giudei) ma anche dall’interno, in particolare da quei gruppi considerati eterodossi come gnostici ed eretici.

Troveremo pertanto indicazioni su Maria principalmente consultando testi apocrifi e scritti patristici. Per il primo gruppo, oltre al Protovangelo di Giacomo di cui abbiamo parlato poc’anzi, i riferimenti in termini dottrinali e teologici sono scarni e frammentari; dal Vangelo degli Ebrei, in uso presso i gruppi di giudeocristiani, venne indicata in Maria una forza materializzatasi sulla Terra che presso Dio era chiamata Michele[14] mentre nel Vangelo gnostico di Filippo, ritrovato a Nag Hammadi, è Gesù stesso a indicare lo Spirito Santo come sua madre[15].

Questa lettura è ugualmente in diffusa in altre opere apocrife come gli Atti di Paolo, un’opera di cui sappiamo, tramite la testimonianza di Tertulliano, che fu scritta da un presbitero dell’Asia Minore in onore di Paolo e smascherato proprio dallo stesso apologeta cartaginese[16]. In questa versione apocrifa degli Atti è Paolo stesso che, rispondendo al suo interlocutore, parla di uno spirito di potenza inviato nella carne, cioè in Maria, la cui figura viene resa trascendentale[17]. Al netto di questi vari flussi di trasmissione delle tradizioni, possiamo ipotizzare come, nelle comunità protocristiane, l’opinione sul ruolo di Maria fosse frammentario e basato sull’interpretazione individuale del singolo gruppo cristiano.

Per trovare delle prime forme embrionali di dogma dobbiamo attendere Ignazio di Antiochia (35-107) che nella sua Lettera agli Efesini specificò per primo come il concepimento di Gesù, come il suo parto e la sua morte, fossero misteri avvolti nel silenzio di Dio[18]. Questo mistero venne esplicitato da Giustino Martire (100-167) il quale, nelle sue Apologie, provò a mostrare ai greci la novità della filiazione divina di Dio. Nella prima Apologia infatti egli spiegò che come Zeus ebbe figli allo stesso modo Dio generò Gesù Cristo ma, al contrario della divinità olimpica, la sua fu una generazione speciale dal Logos e concepito da una vergine[19].

Sempre Giustino, nel suo Dialogo con Trifone, formulò per primo la contrapposizione tra Eva, donna a cui fu imputata l’origine del peccato originale, e Maria, il cui ruolo salvifico provocato dalla sua totale obbedienza nel mistero divino[20]. Giustino fu seguito da Ireneo di Lione (130-202), che nel suo Adversus Haereses inserì il medesimo dualismo accanto a quello Adamo/Gesù a completamento della concinnitas di ciceroniana memoria che aveva assunto la storia universale nell’ottica cristiana[21].

A partire dal III secolo in particolare (e come abbiamo visto anche in relazione al Protovangelo di Giacomo) i Padri dovettero affrontare le critiche mosse alla verginità di Maria al concepimento e dopo il parto di Gesù. Fu proprio Origene (185-254) recuperando le accuse di Celso, a difendere la madre di Gesù dalle accuse di aver millantato un concepimento verginale per coprire un presunto tradimento. Origene e quindi anche Celso dimostrarono qui di conoscere bene le opere polemiche ebraiche e gnostiche che parlavano di un tradimento di Maria ai danni del marito Giuseppe con un soldato romano di nome Pantera[22].

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Cippo di Tiberius Giulius Abdes Pantera – Museo di Bad Kreuznach (Renania) ©

Queste critiche non erano affatto nuove, anche i primi gnostici infatti, in particolare Simon Mago, sostenevano che Gesù non fosse concepito divinamente ma che fosse proprio figlio di Giuseppe secondo la carne[23]; questa critica fu affrontata anche da Clemente alessandrino (150-215) che nei suoi Stromateis riaffermò con forza il mistero della verginità integrale di Maria[24]. Queste citate sono ovviamente solo alcune delle affermazioni dei Padri, nel corso dei primi secoli di vita del cristianesimo; tuttavia, esse sono sufficienti per affermare come le posizioni delle parti in gioco furono tutt’altro che prive di polemiche dato che molti, alla luce di interpretazioni esegetiche opposte rispetto a quello dei Padri, non accettavano il ruolo centrale della figura di Maria.

