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Come si “fa” un Mosaico?

Questa metodologia consiste nella produzione del mosaico direttamente in loco, ciò porta con sé alcuni vantaggi, tra i quali l’assenza del trasporto dell’opera, operazione sempre difficile e pericolosa che, in caso di grandi mosaici, richiede la scomposizione dell’opera in più sezioni da riaccostare in loco.

Da un punto di vista più artistico, invece, il vantaggio più importante è la possibilità di produrre il mosaico già contestualizzato, all’interno delle luci e gli spazi definitivi. Tutto questo consente all’artigiano di creare effetti specifici come l’inclinazione delle tessere rispetto al punto di vista dell’osservatore o le fonti luminose, creando o rimuovendo, particolari riflessi di luce.

Un esempio di questo accorgimento lo troviamo nei mosaici di Santa Sofia a Istanbul dove le tessere dorate sono inclinate per riflettere maggiormente la luce. La tecnica diretta può risultare però disagevole se si raffrontano l’ambiente di un laboratorio, spazio organizzato appositamente per la produzione artistica, e quello di cantiere, dove spesso è arduo anche il solo reperimento dell’acqua o avere la disponibilità di spazio adeguato per le lavorazioni.

Di seguito cercheremo di descriverne il procedimento. Si inizia con la preparazione del supporto. Nel caso di un mosaico pavimentale va compattato e preparato il terreno sottostante per assicurare un supporto stabile. In caso di un mosaico parietale, invece, la superficie del muro andrà resa aggrappante; verrà quindi modificata per assicurare il fissaggio dei successivi strati di malta tramite picchettature o l’inserimento di chiodi.

Prima di esplicitare i passaggi va specificato che nelle malte per mosaici, in passato era di uso comune l’inserimento di leganti organici che rendessero la malta più adesiva nei confronti della superficie liscia delle tessere. I composti più utilizzati erano il latte, l’uovo e l’olio di lino. Il latte e l’uovo sono composti da proteine animali che, una volta disidratate, hanno potere legante; l’olio di lino, invece, crea un unico film adesivo collegando tutte le sue particelle fra loro.

L’operazione successiva è quella di stendere lo strato di arriccio, su questo va poi riportato il disegno del mosaico. Successivamente si stende l’ultimo strato di intonaco e vi si inseriscono le tessere, appare chiara quindi la necessità che la malta sia fresca e che sia visibile il disegno sottostante. Per far ciò si stende l’intonaco in una limitata porzione dell’arriccio, seguendo le forme del disegno, e, successivamente, vi si inseriscono le tessere.

Fatto ciò si procede con la stesura della malta in una nuova porzione di disegno, vi si inseriscono altre tessere e così via. Una volta conclusa questa parte di lavoro si cola sopra al mosaico la maltina di allettamento, materiale finissimo che andrà a inserirsi tra gli interstizi delle tessere rendendo la superficie uniforme.

In antichità, in caso di mosaico lapideo, le tessere venivano lisciate e lucidate tramite lo sfregamento di pietra pomice bagnata e sabbia. Questo passaggio era assolutamente necessario a fini estetici, dato che le tessere lapidee venivano prodotte tramite spaccatura del marmo, lasciando perciò la superficie non totalmente liscia.

I metodi moderni di taglio dei marmi prevedono l’utilizzo di fili diamantati che lasciano la superficie già perfettamente piana. Infine, tramite lavaggi con aceto, la superficie veniva pulita degli sbiancamenti derivanti dalla calce delle malte. L’uso dell’aceto era giustificato dalla sua acidità, capace di discioglie la calce (molto basica).

Bibliografia

Potrai trovare la bibliografia relativa agli articoli di Restauro e Conservazione nella pagina della Rubrica, sotto l'elenco degli articoli consultabili.

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a cura di

Giulio Claudio Barbiera

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