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La Valle dei Re: archeologia e immortalità

Per poter parlare della Valle dei Re occorre fare un passo indietro. Durante l’Antico Regno Tebe, in egiziano wꜣs.t (Waset) cioè “(La città) dello scettro Was”[1], era un semplice villaggio del sud, che non avrebbe mai potuto competere con l’antica e potente Menfi, capitale storica dell’Egitto. Anche per questo, delle varie tombe presenti fra le case dell’attuale villaggio di Qurna, solo tre appartengono all’Antico Regno e viste le dimensioni e l’aspetto modesto dovevano appartenere a persone che non rivestivano ruoli di grande rilievo.  

Eppure ben presto questo villaggio diventerà “Tebe dalle cento porte”, una capitale splendente di templi e palazzi e dotata di una necropoli che racchiuderà straordinari tesori nei bui recessi dei rilievi di roccia calcarea che circondano la zona. Fra essi spicca El Qurn (432 metri) ovvero “Il corno”, imponente collina che un tempo era identificata con una divinità, “Meret-seger”, una dea dal nome molto evocativo: “Colei che ama il silenzio”[2]. Proprio all’ombra di questo rilievo dalla forma appuntita, che forse ricordava una piramide, in una posizione isolata e facilmente sorvegliabile, ma comunque distante solo 3 km dalle sponde del Nilo, riposano gli uomini che hanno fatto la storia dell’Egitto dalla XVIII Dinastia in poi.

Gli inizi

Una prima forma di tombe “regali” ipogee, che compaiono in quest’area, sono le cosiddette tombe “a saff”: il nome deriva dalla parola araba saff, appunto, che significa “fila”. Infatti sono caratterizzate da un cortile con dei pilastri che conduce ad una facciata in cui vi sono delle aperture “a saff”, in fila, di cui quella centrale dà accesso ad un corridoio che si inoltra nel sottosuolo verso la deposizione principale, accanto alla quale vi sono altre deposizioni secondarie per i membri della famiglia, e poi per i funzionari[3]. Queste sepolture risalgono all’XI Dinastia e appartengono a tre principi locali, Intef I, Intef II e Intef III, e si trovano a El Tarif, un villaggio a pochi chilometri da Dra Abu el-Naga[4], all’estremità settentrionale della necropoli tebana[5].

Ma è solo con il sovrano Mentuhotep II che inizia la vera e propria tradizione di farsi costruire le tombe nella Valle. Egli ha di fatto unificato il Nord ed il Sud del Paese, che si erano separati, trasformandosi in regni indipendenti, segnando la fine del Primo Periodo Intermedio. Il sovrano scelse l’imponente scenario di Deir el-Bahri, come più tardi farà anche Hatshepsut, per far costruire il suo tempio funerario, collegato da una strada sopraelevata al complesso sepolcrale. Una rampa tagliava un vestibolo sostenuto da pilastri (un legame con le precedenti tombe “a saff”) e dava accesso a una terrazza con un colonnato. A ovest uno stretto cortile penetrava nella montagna. Le pareti rocciose attorno al tempio sono piene delle tombe ipogee dei cortigiani di Mentuhotep[6].

Attenderemo poi il regno di Amenhotep I per la decisione ufficiale di scavare le proprie sepolture a Dra Abu el-Naga, secondo una pianta a gomito che verrà adottata durante la maggior parte della XVIII Dinastia e che probabilmente deriva dalla sistemazione interna delle piramidi dell’Antico Regno, cioè con un lungo corridoio discendente che finisce con un pozzo profondo oltre il quale si apre la stanza del sarcofago. E in questo wadi (ovvero il letto di un antichissimo fiume prosciugato) gli operai scavarono la roccia con i loro scalpelli, trasportando all’esterno il materiale di risulta e facendosi luce con lampade dotate di stoppini che si immergevano in un olio mescolato ad una sorta di salamoia, che non sprigionava fumo, sempre più avanti, fino alla sala del sarcofago, la “casa d’oro”, al centro della quale erano ricavati dei pilastri quadrati. Invece all’esterno le tombe erano chiuse da una porta tagliata nella roccia, e proprio da queste porte deriva il nome in arabo dato a questo luogo: Biban el Moluk, le “Porte dei re”. L’orientamento delle tombe differisce da tomba a tomba, ma secondo il pensiero religioso degli Egiziani  tradizionalmente l’ingresso doveva trovarsi a Sud e la sala del sarcofago a Nord[7].