Il Concilio di Efeso come spartiacque e il dogma contemporaneo

Dopo questo dibattito secolare, le posizioni avverse al riconoscimento dell’importanza di Maria nella nascente Chiesa cattolica sembrarono sparire in modo direttamente proporzionale al riconoscimento come religione ufficiale da parte dell’Impero Romano. La figura di Maria iniziò così un processo sincretistico con il mondo pagano che portò all’accentramento su di lei di caratteristiche tipiche di altre “divinità pagane come Ishtar, Iside, Cibele e la Regina del cielo, alla quale le stesse donne ebree avevano tributato la onori idolatrici”[25].

A partire dal IV secolo, Maria e la sua immagine di donna salvifica e unificatrice delle comunità cristiane iniziò a divenire un fenomeno trasversale, testimoniato dalla circolazione delle cosiddette Madonne nere, diffuse in tutta Europa. Dal punto di vista dogmatico fu centrale nello stabilimento di una posizione unica su Maria il Concilio di Efeso (431)[26]. Nel 428 infatti Nestorio (381-435), arcivescovo di Costantinopoli di origine siriaca, aveva concentrato la sua predicazione sostenendo che Cristo avesse due nature, una divina e una umana. Se Gesù però fosse figlio di Dio, Maria sarebbe stata anche Madre di Dio (Θεοτόκος). Nestorio sosteneva quindi la teoria difisita, una concreta separazione tra il Verbo incarnato (λόγος) e Gesù come Uomo. Come sostiene Sesbouè, il titolo di Madre di Dio “acquista un valore simbolico di un vessillo di adesione a favore o contro Nestorio”[27].

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He Kémisis – Dormizione di Maria, byzantino/veneziano ca. 1280 ©

La risposta a Nestorio avvenne a Efeso non sotto forma di formulazione ma attraverso la risposta di Cirillo d’Alessandria (370-444) che confermò come Gesù abbia “fatto suo il nostro corpo, è stato generato come un uomo da una donna, senza rinunciare alla sua divinità né alla generazione dal Padre […] Perciò essi non dubitarono di chiamare Madre di Dio la santa Vergine […]”[28]. La questione mariana tornò poi alla ribalta con Pelagio (360-420), religioso di origine britannica che sostenne come Maria aveva scelto liberamente di rifiutare il peccato originale, utilizzando le piene facoltà della natura umana[29]. Contro di lui intervenne Agostino d’Ippona (354-430) che ribadì che la scelta della donna non fu dovuta ad una sua prerogativa quanto piuttosto ad un privilegio assegnatole; ella, per quanto santa, fu raggiunta dal peccato nonostante fosse santa finché non ebbe la grazia della rigenerazione attraverso il compito di concepire e generare, attraverso Dio, Gesù[30].

Tralasciando in questa sede il lunghissimo e interessante sulla corruzione del corpo di Maria legata alla morte e il problema dell’Assunzione[31], tutto questo lungo dibattito che in questa sede abbiamo cercato di tracciare brevemente toccando solo alcuni punti si definì soltanto nel 1854 quando Pio IX (1792-1878), seguendo la traccia del Concilio di Basilea (1439) che aveva a sua volta accettato la formulazione teologica di Duns Scoto (1266-1308)[32], che l’Immacolata Concezione e la purezza di Maria diveniva ufficialmente dottrina della Chiesa cattolica e celebrata appunto ogni anno l’otto di dicembre[33].

