Uno dei più famosi archi trionfali di Roma fu quello che venne innalzato nel 315 d.C. per commemorare la vittoria di Costantino contro Massenzio presso ponte Milvio (28 ottobre 312 d.C.). Tra il Palatino e il Celio le sue porte ornavano la via dei trionfi quando l’esercito vittorioso sfilava davanti al popolo.
La struttura architettonica si ispira liberamente all’arco di Severo: i tre fornici sono inquadrati da colonne che si innestano su alti plinti e terminano con capitelli corinzi. La parte sommitale chiamata attico presenta iscrizioni che commemorano la battaglia, nonché riferimenti ai decennalia e auspici per i vicennalia.
Riguardo la decorazione, vi è subito da evidenziare che la particolarità di questo monumento è che molti dei rilievi istoriati che decorano le parti principali furono di riuso; cioè vennero asportati da altri monumenti, modificate le fattezze dei personaggi e assemblate per dare almeno una coerenza narrativa. Quello che però stride è la differenza di stili che caratterizzano le varie parti, questo è facilmente avvertibile e diventa un felice esempio di riutilizzo ed integrazione.
Un primo grande fregio di notevole altezza illustra le imprese dell’imperatore Traiano durante la prima campagna contro i Daci, ben riconoscibili dalle vesti, avvenuta nel 102-107. Le scene sono molto simili a quelle che si dispiegano sulla Colonna Traiana, tant’è che osservando lo stile si è ipotizzato che i rilievi fossero stati scolpiti da uno stesso maestro. Le scene si caratterizzano per essere assiepate di personaggi che occupano uno spazio credibile; mentre il vasto impiego del chiaro scuro dà alla scena una forte impronta tridimensionale.
Ai lati dell’iscrizione nell’attico vennero posti riquadri alti 3 metri raffiguranti l’imperatore Marco Aurelio impegnato nella lotta contro tribù barbare, in particolare Quadri e Marcomanni. Anche qui le teste vennero rielaborate per assomigliare a Costantino e l’augusto Licinio. Anche qui le scene di guerra sono delle più varie: si riconoscono l’Adlocutio, la Captivi, la Liberatlitas e diverse altre.
Molto probabilmente queste lastre venivano da un arco dedicato all’Imperatore ma oggi scomparso.
Otto finissimi rilievi di età adrianea ornano i due fornici laterali. In campo quadrato si dispongono i tondi che raffigurano diversi momenti venatori: c’è la caccia all’orso e al cinghiale, insieme a scene di sacrificio. Anche in questo caso è possibile osservare bene il cambiamento dei connotati imperiali; il volto di Adriano venne cambiato in quello di Costantino e inserito in un ambiente agreste, con movenze fini e poco enfatizzate.
Il fregio continuo alto circa 1 metro che corre al di sotto dei tondi è effettivamente di epoca costantiniana e dedicato all’imperatore. È evidente la netta cesura stilistica delle epoche precedenti: dal naturalismo di epoca adrianea si preferisce una lettura simbolica degli elementi che compongono la narrazione: le figure non abbondano di particolari, sono tozze e molto espressionistiche. Le teste e le altezze del condottiero e dello stato maggiore sono sproporzionate perché, mettendoli in rilievo rispetto alle altre figure, si enfatizza più il loro valore gerarchico e sacrale, rispetto agli altri personaggi che assiepano lo spazio nei classici rilievi storici. Inoltre, gli spazi perdono di credibilità e tridimensionalità, mentre l’uso del trapano accentua gli stacchi tra chiaro e scuro.
Queste sono tutte caratteristiche dell’arte tardoantica, che riprende in parte quella che viene definita plebea e provinciale, plastica popolaresca, sicuramente più semplice e intellegibile rispetto ad un’arte naturalista di impronta ellenistica. Facilmente si può riconoscere, ad esempio, la personificazione del Tevere vicino al Ponte Milvio che si affaccia mentre la cavalleria pesante di Massenzio affoga nei flutti. Virtus e Vittoria presenziano al fianco dei soldati, mentre i trombettieri suonano la vittoria.