L’attuale festa dell’Epifania (dal greco ἐπιφαίνω che significa rivelare) indica appunto il momento in cui Gesù di Nazareth, secondo la dottrina della Chiesa cattolica, viene universalmente riconosciuto come Messia. La festa ufficiale cade proprio il 6 di gennaio che, come vedremo, è una data che ricorre nelle fonti. Come da dottrina ecclesiastica, l’Epifania è “la manifestazione di Gesù come Messia d’Israele, Figlio di Dio e Salvatore del mondo”[1]. Secondo la tradizione, oramai acquisita dall’iconografia classica del presepe, dopo i pastori vennero dall’Oriente tre Re Magi ad adorare il Bambino, riconoscendo in lui non solo il Re dei Giudei ma quello delle nazioni. La Chiesa cattolica poi, fornendo un significato allegorico ai Magi, ritiene che la loro venuta stia “a significare che i pagani non possono riconoscere Gesù e adorarlo come Messia, Figlio di Dio e Salvatore del mondo se non volgendosi ai Giudei e ricevendo da loro la promessa messianica quale è contenuta nell’Antico Testamento”[2]. La tradizione successiva stabilì successivamente il numero dei Magi e anche i loro nomi, Gasparre, Melchiorre e Baldassarre che, come vedremo, non trovano riscontro nei testi evangelici. Alla luce di questa ricostruzione dottrinale e dogmatica, tenteremo in questa sede di analizzare storicamente i passi neotestamentari che parlano nei Magi e la letteratura successiva che ne ha influenzato la ricezione in tutto il mondo cristiano e non solo. Sebbene sia evidente che il fatto narrato sia difficilmente riconducibile ad un evento realmente avvenuto, lo studio della vicenda permette di ricavare utili indicazioni sulla nascita delle attuali rappresentazioni della Natività.

I Magi dall’Antichità ai Padri della Chiesa, un profilo storico filologico
La prima e unica comparsa nel Nuovo Testamento ascrivibile ai Magi è contenuta nel versetto due di Matteo, all’interno dei racconti dell’Infanzia di Gesù, ripresi anche dai testi apocrifi come il Protovangelo di Giacomo[3]. Poco dopo la sua nascita a Betlemme di Giudea infatti, secondo il racconto matteano, giunsero dall’Oriente alcuni “uomini sapienti” che, seguendo una stella, cercavano il re dei Giudei (Mt. 2, 1-2)[4]. I dottori della Legge, interrogati da Erode[5] (Mt. 2, 3-5), spiegano ad Erode che il Messia sarebbe dovuto provenire proprio a Betlemme come indicato da Michea 5, 1 e parafrasato dallo stesso Matteo (2, 6). I Magi, seguendo la stella (dal greco ἄστρον) che era apparsa loro in Oriente, arrivarono nei pressi della casa (οἰκία in greco) in cui stava il bambino appena nato (Mt. 2, 9-10). Dopo aver deposto presso il luogo in cui giaceva l’infante i doni regali (i famosi oro, incenso e mirra), avvertiti da Dio di non tornare dal re Erode, i sapienti tornarono al loro paese. Questo passo di Matteo ha l’obiettivo di affermare la natura messianica del nascituro, come i profeti hanno evidenziato in passato; nel racconto di Num. 24, 17 l’indovino Baalam profetizzò per Israele l’avvento di “un astro tra i discendenti di Giacobbe, un sorge un sovrano in mezzo al popolo di Israele”[6]. Tornando ai nostri Re