Inizialmente molti studiosi non concepivano il sumero come una lingua propria: era infatti assimilato ad un gioco scribale o ad una primordiale forma di crittografia. Queste ipotesi sono venute meno solo quando sono stati scoperti ampi archivi contenenti esclusivamente testi scritti in sumero.
Il dubbio non era sorto per caso: la lingua sumerica presenta notevoli differenze rispetto ai gruppi linguistici come il semitico e l’indoeuropeo e viene considerata una lingua isolata per la filogenesi. La lingua sumerica è definita dagli esperti di linguistica come una lingua agglutinante. Nelle lingue agglutinanti le parole sono costituite da una radice, alla quale vengono aggiunti prefissi o suffissi per esprimere categorie grammaticali diverse, come genere, numero o tempo verbale.
Viene definita anche ergativa: nelle lingue ergative non si assiste ad una distinzione morfologica tra soggetto e oggetto. Fu identificata grazie ad alcuni testi rinvenuti nelle biblioteche reali di Ninive e risalenti al VII secolo a.C.: questi riportavano iscrizioni bilingui in sumero e accadico.
Caratteristico della lingua sumerica è l’uso di sole quattro vocali: a, e, i, u. Presenta inoltre due semivocali, w e y, e solamente queste consonanti: b, d, g, k, l, m, n, p, r, s, t, z, h (dura), g (nasalizzata) e s (come la sc– di scettro). Gli scribi utilizzavano anche alcune chiavi di decifrazione, marcando per mezzo di segni le diverse categorie di oggetti.
Di seguito riportiamo alcuni esempi:
- gis: prefisso per gli oggetti in legno;
- na: prefisso per gli oggetti in pietra;
- urudu: prefisso per gli oggetti in rame.
Il sumerico fu sostituito dall’accadico come lingua parlata a partire dal 2000 a.C. circa, ma il suo uso fu perpetrato come lingua sacra di carattere cerimoniale e scientifico, almeno fino al I secolo d.C.