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Illustrazione di Pelagio – Avvenire.it ©

Note al testo

[1] Cfr. A. Destro, M. Pesce, Antropologia delle origini cristiane, Roma-Bari 2008, pp. 3-4.
[2] Cfr. A. Destro, M. Pesce, Antropologia delle origini cristiane, Roma-Bari 2008, pp. 5-6.
[3] Cfr. anche 1Rom., 1, 3: […] περὶ τοῦ υἱοῦ αὐτοῦ, τοῦ γενομένου ἐκ σπέρματος Δαυὶδ κατὰ σάρκα/ per il figlio (di Dio) nato dalla stirpe di Davide, secondo la carne.
[4] Cfr. At. 1, 4: οὗτοι πάντες ἦσαν προσκαρτεροῦντες ὁμοθυμαδὸν τῇ προσευχῇ σὺν γυναιξὶν καὶ Μαριὰμ τῇ μητρὶ τοῦ Ἰησοῦ καὶ σὺν τοῖς ἀδελφοῖς αὐτοῦ. Allo stesso modo la troveremo tra coloro su cui scenderà lo Spirito in At. 2, 1-4.
[5] Cfr. E. Lupieri, Giovanni e Gesù, storia di un antagonismo, Roma 2013.
[6] Cfr. A. Valerio, Maria di Nazareth, storia, tradizioni e dogmi, Bologna 2017, p. 21.
[7] Si vedano i seguenti passi; circoncisione di Gesù (Lc. 2, 21) e presentazione al Tempio (Lc. 2, 22).
[8] Cfr. A. Valerio, Maria di Nazareth, storia, tradizioni e dogmi, Bologna 2017, p. 26. Lo stesso termine si ritrova nel passo successivo di Giovanni.
[9] Cfr. Gv, 19, 26: Iησοῦς οὖν ἰδὼν τὴν μητέρα καὶ τὸν μαθητὴν παρεστῶτα ὃν ἠγάπα, λέγει τῇ μητρί “Γύναι, ἴδε ὁ υἱός σου.” 27εἶτα λέγει τῷ μαθητῇ “Ἴδε ἡ μήτηρ σου.”
[10] Per questa teoria si veda R. Brown, Maria nel Nuovo Testamento, Assisi 1985, pp. 234-235.
[11] Cfr. R. Schnackenburg, Commentario teologico del Nuovo Testamento, il Vangelo di Giovanni, Vol. III, Brescia 1981, pp.453-454.
[12] Protovangelo di Giacomo, 19, 3-20, in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. I, Torino 1971, p. 84.
[13] Quelli a cui fa riferimento A. Valerio, op.cit., p. 32 sono il Libro del Riposo etiopico e il Transito Siriaco, in cui Maria discese agli Inferi e intercesse per i dannati.
[14] Vangelo degli Ebrei, 3 in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. I, Torino 1971, p. 374.
[15] Gospel of Phillip, in NHS, 55, 23-33, San Francisco 2009, p. 217.
[16] Cfr. Tertulliano, De Baptismo, XVII, 5: quod si quae Acta Pauli, quae perperam scripta sunt, exemplum Theclae ad licentiam mulierum docendi tinguendique defendant, sciant in Asia presbyterum qui eam scripturam construxit, quasi titulo Pauli de suo cumulans, convictum atque confessum id se amore Pauli fecisse loco decessisse. quam enim fidei proximum videtur ut is docendi et tinguendi daret feminae potestatem qui ne discere quidem constanter mulieri permisit? Taceant, inquit, et domi viros suos consulant.
[17] Cfr. Acta Pauli, 8 in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. II, Torino 1971, p. 1123.
[18] Cfr. Ignazio di Antiochia, Agli Efesini, 19, 1 e 18,2 dove in particolare rileva come Gesù fu concepito nel grembo di Maria contemporaneamente dal seme di David e dallo Spirito Santo.
[19] Cfr. Giustino, Apologie, I, 21,1; 22,5; 46,5.
[20] Cfr. Giustino, Tripho., 100.
[21] Ireneo di Lione, Adversus Haereses, III 21,1 che scrisse in polemica contro le polemiche di giudeocristiani e ebrei sulla nascita di Cristo. Essi utilizzavano nel loro vangelo il sostantivo νεᾶνις, che significa fanciulla in generale mentre nei canonici si utilizzava la parola greca vergine παρθένος. Sulla base di questa differenza filologica si consumava il dibattito tra Padri e sette giudeocristiane.