Magi però, il racconto evangelico fornisce scarne indicazioni su questi personaggi di cui si sa esclusivamente che provenissero dall’Oriente (dal greco ἀνατολή, Oriente), probabilmente da luoghi come Persia, Siria orientale o Arabia[7]. Nel testo evangelico essi non vengano affatto connotati con tratti regali; il testo di Matteo utilizza per essere il termine plurale μάγοι (reso in italiano come “uomini sapienti” dalla Bibbia interconfessionale). Il testo apocrifo dell’Infanzia del Salvatore[8](Cod. Arundel e Hereford 0.3.9), probabilmente preesistente a quello dello Pseudo Matteo e influenzato dall’eresia docetista, fornisce invece un ritratto molto più dettagliato dei Magi. Scorrendo il testo[9], durante un discorso attribuito a Giuseppe, questi descrisse i Magi come forestieri con veste amplissima e scura, berretti frigi e gambali (sarabare) tipicamente orientali; giunti alla grotta, essi gli dissero di aver studiato nei libri antichi la profezia della Stella e che questa li aveva condotti lì. Un altro dettaglio che aggiunge il testo è che Erode diede ai Magi il suo diadema e l’anello regale, donatogli dal re dei Persiani, affinché lo offrissero in sua vece al neonato Messia. Dopoché i Magi furono entrati nella grotta, Simone, il primo figlio di Giuseppe, tenne d’occhio per conto del padre i nuovi venuti che adoravano il Bambino alla “maniera barbara”. Avvisando il padre dei doni e dei tesori che gli stranieri avevano portato in regalo, sempre scorrendo il testo, Giuseppe fu felice del fatto che questi stranieri avessero “fatto molto bene a non baciare gratis il bambino, come quei nostri pastori che vennero qui senza doni”[10] (sic!). Il racconto si concluse poi con i Magi che, rivelandosi profondi conoscitori delle Scritture e possedendo loro testi ancora più antichi che avevano rivelato loro il prodigio della stella e la nascita del salvatore, diedero doni ingenti anche a Maria e Giuseppe e, avvisati dall’angelo di non tornare da Erode, presero la strada di casa[11]. Una lieve digressione sulla natura di questo segno miracoloso è doverosa per capire l’iconografia cristiana, in cui la stella diventa una cometa, termine che sembra non comparire in alcuna fonte antica. Ovviamente le ipotesi in tal senso devono ritenersi del tutto ipotetiche, dato il ventaglio di opzioni; certamente la descrizione virgiliana della stella potrebbe avere, in un contesto di sincretismo religioso come quello dei primi due secoli dopo Cristo, influenzato in qualche modo l’iconografia cristiana[12]. La definitiva trasformazione in cometa fu compiuta da Giotto con l’arcinota raffigurazione della natività nella Cappella degli Scrovegni nei primi anni del Trecento, dipingendo proprio la cometa di Halley che aveva attraversato i cieli europei nell’ottobre del 1301[13]. Tuttavia, gli astronomi non hanno ravvisato alcun passaggio di comete per il periodo in cui nacque Gesù ma soltanto una congiunzione planetaria tra Giove e Saturno, che avrebbe potuto generare un effetto simile, avvenuta per ben tre volte nel corso del 7 a.C.; che fosse questa la cometa dei Magi?[14].

