fbpx

Conoscere l’Ebraismo per capire il Cristianesimo

La prima lezione del seminario “Conoscere l’Ebraismo per comprendere il Cristianesimo” pone le basi per una piena comprensione delle lezioni successive. Dal punto di vista storico e culturale infatti, non è possibile prescindere dal giudaismo per inserire la predicazione di Gesù nel Suo contesto storico, politico e appunto, religioso. In questa prima puntata, tenteremo grazie all’aiuto del Prof. Di Taranto, di approfondire la strutturazione scritturistica dell’Ebraismo, di cui spesso noi abbiamo una visione monolitica e parziale rispetto alla realtà. Sfatando tanti dei molti luoghi comuni sull’Ebraismo, ad esempio, dobbiamo ricordare che la Bibbia ebraica consta di ventiquattro libri mentre l’Antico Testamento nel Cristianesimo sono quarantasei. Il nome ebraico è Tanakh, un acronimo che si forma con le prime lettere aramaiche delle macro sezioni che formano la Bibbia ebraica, cioè Torah, Nebi’îm (o Nevi’îm), Ketubîm. La Torah corrisponde sostanzialmente al Pentateuco dell’Antico Testamento riconosciuto dai cristiani, mentre Un altro aspetto interessante della scritturistica ebraica è il fiorire di testi precettistici, ovvero di vere e proprie spiegazioni e commenti dei testi scritti, chiamati Mitzvah (Torah orale).

 

Il rapporto tra “Torah scritta” e “Torah orale” è tuttavia molto complicato, per cui rimandiamo intanto alla spiegazione del Prof. Di Taranto nella nostra prima lezione. Possiamo intanto accennare come spiegazione che ognuna sia complementare ad essa, in particolare senza la Torah orale sarebbe impossibile da decodificare e i precetti impossibili da mettere in pratica. Un aspetto peculiare infatti dell’Ebraismo è infatti un complicato e denso manuale di comportamento, definita ortoprassi, basato su divieti e liturgie rituali a cui la tradizione ebraica è strettamente legata. Oltre ai più famosi dieci comandamenti della legge mosaica, detti decalogo, i precetti previsti dalle Scritture ebraiche sono seicentotredici, duecentoquarantotto positivi e trecentoquarantasei negativi. Tutte queste indicazioni formano l’halakhah, in italiano ortoprassi, ovvero il modo corretto di vivere secondo delle norme il cui rispetto rappresenta ancora oggi una componente fondamentale e fondante dell’Ebraismo (anche dal punto di vista identitario), non è possibile esimersi dal sottolineare questo elemento. Anche a livello esegetico, cioè di interpretazione delle Scritture, l’Ebraismo si pone in maniera diversa, con quattro livelli interpretativi: letterale, allegorico, di ricerca/espansione attraverso parallelismi testuali e infratestuali (da cui deriva il termine aramaico midrāsh), misterico/esoterico collegato all’aspetto cabbalistico. Secondo l’usanza ebraica degli acronimi poi, ognuna delle prime lettere dei livelli esegetici in aramaico formano l’acronimo Pardhes, dall’aramaico “Giardino, Frutteto”.  Attraversando ognuno di questi livelli interpretativi, era così possibile ascendere al paradiso come premio per la propria fatica.

 

Tornando poi al rispetto dei precetti della “Torah orale” dobbiamo poi ricordare che, come tutte le religioni, questa precettistica è stata oggetto di riflessioni da parte di Maestri (rabbini) che ne ha permesso lo sviluppo e la creazione di altri precetti definiti impliciti. Un po’ come la patristica cristiana ha rielaborato e ampliati riflessioni teologiche presenti nel Nuovo Testamento, allo stesso modo la tradizione rabbinica ha studiato e sviluppato i precetti della Torah orale. Tra il II e III secolo d.C., forse per fissare questo enorme patrimonio giuridico e religioso, Giuda il Principe (Yehudah HaNasi) decise di mettere per iscritto la Torah orale dando vita alla Mishnà, completata tradizionalmente nell’anno 217. I maestri della Mishnà sono chiamati tannai, dando il nome al periodo di principale interesse delle nostre lezioni, ovvero in cui si inserisce la predicazione di Gesù di Nazareth, detto periodo tannaitico (I a.C. -II d.C.). Come detto precedentemente poi, la redazione di compendi scritti della Torah orale proseguì anche successivamente e nacque così il Talmud, diviso in due Talmudim, quello Gerosolimitano e quello Babilonese di cui il Professore ci parlerà circa struttura e differenze. Il Talmud si compone di Mishnà e Ghemarà, quest’ultima un commento puntuale in aramaico della Mishnà composto da rabbini a Babilonia attraverso secoli e composto da 2711 pagine doppie. Il Talmud è, ancora oggi, il testo di riferimento per l’Ebraismo rabbinico, da cui è possibile attingere per dirimere discussioni in merito dell’ortoprassi. Questo dibattito, sebbene abbia come testi di riferimento quelli appena citati, è tutt’ora in corso e in pieno sviluppo, risultando uno dei caratteri fondamentali per comprendere anche l’evoluzione dell’Ebraismo moderno e contemporaneo.

Bibliografia

📖 independent.academia.edu/MattiaDiTaranto

Condividi l'articolo

a cura di

Pietro Giannetti

Altri articoli

RadioKleioStoria del Cristianesimo e della Religiosità

Iscriviti alla

Newsletter

Ultimi articoli