[22] Nelle Toledoth è a volte è riferito come Ben Pandera, non soldato romano ma semplicemente un giudeo poco ortodosso. Per il passo di Origene si veda Contra Celsum, I, 28, 32, 39.
[23] Atti di Pietro, 23, 4, 24, 1,2, in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. II, Torino 1971, pp.1010-1011.
[24] Cfr. Clemente Alessadrino, Stromateis, 7.16 93, 7- 7.16 94, 2: Ἀλλ’, ὡς ἔοικεν, τοῖς πολλοῖς καὶ μέχρι νῦν δοκεῖ ἡ Μαριὰμ λεχὼ εἶναι διὰ τὴν τοῦ παιδίου γέννησιν, οὐκ οὖσα λεχώ (καὶ γὰρ μετὰ τὸ τεκεῖν αὐτὴν μαιωθεῖσάν φασί τινες παρθένον εὑρεθῆναι)· τοιαῦται δ’ ἡμῖν αἱ κυριακαὶ γραφαί, τὴν ἀλήθειαν ἀποτίκτουσαι καὶ μένουσαι παρθένοι μετὰ τῆς ἐπικρύψεως τῶν τῆς ἀληθείας μυστη7.16.94.2 ρίων. τέτοκεν καὶ οὐ τέτοκεν, φησὶν ἡ γραφή, ὡς ἂν ἐξ αὑτῆς (…). ἐπικρύψεως τῶν τῆς ἀληθείας μυστη7.16.94.2 ρίων. τέτοκεν καὶ οὐ τέτοκεν, φησὶν ἡ γραφή, ὡς ἂν ἐξ αὑτῆς,
[25] Cfr. A. Valerio, op.cit., pp.39-40.
[26] Per le decisioni del Concilio di Efesio, convocato dall’imperatore d Teodosio II dal 22 giugno al 31 luglio 431 si veda Decisioni dei Concili Ecumenici, a cura di G. Alberigo, Torino 2013, p. 114.
[27] Cfr. B. Sesboué, Storia dei Dogmi, I segni della Salvezza, Vol. III, Casale Monferrato 1998, p.491.
[28] Seconda lettera di Cirillo a Nestorio, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura dell’Istituto per le Scienze Religiose, Bologna 1991.
[29] Cfr. B. Sesboué, op. cit., pp.514-515.
[30] Cfr. Agostino, Natura e Grazia, 36, 42, Tomo I, in Natura e Grazia, a cura di I. Volpi, Roma 1981: Non assegniamo Maria al diavolo per la condizione del nascere ma per questo: perché la stessa condizione del nascere è risolta attraverso la grazia del rinascere.
[31] Fu Pio XII (1876-1958): emanò la costituzione apostolica Munificentissimus Deus in cui dichiarò dogma l’assunzione di Maria (1950).
[32] Egli sostenne che Maria era stata redenta dal peccato originale dalla morte di Cristo in croce, che aveva agito su di Lei in previsione dei meriti del Figlio.
[33] Bolla Ineffabilis Deus, in Enchiridion Symbolorum, definitionum er declamationum de rebus fidei et morum, Bologna 1991: dichiariamo, pronunziamo e definiamo: la dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio del Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia del peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli.

Bibliografia

🏺 Tertulliano, De Baptismo
🏺 Ignazio di Antiochia, Agli Efesini
🏺 Giustino, Apologie
🏺 Ireneo di Lione, Adversus Haereses
🏺 Clemente Alessadrino, Stromateis
📖 A. Destro, M. Pesce, Antropologia delle origini cristiane, Laterza, 2008
📖 E. Lupieri, Giovanni e Gesù, storia di un antagonismo, Carocci Editore, 2013
📖 A. Valerio, Maria di Nazareth, storia, tradizioni e dogmi, Il Mulino, 2017
📖 L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. I, Utet, 1971
📖 B. Sesboué, Storia dei Dogmi, I segni della Salvezza, Vol. III, Piemme, 1998

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a cura di

Pietro Giannetti

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