Tornando alle questioni storico-filologiche, per scovare notizie più antiche su questi personaggi è necessario però un passo indietro e considerare testi estranei alla tradizione cristiana. Lo storico greco Erodoto (V secolo a.C.), nelle sue Storie,trattò dei Magi svariate volte indicandoli come una delle tribù dei Medi che il sovrano Deioce spinse alla rivolta contro gli Assiri (VIII secolo a. C.)[15] che acquisì nel tempo capacità divinatorie e di interpretare i sogni[16]. Sempre in Erodoto, ritroviamo i Magi indicati come casta sacerdotale che praticava sacrifici cruenti, uccidendo qualsiasi essere vivente (esclusi l’uomo e il cane) con particolare accanimento verso formiche e serpenti[17]. Questi particolari elementi hanno permesso di supporre che essi fossero seguaci dello Zoroastrismo/Mazdeismo, che appunto venerava i cani come animali sacri e perseguiva invece serpenti e formiche[18]. A conferma di questo rapporto tra i Magi del testo evangelico e il credo di Zarathustra si può collocare anche il Vangelo arabo dell’Infanzia, un apocrifo (giuntoci in arabo, siriaco e copto datato al VI secolo d.C.), in uso presso i nestoriani e in generale l’ambiente siriaco. Il testo, intriso di racconti mirabolanti sull’infanzia di Gesù, riporta una serie di spunti utili alla nostra ricerca, come il fatto che i Magi sarebbero giunti a Gerusalemme come predetto da Zeradusht[19] (Zarathustra) ottenendo in dono una fascia appartenente a Maria. Il testo aggiunge poi che i sapienti, tornati nella loro terra recando con loro la preziosa fascia, celebrarono una festa durante la quale a fini di adorazione, gettarono nel fuoco la fascia che non bruciò miracolosamente; da quel momento essi, colpiti dal miracolo, custodirono la preziosa reliquia come uno dei tesori più grandi[20]. Alla luce di tutto questo sembra lecito supporre dunque che in Oriente, in un’area compresa tra Siria e Armenia e Caldea, tra VI e IX secolo, si sviluppò la leggenda dei Magi[21]. Proprio per quanto riguarda l’Armenia, il Vangelo armeno dell’Infanzia, databile al V secolo d.C. conosciuto dagli studiosi solo alla fine del Novecento[22], rappresenta una delle fonti principali di tutte le notizie successive sui Magi e anche le più dettagliate. Secondo questo testo costoro, giunti a Gerusalemme il 9 di gennaio, tre giorni dopo la venuta dei pastori[23] comparvero per la prima volta con una connotazione regale[24] e nel numero di tre. Il testo, oltre a sostenere che i tre fossero fratelli, attestò anche i loro nomi[25]: Melkon, re dei Persiani, Gaspar, re degli Indi e Balthasar, re degli Arabi. Al contrario dello sparuto gruppetto del vangelo canonico di Matteo, i Re vennero qui accompagnati da dodici comandanti e dodicimila cavalieri, avvertiti però dallo Spirito Santo dell’avvento del Messia. I doni che essi recano con sé sono però molto diversi dai tre classici, in quanto Melkon recava con sé mirra, aloe, mussolina, porpora, pezze di lino e libri sigillati dalle mani di Dio; Gaspar invece offriva al neonato nardo, mirra, cannella, cinnamomo, incenso e profumi; infine, Balthasar chiudeva la parata di doni con donativi in oro, argento, pietre preziose, zaffiri e perle[26]. Il tema della valenza dei doni, oltre a rimandare nuovamente all’origine orientale dei Magi, ha suscitato grandi riflessioni tra i primi padri e la successiva esegetica cristiana. L’attuale dottrina riflette la riflessione di Ireneo di Lione (130-202) il quale analizzando il testo di Matteo sostenne che l’oro indicasse la regalità di Gesù, la mirra l’umanità stessa della sua persona e l’incenso la sua natura divina[27].