valle dei re
Una veduta della Valle dei Re

Tipologia delle tombe e brevi note geologiche

La Valle dei Re è costituita da uno wadi ed è divisa in due rami: le valli est e ovest. La “East Valley” contiene la maggior parte delle tombe ed è la più visitata dai turisti. Ma la “West Valley” copre un’area più ampia ed è la meno esplorata delle due. Ha solo due tombe reali, quelle di Amenhotep III e Ay[8]. Ad oggi la Valle dei Re ha restituito 64 tombe del Nuovo Regno e 20 pozzi, e fra esse le  tombe di almeno venticinque faraoni, da Thutmosi I a Ramses XI. In alcuni casi l’attribuzione ad un determinato faraone è dubbia, in altri è accaduto che qualcuno abbia usurpato la tomba di un altro regnante (come è accaduto al principe Montuhirkopshef con la tomba che era stata preparata per Ramses VIII) e vi sono tombe mai terminate, sepolture di principi ed altri parenti di re, inumazioni per persone non appartenenti alla famiglia reale, oppure per animali, nascondigli per l’imbalsamazione e altre strutture. Per quanto riguarda la tipologia della pianta delle sepolture, esse possono essere grosso modo suddivise in tre gruppi: alla tipologia 1 appartengono le tombe della XVIII Dinastia i cui ingressi si trovano alla base di dirupi rocciosi; alla tipologia 2, invece, appartengono quelle che abbracciano il periodo dalla XVIII alla XIX Dinastia e che hanno i loro ingressi situati in vari luoghi, persino sul pavimento della Valle; alla tipologia 3, infine, appartengono tombe della XIX-XX Dinastia che hanno gli ingressi tagliati nella roccia delle colline in pendenza e degli speroni rocciosi.

Da un punto di vista geologico, la Valle ha una base profonda piuttosto omogenea di scisto, sulla quale si innestano strati di più complessa roccia calcarea e calcareo scistosa, che si innalzano fino ai 300 metri di El Qurn. L’erosione e le frane hanno creato, nel tempo, uno spesso strato di frammenti piccoli o grandi di calcare, conglomerati, sabbia e altro materiale che formano il pavimento della Necropoli del Nuovo Regno, mentre alluvioni, erosione e attività umana hanno ricoperto questo strato. Sebbene alcune tombe si spingano fino allo strato di scisto, la maggior parte di esse sono state scavate in diversi strati di calcare tebano. Spesso i cavatori utilizzavano faglie verticali per ottenere delle pareti già preparate e delle guide attraverso le quali continuare a scavare nella roccia madre. Attraverso alterne vicende si può dire che gli abitanti di Tebe abbiano smesso di seppellire i loro morti nella Valle con la XXVI Dinastia[9].

Valle dei Re
Una veduta della Valle dei Re

Brevi cenni alla storia delle esplorazioni nella Valle dei Re

Poco fa si parlava di facilità nella sorveglianza dell’area della Valle: infatti esisteva un sistema di controllo e vigilanza delle tombe, organizzato sotto due punti di vista, quello del culto e quello della sicurezza. Naturalmente vi erano i sacerdoti deputati al culto dei faraoni morti, ma, dall’alto delle falesie rocciose, delle guardie vigilavano affinché le tombe, con i loro ricchissimi corredi funebri, non venissero depredate dai ladri. Impresa, purtroppo, mal riuscita, dal momento che quasi tutte le tombe della Valle sono state violate e i preziosi tesori saccheggiati ( solo la tomba di Tutankhamon (KV 62) o quella di Yuya e Thuyu (KV 46), e Maiherperi (KV36) sono state risparmiate del tutto o in massima parte dai depredatori[10].

