Al Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona è esposto uno dei reperti più celebri della civiltà picena, la Testa di Guerriero in pietra calcarea locale, rinvenuta fortuitamente nel 1892 a Ripe di S. Anna presso Numana. L’imponente reperto che costituisce una scoperta eccezionale nell’ambito della statuaria delle regioni adriatiche, viene datato tra la metà e la fine del VII secolo a.C.
La testa con un’altezza di 45 cm apparteneva ad una statua monumentale, di dimensioni superiori al naturale e della quale non sono state recuperate altre parti del corpo. Questa viene interpretata come il segnacolo di una tomba sicuramente appartenente ad un uomo di alto rango, un capo-guerriero il cui ruolo è testimoniato dalla presenza dell’elmo sopra la testa, segno indiscusso di distinzione sociale e identificazione del ruolo che il defunto aveva ricoperto in vita.
Da un punto di vista stilistico, mentre il collo e il volto presentano dei tratti molto imponenti, i dettagli del viso appaiono invece molto piccoli e particolarmente ristretti nella parte centrale. Gli occhi sono di forma rotonda, caratterizzati da una pupilla realizzata con un punto e la bocca presenta una piccola fessura. Il naso, purtroppo non ben conservato, presenta anch’esso dimensioni ridotte.
L’elmo è del tipo a calotta crestato e presenta delle decorazioni incise: un motivo a meandri sul bordo dell’elmo e una decorazione a zig-zag su quello che rimane della cresta nella parte posteriore. Interessante è la raffigurazione del cinturino che permetteva di bloccare l’elmo, da sotto la calotta attraverso i lati del volto passava sotto il mento, impreziosito anch’esso con decorazione incisa a spina di pesce. Nella parte posteriore invece sulla nuca, due linee incise identificano la presenza di un para nuca che doveva essere in altro materiale, il cuoio. Materiale che doveva costituire anche il rivestimento interno della calotta come testimoniato anche dall’importante spessore dell’elmo.
La conformazione della testa e i tratti del volto così particolari non possono non confermare in quest’opera una chiara influenza locale, che possiamo descrivere come “documento di arte tardo orientalizzante… da addebitare allo scultore piceno e alla sua sensibilità italica .” (G. Colonna)