Giunti dal re Erode per avere informazioni su dove trovare il Bambino, il testo prosegue con la spiegazione dell’origine della profezia che aveva attirato in Giudea i sovrani orientali: essi erano in possesso di una profezia, scritta direttamente da Dio, affidata al figlio di Adamo, Seth e giunta poi in Persia dal re Ciro per mano del sommo sacerdote Melchisedec[28]. Erode, dopo aver tentato di trattenere in loco i sovrani stranieri, dovette desistere dopoché il suo palazzo fu scosso da un forte terremoto che impaurì persino il figlio Archelao[29]. I tratti gnostici di questo testo apocrifo emergono ancora successivamente quando Melkon, secondo quanto sostenuto dall’autore sconosciuto, decise di affidare il testo al neonato Messia anziché agli Ebrei essendo già a conoscenza del fatto che lo avrebbero crocifisso[30]. Atteso dunque l’avvento del bambino a Betlemme i Magi, cambiarono strada ma un tale, di nome Begor, avvisò Erode del fatto e questi, accecato dall’ira, ordinò la famigerata Strage degli Innocenti[31]. Tralasciando ora questo elemento truculento ma storicamente molto dubbio, tutti questi elementi circa l’origine caldea dei Magi e la loro esistenza sotto i Babilonesi sembrano attestate anche nell’Antico Testamento, specialmente nel libro di Daniele nella versione greca dei Settanta (II secolo a.C.) con il termine μάγοι/Magi si faceva riferimento a quegli indovini che a Babilonia, durante il regno di Nabucodonosor II (634-562 a.C.), si occupavano di interpretare i sogni del sovrano in quanto esperti di arti magiche[32]. Filone Alessandrino, che visse nel I secolo, riportò come i Magi persiani, probabilmente con riferimento ad Erodoto fossero degni di rispetto, distinguendoli dai ciarlatani[33]. Possiamo notare dunque una dicotomia del termine stesso, che assumeva valenza tutto sommato positiva nei testi greci mentre in quelli di influenza giudaica veniva espresso in concezione negativa. In tal senso, come si vede in At. 8, 9-25 dove viene narrato la vicenda di Simon Mago, un personaggio molto ammirato in Samaria che appunta esercitava arti magiche (il verbo utilizzato è il greco μαγεύω, che contiene il termine del nome Magi) viene scacciato malamente da Pietro e gli Apostoli. Come suggerito da Brown, la scelta di Matteo di far rivelare ai Magi la natura divina e messianica di Gesù potrebbe essere interpretata come il fatto che la magia e l’esoterismo in generale si inchinavano alla grandezza del Salvatore[34]. Questo riferimento della sottomissione della magia a Gesù potrebbe essere un sintomo di rispondere alle molte critiche provenienti dal mondo pagano ed ebraico sulle accuse di praticare la Magia rivolte a Gesù[35] e anche di rispondere a diverse istanze esoteriche presenti nello gnosticismo cristiano. Anche i primi esegeti cristiani, come Giustino, ci forniscono indicazioni sulla provenienza dei sapienti che andarono ad adorare il bambino a Betlemme; essi sarebbero stati provenienti dall’Arabia e il neonato Messia operò indirettamente su di essi la sua azione salvifica, liberandoli dalla cattiva influenza del demonio e le arti magiche a lui riferite[36]. Tutte queste testimonianze che abbiamo raccolto dimostrerebbero quindi, almeno dalla fase più antica a quella tardo-antica, di provenire da un clima osmotico in cui si confrontavano e influenzavano reciprocamente credenze mazdaiche, gnostico-mithraistiche e giudeocristiane[37].

I Magi nella Storia successiva
Alla luce di alcune testimonianze evidenziate nella parte precedente, possiamo dunque tirare alcune somme sui Magi, ad esempio che provenissero dall’Oriente (Arabia, Persia, Africa, India, Caldea) e che possedessero poteri divinatori e conoscenza delle arti magiche. La natura della stella, il numero dei Magi che visitarono la casa/grotta di Gesù, il tipo di doni portati sono invece dati variabili in base alle fonti, come ovviamente i nomi e il giorno preciso dell’avvento di questi personaggi che ci sono tanto noti quanto poco ne conosciamo realmente la Storia. A partire dal Medioevo, la storia dei Magi è stata acquisita come parte integrante del cristianesimo ed è divenuta oggetto di dibattito di moltissime opere letterarie, artistiche di vario tipo. Ci concentreremo qui in questa sede, molto brevemente, sul tema delle reliquie e quello della “Storia dei Magi” di Giovanni da Hildesheim.