Ma, per fortuna, i sacerdoti si sono occupati sin dalla XVIII Dinastia di fare frequenti ispezioni alla ricerca delle tombe violate, allo scopo di recuperare almeno le mummie degli antichi re, che talvolta venivano addirittura smembrate dalla furia dei ladri, per portare via tutti i molteplici preziosi amuleti che si sapeva fossero avvolti nelle bende, durante i rituali. I sacerdoti tentavano di ricomporle, avvolgendole in nuove bende (per questo più su si è parlato di nascondigli per la mummificazione: erano quelli usati per “riparare” le mummie) e ponendole in nuovi sarcofagi , se quelli originali erano irrimediabilmente danneggiati, per poi spostarle in altre tombe: a volte i re hanno fatto molti “viaggi” da una sepoltura all’altra (documentati da registri redatti in ieratico e posti sulle mummie stesse dai sacerdoti), prima di trovare la pace.

Alla fine i sacerdoti decisero di nascondere una grande quantità di mummie di re e familiari di re in una sola caverna, ritrovata in modo rocambolesco. Fino ad oggi l’opinione prevalente era che i sacerdoti facessero tutta questa fatica per preservare, almeno in parte, la vita eterna dei faraoni, un atto ispirato da sentimenti pii. Ma leggendo meglio una lettera di un Gran Sacerdote di Amon, Piankh, sembra quasi che egli stia comandando ai suoi seguaci di andare in cerca di sepolture intatte: forse le attività di recupero e restauro dei corpi dei re serviva a coprire il tentativo di rimpolpare le casse del tempio con i corredi ancora disponibili[11]

In ogni caso è molto interessante, per gli studiosi, trovare i resoconti dei sacerdoti, dipinti o graffiti sulle pareti delle tombe ispezionate e restaurate, come è accaduto con la tomba di Thutmosi IV durante l’ottavo anno del regno di Horemheb. Le visite di controllo alle tombe continuarono in epoca ramesside e oltre. Durante l’Epoca Tolemaica e Romana la Valle fu visitata spesso, come testimoniato da ben 2000 graffiti in greco e latino, oltre a quelli in demotico, naturalmente. Due famosi viaggiatori dell’antichità, Diodoro Siculo ( 60 a.C.) e Strabone (25 a.C.), non mancano di descrivere la Valle dei Re, arrivando anche a riferire sul numero delle tombe che vi si sarebbero trovate, secondo quanto ricavato dalle loro ricerche: il primo dice che le tombe sarebbero dovute essere 47, ma ai tempi di Tolomeo I ne rimanevano solo 17 e pure per lo più distrutte, mentre il secondo riferisce di 40 tombe.

Con il consueto “spirito di riciclo” tipico dei Cristiani, tra il II e il IV sec. d.C. essi trasformarono diverse tombe in cappelle o addirittura abitazioni, come testimoniato dalle molteplici iscrizioni in copto. Dal VII secolo, dopo la conquista araba, abbiamo testimonianza anche di visite effettuate dai nuovi padroni d’Egitto. È solo durante il Medioevo che la Valle venne abbandonata: i viaggiatori non si spingono fino a Tebe. Finalmente nel 1708 Sicard visita la Valle e visita 10 tombe, la cui metà era parzialmente crollata. Un nuovo resoconto più dettagliato lo otteniamo da Richard Pococke, che visita la Valle fra il 1738 e il 1739 riferendo che su 18 tombe, da lui individuate, 5 erano ostruite.

