La figura del sacerdote ritualista era riconosciuta ufficialmente dalla comunità. Essi, oltre ad essere autori di formule magiche, praticavano rituali di vario tipo.
L’appartenenza dei maghi alla classe sacerdotale escludeva la presenza di maghi itineranti. Le strumentazioni a loro disposizione erano coltelli apotropaici, amuleti e statuette.
La magia veniva invocata dagli Egizi per motivi molto diversi fra loro. Un primo movente erano i bisogni terreni, in particolare la ricerca della salute e del benessere. La medicina, nonostante presentasse elementi molto progrediti, era spesso accompagnata da formule magiche. La guarigione non era però l’unico desiderio dell’uomo egizio: amore, lavoro e sfortuna erano altri campi per i quali veniva utilizzata l’intercessione del mago.
C’erano poi i bisogni ultraterreni, quelli relativi alla vita eterna dopo la morte, a cui erano destinate la gran parte delle risorse economiche: il sepolcro assumeva un ruolo protettivo nei confronti dello spirito del defunto. I riti funebri venivano officiati da un particolare sacerdote ritualista chiamato Xry-Hbt, letteralmente “colui che è sotto il rituale della festa”, traducibile più semplicemente come sacerdote-lettore.
Un ultimo intento magico era quello di intermediazione con gli dei: dopo il trapasso era importante che lo spirito fosse accolto nel regno di Osiride, grazie al favore degli dei. Se ciò non si fosse verificato, lo spirito errante avrebbe tormentato i vivi con malanni tremendi.