Il tema delle reliquie fu una questione fondamentale per tutto il Medioevo e il traffico di questi presunti manufatti sacri generò un vero e proprio vortice di interessi economici e religiosi. Il ritrovamento e la traslazione delle reliquie dei Magi dall’Oriente a Costantinopoli sono ovviamente racconti leggendari, secondo cui Elena, la madre di Costantino, portò a Costantinopoli (oltre a vari reperti) anche i corpi dei Magi[38], da lì a loro volta trasportati a Milano dal vescovo di nome Eustorgio e posti nella basilica omonima[39]. Non sappiamo al momento quante reliquie attribuite ai Magi circolassero nel Medioevo, tuttavia pare che non fossero esemplari circoscritti ad un’area geografica; in tal senso infatti non stupisce che Marco Polo, attraversando la Persia e in particolare una città denominata Sabba, attorno al 1270 trovò una tomba dei sapienti che adorarono Gesù con ancora i loro corpi intatti[40]. Nonostante questa testimonianza, le ossa dei Magi custodite a Milano erano divenute proprietà dell’imperatore Federico Barbarossa che, nel 1164, le aveva ricevute in dono dall’arcivescovo di Colonia dopo aver distrutto la chiesa milanese che le custodiva[41]. Il papa Innocenzo IV certificò nel 1245 la veridicità delle reliquie milanesi finite poi nelle mani dell’imperatore tedesco, decretando una remissione di quaranta giorni di permanenza nel Purgatorio per chi le avesse venerate[42]; il ritrovamento di Marco Polo tuttavia rimetteva in discussione tutto. Nonostante tutto ciò, le reliquie milanesi godettero di enorme fama e nel 1904 vennero riconsegnata alla basilica milanese di Sant’Eustorgio dove tutt’ora risiedono.

Infine, un ultimo approfondimento va dedicato all’opera di Giovanni da Hildesheim (1310-1375) un monaco carmelitano che scrisse una Storia dei Magi per celebrare la traslazione delle reliquie loro attribuite in Germania. Questo testo, tradotto anche in italiano[43], presenta una summa di quanto abbiamo raccolto in questo brevissimo profilo sui Magi; la sua diffusione capillare ha reso universale il racconto arricchito dell’Adorazione, riproponendo al pubblico anche alcune riflessioni dei padri. In esso possiamo ad esempio rilevare una variante per i nomi e i titoli regali dei Magi e dettagli aggiuntivi sulla loro sosta a Gerusalemme; Melchiar, re di Persia, Balthasar, re di Gondolia e Saba, Jaspar l’etiope, re di Tharsis e Egriseula[44]. Essi, arrivati alla spicciolata a Gerusalemme sotto una fitta nebbia, sostarono presso i luoghi che diverranno sacri per i cristiani[45] come il Calvario, Monte degli Ulivi. Il testo offre poi un’interpretazione leggermente diversa dei tre doni dei Magi. Secondo l’autore, che cita Fulgenzio di Ruspe[46] (468-533), l’offerta triplice in oro, incenso e mirra erano specchio della natura trinitaria di Dio e i doni rappresentavano rispettivamente il tributo, il sacrificio e la sepoltura dei morti[47]. L’oro di Melchiar era suddiviso in trenta danari d’oro e un pomo d’oro, creato con in forma sferica con i tributi raccolti da tutto il suo regno per dimostrare che il potere del Bambino avrebbe abbracciato il globo. Un’ultima considerazione filologica riguarda l’origine del termine Magi, la cui accezione negativa deriverebbe secondo l’autore dal fatto che i Giudei volessero screditarli alla luce della rivelazione divina che avevano ottenuto in loro vece. Il termine corretto sarebbe in greco μαγυσαιος (μαγυσαιοι al plurale, in italiano traslitterato magusei) che il monaco, attaccando gli ebrei secondo quell’antigiudaismo che pervadeva il cristianesimo sin dai primordi, utilizzò per spiegare la variante linguistica subita dalla parola nel corso della Storia[48].

Note al testo
[1] Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, Parte I, Sez. II, p. 528, a cura di R. Fisichella, Città del Vaticano 2012, p. 157.
[2] Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, Parte I, Sez. II, par. 528, a cura di R. Fisichella, Città del Vaticano 2012, pp.157-158.
[3] Cfr. Prot. 21, 1-4 in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. I, Torino 1971, p. 85 in cui si parla per la prima volta di grotta anziché di casa dove luogo in cui nacque Gesù. La grotta richiamerebbe in qualche modo il culto di Mithra.