In seguito vi sono le documentazioni fornite dagli studiosi al seguito di Napoleone, ma i primi veri scavi nella Valle dei Re iniziano con la controversa figura di Giovan Battista Belzoni, che, sebbene a modo suo, porta alla luce numerose tombe, fra le quali spiccano quella di Sethi I e quella di Ay, nella Valle dell’Ovest. Nel 1828-29, con la spedizione franco-toscana di Champollion e Rosellini, finalmente si può attribuire con relativa certezza un nome ad ogni tomba, grazie all’interpretazione e traduzione del decifratore dei geroglifici. Grande impulso e apporto alla scoperta di nuove tombe fu dato, infine da Victor Loret, negli scavi fra il 1898-99[12].

Valle dei Re
Una veduta della Valle dei Re

I Servi nel Luogo della Verità

Non ci resta, ora, che scoprire quali siano gli artefici di queste imponenti opere architettoniche. Si trattava di una comunità di operai che era stata creata proprio quando i re decisero di stabilire le loro dimore per l’eternità nei recessi della Valle. E pare che questo privilegio sia toccato ad Amenhotep I, che, anche se non ebbe una tomba nella Valle, ma solo un tempio funerario a Deir el-Bahri, è stato poi considerato il protettore e patrono della loro comunità. Essi vivevano in un villaggio ricavato in una piccola valle, sulla riva occidentale del Nilo, protetto dalla collina oggi nota con il nome di Qurnet Murai. Esso venne fatto costruire dal successore di Amenhotep I, Thutmosi I, il primo a farsi costruire una vera e propria tomba e quindi il primo a dover pensare ad una sistemazione opportuna per gli uomini che vi lavoravano. La posizione scelta era ottimale: a soli trenta minuti a piedi dalla Valle dei Re, collegata da un sentiero pianeggiante anche all’altra Valle, quella delle Regine (luogo di sepoltura di consorti regali e principi), e per giunta non troppo distante nemmeno dal Nilo, in modo da assicurare l’approvvigionamento di acqua e gli scambi commerciali. L’unico inconveniente è che la valle era piuttosto angusta, cosa che rese necessaria la costruzione di case che si sviluppavano in lunghezza più che in larghezza e che sfruttavano tutti gli spazi possibili, comprese le terrazze.

Nonostante ciò, le case avevano una superficie media di 86 metri quadri, che, per un nucleo familiare di circa 6 persone, non è poi così male. Inizialmente le persone che vi si trasferirono furono circa duecentocinquanta, per le quali furono costruite una ventina di case, ma ben presto fu necessario ampliare il villaggio e ai tempi di Thutmosi III le case erano diventate sessanta e nell’epoca ramesside le case erano centodieci, e ospitavano circa settecento persone[13]. Per cui attualmente il villaggio si presenta con pianta rettangolare e circondato da mura. Uno solo era il varco che permetteva di accedervi, protetto da una porta in legno che veniva chiusa di notte, e dal quale partiva la stretta stradina che divideva in due il villaggio originario e sulla quale si affacciavano tutte le case.

In seguito, furono aggiunte altre stradine, nate con l’ampliamento del villaggio. Le case erano in mattoni crudi, con semplici fondamenta: dal vestibolo anteriore si passava al soggiorno, con il tetto sorretto da colonne e sopraelevato rispetto a quello del vestibolo, creando così delle aperture per permettere alla luce di filtrare. Dal soggiorno si passava ad una stanza da lavoro e poi alla cucina, usualmente a cielo aperto, dove si trovava anche il forno, ed una scaletta che portava alla terrazza: altro spazio utile alla vita della famiglia. Alle pareti si trovavano nicchie per ospitare statuette degli dèi protettori del focolare e degli antenati; il mobilio era molto semplice: stoviglie in terracotta, cesti in vimini, sgabelli, letti bassi con rete di corda intrecciata, qualche recipiente di rame o bronzo, ma soprattutto gli strumenti da lavoro del capofamiglia (squadre, fili a piombo, ad esempio)[14].

