Retore e filosofo, discepolo di Empedocle, Gorgia nacque nell’odierna Lentini, in Sicilia, intorno al 485 a.C. e morì ultracentenario in Tessaglia, a Larissa, intorno al 380 a.C. Fu uno dei più grandi sofisti della storia, insieme a Protagora.
I sofisti erano coloro, che soprattutto ad Atene, tra V e IV secolo, vendevano con successo i propri insegnamenti retorici in cambio di denaro, e per questo si attiravano invidie e accuse di ogni tipo. Gorgia iniziò ad essere famoso nel 427, quando prese parte ad un’ambasceria inviata ad Atene per chiedere aiuti militari contro Siracusa.
In quell’occasione l’uomo si fece notare per la sua magnifica eloquenza e le sue doti retoriche, tanto che la migliore gioventù ateniese volle averlo come maestro. In seguito Gorgia viaggiò molto, dalla Tessaglia, alla Beozia, toccando numerose città, come Delfi ed Olimpia.
Morì a Larissa presso il tiranno Giasone di Fere. Tra i suoi maggiori discepoli ricordiamo gli oratori Lisia e Isocrate e il politico Alcibiade.
Le sue opere più importanti (e quelle che ci sono meglio conservate) sono le due orazioni fittizie intitolate Encomio di Elena e Difesa di Palamede, e il trattato filosofico Sul non essere.
ENCOMIO DI ELENA
In quest’opera, giunta a noi per intero, Gorgia difende Elena dall’accusa di aver causato la guerra di Troia. La donna infatti non agì per sua volontà, ma per fattori a lei esterne: o fu spinta da un principio superiore, come il volere degli dèi o di Anànke (“la Necessità”), o fu rapita con la forza, o fu persuasa dal potere della parola, o fu semplicemente vinta dall’amore per il giovane Paride. Con quest’orazione fittizia, che l’autore definisce paìgnion (“scherzo”, “passatempo”), Gorgia si inserisce appieno in una lunga tradizione di dibattiti intorno alla figura di questa controversa figura femminile, che aveva avuto i suoi rappresentanti più illustri in Alceo, Saffo e Stesicoro, e che invece in età classica sarà al centro della tragedia Elena di Euripide. Come l’arte retorica vuole, il sofista analizza punto per punto ogni genere d’accusa e lo smonta con riflessioni accurate ed un ampio uso di figure retoriche. L’occasione è anche spunto per sottolineare il potere seduttivo e quasi magico della parola, che affascina, inibendo le capacità sensoriali ed intellettive, come un farmaco, senza lasciare via di scampo.
OPERE PERDUTE
- Discorso Pitico
- Discorso Olimpico
- Encomio degli Elei