[4] Nel Vangelo dello Pseudo Matteo, un apocrifo datato tra il IV e VI secolo d.C., i Magi arrivarono dopo due anni dalla nascita di Gesù. Oltre ai classici doni, secondo questo testo essi offrirono una moneta d’oro ciascuno al bambino; per il passo si veda Vangelo dello Pseudo Matteo, 16, 1-2in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. I, p. 219.
[5] Erode il Grande, vassallo di Roma, che regnò in Giudea tra il 37 a.C. e il 4 d.C. Nel racconto evangelico Erode cerca di carpire ai Magi l’esatta ubicazione del nascituro in modo da eliminarlo affinché non attentasse al suo trono.
[6] Cfr. R. Brown, J. Fitzmyer, R. E. Murphy, Nuovo grande commentario biblico, Brescia 2002, p. 828 il quale afferma che anche nei Targumin Onqelos e Gerosolimitano la stella acquisiva valenza messianica.
[7] Per questa ipotesi si veda R. Brown, J. Fitzmyer, R. E. Murphy, Nuovo grande commentario biblico, Brescia 2002, p. 828.
[8] Cfr. F. Cardini, I Re Magi: Leggenda cristiana e mito pagano tra Oriente e Occidente, Venezia 2017, p. 32.
[9] Si veda Vangelo dell’Infanzia del Salvatore, 89 in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. I, p. 145.
[10] Cfr. Vangelo dell’Infanzia del Salvatore, 92.
[11] Cfr. Vangelo dell’Infanzia del Salvatore, 93-94.
[12] Cfr. Verg. Aen. 2, 694: Correr si vide risplendente stelle che dietro a sé traeva il solco di luce.
[13] Cfr. F. Cardini, op. cit., pp. 61-62.
[14] Ibid.
[15] Cfr. Erodoto, Storie, I, 101: Ἔστι δὲ Μήδων τοσάδε γένεα· Βοῦσαι, Παρητακηνοί, Στρούχατες, Ἀριζαντοί, Βούδιοι, Μάγοι. Γένεα μὲν δὴ Μήδων ἐστὶ τοσάδε.
[16] Cfr. Erodoto, Storie, I, 107: Ὑπερθέμενος δὲ τῶν μάγων τοῖσι ὀνειροπόλοισι τὸ ἐνύπνιον, ἐφοβήθη παρ’ αὐτῶν αὐτὰ ἕκαστα μαθών.
[17] Cfr. Erodoto, Storie, I, 140: Μάγοι δὲ κεχωρίδαται πολλὸν τῶν τε ἄλλων ἀνθρώπων καὶ τῶν ἐν Αἰγύπτῳ ἱρέων· οἱ μὲν γὰρ ἁγνεύουσι ἔμψυχον μηδὲν κτείνειν, εἰ μὴ ὅσα θύουσι· οἱ δὲ δὴ μάγοι αὐτοχειρίῃ πάντα πλὴν κυνὸς καὶ ἀνθρώπου κτείνουσι, καὶ ἀγώνισμα μέγα τοῦτο ποιεῦνται, κτείνοντες ὁμοίως μύρμηκάς τε καὶ ὄφις καὶ τἆλλα ἑρπετὰ καὶ πετεινά.
[18] Cfr. R. Brown, The Birth of Messiah, A commentary on the Infancy in the Gospels of Matthew and Luke, New York 1993, p. 167.
[19] Cfr. Vangelo arabo dell’Infanzia, 7, 1-2 in L. Moraldi, Apocrifi del Nuovo Testamento, Vol. I, pp. 287-288. Anche F. Cardini, op. cit., p. 37 riporta l’esistenza di una tradizione siriaca che attesta l’esistenza di un “Soccorritore” della famiglia di Zarathustra nato da una Vergine e annunziato da una stella, destinato a morire su un legno e a ritornare nella gloria.