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Ricostruzione 3D del villaggio – Imgur ©

Gli operai avevano diverse specializzazioni, in base alla tipologia di lavoro che dovevano svolgere nelle tombe: scultori, pittori, scribi, semplici cavatori. Essi erano suddivisi in due squadre (una “di destra” e una “di sinistra”) formate da circa trenta uomini, ed il loro lavoro era controllato da due capisquadra o capi operai. In realtà le mansioni dei capisquadra andavano oltre la semplice supervisione del lavoro: essi erano anche a capo dello speciale tribunale del villaggio, ricevevano lamentele e resoconti dagli “scribi della Tomba” (anch’essi uno per ogni squadra) ed erano anche in grado di realizzare progetti per monumenti ed edifici e rappresentavano la squadra nei rapporti con le autorità[15]. La “settimana” lavorativa non era affatto di sette giorni, ma di nove, con il decimo giorno di riposo. Altri giorni di ferie venivano concessi per le festività. Gli operai lavoravano forse otto ore al giorno, con una pausa per il pranzo. Sui sentieri che essi percorrevano, ogni giorno, sono stati trovati moltissimi “segni” del loro passaggio, come ad esempio dei seggi in pietra, scavati nelle pareti rocciose, sui quali sedevano appunto i sovrintendenti: ne sono stati trovati sette ed alcuni di essi riportavano anche dei graffiti per indicare il nome del proprietario, oppure delle scale per rendere il percorso meno faticoso[16].

Fra coloro che erano coinvolti nel lavoro per la realizzazione delle tombe reali vi erano anche delle guardie, che dovevano sorvegliare e garantire la correttezza e la segretezza dello svolgimento delle operazioni. Ma perché questi operai avevano il nome di Servi nel Luogo (o nella Sede) della Verità? Semplicemente perché la tomba veniva chiamata, appunto, la Sede della Verità.

La vita al villaggio, che i suoi abitanti chiamavano semplicemente “Pa demi” (la cittadina), doveva essere abbastanza piacevole: questa piccola comunità godeva di un ruolo importante e privilegiato, all’interno della società egiziana. I pittori e gli scultori, poi, dovevano saper leggere e scrivere, condizione senza dubbio rara. Durante i loro giorni liberi gli operai avevano modo di occuparsi anche delle loro sepolture, che decoravano con l’abilità e la perizia che usavano per i faraoni; esse si trovavano al di fuori delle mura del villaggio, e ci donano utilissime informazioni sui suoi abitanti. Un altro indicatore del “potere” di questi operai è che essi furono i protagonisti dei primi scioperi della storia: infatti dal momento che venivano pagati in natura, con razioni di cibo o con suppellettili utili alla gestione della casa, nei momenti di confusione politica o ristrettezze economiche, quando le razioni scarseggiavano o tardavano ad arrivare, essi protestavano, rifiutandosi di lavorare e solitamente venivano ascoltati.

Moltissime altre importanti informazioni potrebbero essere aggiunte in merito alla vita di questi uomini, ma l’argomento richiederebbe una trattazione a parte. Per adesso ci basti aver dato una “sbirciatina” nella loro vita, inserita in una sbirciatina ad un sito, la Valle dei Re, che ha dato e sicuramente continuerà a dare moltissime emozionanti informazioni sulla vita, la morte, il lavoro, la religione del popolo dell’antico Egitto.

Ti sei perso l’evento live? Niente paura!

Se non hai partecipato al seminario in diretta non preoccuparti, ecco qui la registrazione dell’aperitivo con il Prof. Giacomo Cavillier che tratta la Valle dei Re.

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Note al testo

[1] Questo scettro, tipico attributo del dio Ptah, è formato da un lungo bastone, alto quasi quanto il personaggio che lo tiene in mano. La terminazione inferiore è biforcuta e quella superiore munita di un elemento obliquo, che negli esemplari raffigurati nei rilievi o nelle pitture tombali si scopre essere una testa di cane. Lo scettro è anche un segno geroglifico che si legge uas e che significa “potente”.(https://museoantichitawinckelmann.it/glossario/)

[2] ANDREU, G., DONADONI  ROVERI, A.M., (a cura di), Gli artisti del faraone. Deir el-Medina e le Valli dei Re e delle Regine, Milano, Electa, 2003

[3] MARIANI, E., Necropoli tebana, Youcanprint, 2018, pag. 241

[4] FRANCHINO, G.L., Alla ricerca della tomba di Amenhotep I, Ananke, pag. 110; vedi anche GARDINER, A., La civiltà egizia, Einaudi, 1971, pag. 112.

[5]https://web.archive.org/web/20080916164619/http://www.thebanmappingproject.com/articles/article_2.2.html

[6] GARDINER, A., La civiltà egizia, Einaudi, 1971, pagg. 113 e 115.

[7]ALDRED, C., BARGUET, P., DESROCHES-NOBLECOURT, C., LECLANT, J., MUELLER, H.W.,  I Faraoni. L’Impero dei conquistatori , Collana Il Mondo della Figura,  Rizzoli, 1980, pagg.58-60.

[8] https://web.archive.org/web/20080719041247/http://www.thebanmappingproject.com/sites/browse_tomb_450.html

[9]MUMFORD, G.D., PARCAK, S.H., Remote sensing in the Valley of the Kings and its hinterland, (University of Alabama at Birmingham)

[10] https://web.archive.org/web/20080719041247/http://www.thebanmappingproject.com/sites/browse_tomb_450.html

[11] Per le informazioni sull’attività dei sacerdoti di Amon e su questa inquietante teoria, consultare il sito https://thebanmappingproject.com/articles/tomb-robberies

[12] Per approfondire questo breve excursus sulle esplorazioni e gli scavi nella Valle e sull’operato di Loret: ORSENIGO, C., PIACENTINI, P., LA VALLE DEI RE RISCOPERTA I giornali di scavo di Victor Loret (1898-1899) e altri inediti, Università degli studi di Milano, Skira, 2004, pagg.XXI-XXXIII

[13] LEOSPO, E., TOSI, M., Vivere nell’Antico Egitto – Deir el-Medina, il villaggio degli artefici delle tombe dei re, Giunti , 1998, pagg.7-9 e seguenti.

[14] KITCHEN, K.A., Il faraone trionfante – Ramses II e il suo tempo, Euroclub, 1988, pagg.258-262 e seguenti.

[15]  LEOSPO, E., TOSI, M., ibidem, pagg.35-36

[16] CROSS, S,. Unnatural features in the Valley of the Kings

Bibliografia

📖 ALDRED, C., BARGUET, P., DESROCHES-NOBLECOURT, C., LECLANT, J., MUELLER, H.W., I Faraoni. L’Impero dei conquistatori , Collana Il Mondo della Figura, Rizzoli, 1980
📖 ANDREU, G., DONADONI ROVERI, A.M., (a cura di), Gli artisti del faraone. Deir el-Medina e le Valli dei Re e delle Regine, Milano, Electa, 2003
📖 CROSS, S,. Unnatural features in the Valley of the Kings
📖 FRANCHINO, G.L., Alla ricerca della tomba di Amenhotep I, Ananke
📖 GARDINER, A., La civiltà egizia, Einaudi, 1971
📖 KITCHEN, K.A., Il faraone trionfante - Ramses II e il suo tempo, Euroclub, 1988
📖 LEOSPO, E., TOSI, M., Vivere nell’Antico Egitto - Deir el-Medina, il villaggio degli artefici delle tombe dei re, Giunti , 1998
📖 MARIANI, E., Necropoli tebana, Youcanprint, 2018
📖 MUMFORD, G.D., PARCAK, S.H., Remote sensing in the Valley of the Kings and its hinterland, (University of Alabama at Birmingham)
📖 ORSENIGO, C., PIACENTINI, P., LA VALLE DEI RE RISCOPERTA I giornali di scavo di Victor Loret (1898-1899) e altri inediti, Università degli studi di Milano, Skira, 2004
💻 web.archive.org
💻 thebanmappingproject.com

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a cura di

Renata Rossi

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