[20] Cfr. Vangelo arabo dell’Infanzia, 8, 1-2.
[21] Cfr. F. Cardini, op. cit., p. 37.
[22] Cfr. M. Craveri, I Vangeli Apocrifi, Milano 2005, p. 351.
[23] Rimando al Vangelo armeno dell’Infanzia, XI, 1 in M. Craveri, I Vangeli Apocrifi, Milano 2005, p. 382.
[24] L’idea di emissari regali provenienti dall’oriente esisteva nella tradizione giudeo cristiana con il Salmo 72 in cui si parla dei doni inviati dai sovrani di Tarsis, Saba e Seba.
[25] Che nella tradizione diventeranno Melchiorre, Gasparre e Baldassarre.
[26] Cfr. Vangelo armeno dell’Infanzia, XI, 2.
[27] Si veda Ireneo di Lione, Adversus Haereses, III 9, 2.
[28] Cfr. Vangelo armeno dell’Infanzia, XI, 11.
[29] Cfr. Vangelo armeno dell’Infanzia, XI, 12.
[30] Cfr. Vangelo armeno dell’Infanzia, XI, 22. È noto che lo gnosticismo cristiano fosse intriso di istanze antigiudaiche, per l’argomento rimando a P. Stefani, L’ antigiudaismo. Storia di un’idea, Roma 2004.
[31] Cfr. Vangelo armeno dell’Infanzia, XIII, 1.
[32] Cfr. Dan, 2, 2: καὶ ἐπέταξεν ὁ βασιλεὺς εἰσενεχθῆναι τοὺς ἐπαοιδοὺς καὶ τοὺς μάγους καὶ τοὺς φαρμακοὺς τῶν Χαλδαίων ἀναγγεῖλαι τῷ βασιλεῖ τὰ ἐνύπνια αὐτοῦ· καὶ παραγενόμενοι ἔστησαν παρὰ τῷ βασιλεῖ.
[33] Cfr. Filo., De specialibus legibus, III, 100-102.
[34] Si veda appunto R. Brown, The Birth of Messiah…, p. 168 e F. Cardini, op. cit., p. 19.
[35] Per le accuse pagane, si veda Celso, Contro i Cristiani, I, 28; per quelle ebraiche, rimando al mio articolo sulle Toledot Yeshu.
[36] Cfr. Giustino Martire, Trifo., LXXVIII, 9: Infatti i magi che erano preda di tutte lecattive azioni messe in opera da quel demonio, una volta venuti ad adorare Cristo, mostrano di essersi liberati di quella potenza che li infestava e che la Scrittura misteriosamente ci indicava abitare in Damasco.
[37] Cfr. F. Cardini, op. cit., p. 38.
[38] Cfr. Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, III, 41-42 in cui si parla del viaggio della Regina Elena in Terra Santa ma non della traslazione delle reliquie dei Magi.
[39] Cfr. F. Cardini, op. cit., p. 91.
[40] Cfr. Marco Polo, Il Milione, XXIII, 1-7, a cura di M. Ciccuto, Milano 2010, p. 104.
[41] Cfr. C. Freeman, Sacre reliquie, Torino 2012, pp. 224-225.
[42] Ibid.
[43] La versione italiana è G. da Hildesheim, La Storia dei Re Magi, a cura di A. M. Di Nola, Novara 1993.
[44] Riferimento al salmo 72 di cui parlavamo sopra che, dal punto di vista esegetico, rappresenta una prerogativa di tutte le ricostruzioni della letteratura cristiana.
[46] Il riferimento alla trinità era probabilmente dovuto al fatto che Fulgenzio, vescovo nordafricano, si era dovuto confrontare con l’arianesimo vandalo e pertanto aveva utilizzato in chiave apologetica la faccenda dell’offerta triplice.
[47] Cfr. G. da Hildesheim, La Storia dei Re Magi, I, p. 9.
[48] Cfr. G. da Hildesheim, La Storia dei Re Magi, I, pp. 15-16.