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Come il Covid ha stravolto il mondo della cultura

È stato un anno strano il 2020, quei ruggenti anni venti che a fine 2019 tutti si auspicavano non sono stati tanto ruggenti. Quasi come uno scherzo della Storia anche nei “nostri” anni 20 stiamo affrontando una pandemia con conseguente e inevitabile crisi economica. A supporto di chi sostiene una visione della Storia circolare arriva questo nuovo anno, come negli anni ‘20 anche oggi si deve affrontare un virus che interessa le vie respiratorie, si deve affrontare una crisi economica e si deve pianificare la rinascita. Ma oggi la situazione appare ben più grave di quanto non fosse 100 anni fa, la società moderna ha molti più costrutti e una mentalità diversa ma bisogna ripartire e per farlo è necessario prima fare i conti con quello che è stato ricostruendo meglio di prima.

Sembra assurdo sottolineare che in questo anno di lockdown intermittenti chi ha subito una grave ed inarrestabile discesa verso il nulla è il mondo della cultura. Le statistiche degli ultimi mesi però parlano chiaro, molti addetti ai lavori rimangono a casa sperando che ancora una volta la cultura e la bellezza salvino il mondo e la loro vita professionale.

Nel corso di questi mesi si sono susseguiti gli appelli di artisti ma anche esponenti del mondo della cultura per sensibilizzare e rendere noto quello che questa pandemia stava silenziosamente distruggendo. Ci sono dei servizi culturali che molto spesso si sottovalutano e si danno per scontato, il virus ha messo in crisi soprattutto loro, lavoratori silenziosi. Insomma un anno da dimenticare per tutti anche per gli operatori culturali che hanno dovuto fare i conti con scuole chiuse e DAD, musei chiusi, poi riaperti e poi richiusi, concerti sospesi e librerie che possono stare aperte ma guai a riaprire le biblioteche. Un vespaio di leggi e DPCM che sgomitano per avere la meglio, categorie che vengono sottovalutate ma che in questi periodi di stress e rallentamento della vita frenetica di chi è sempre on line vengono cercate e idolatrate. Quanti in questo periodo hanno scoperto la bellezza di un libro ed un the davanti una finestra, quanti hanno scoperto la leggerezza di passare le domeniche sonnecchiando su una poltrona ed immergendosi in un romanzo lontano dalle frenesie dei centri commerciali e della vita cittadina, eppure proprio chi permette la fruizione della cultura tanto cara nei momenti di smarrimento sociale è stato dimenticato. Sintomo di questo ritorno alla vita tranquilla e “culturalmente attiva” è l’incremento del numero di lettori. Da uno studio pubblicato dal Mibact in collaborazione con l’associazione lettori è emerso che nel 2020 il 61% degli italiani ha letto almeno un libro; rispetto al 2019 l’incremento è di quasi il 7%. Durante i mesi del lockdown causa Covid, la cultura è rimasta un po’ con il fiato sospeso cercando di continuare a garantire quel servizio pubblico come ha sempre fatto, ha usato ogni mezzo a sua disposizione ma inevitabilmente è crollata davanti all’insormontabilità di decreti e restrizioni, alla fine di questo strano anno ci ritroviamo con mostre annullate, biblioteche chiuse, librerie che hanno abbassato la serranda per sempre. Non semplici librerie di grandi gruppi editoriali ma librerie di paese, quei piccoli negozi attraverso i quali entravi in un mondo magico che profumava di carta stampata, quelle librerie che vendono libri vintage, edizioni che il business dell’editoria non manda più in ristampa, librerie che vendevano libri usati, pregni di ricordi e sensazioni che si tramandavano da possessore a possessore. Ad aumentare di contro, i lettori di ebook e fruitori di cultura digitale, quasi il 30%. La “causa” di questo dato è sicuramente la violenta digitalizzazione di questi ultimi anni e la necessità di rendere fruibile on line quello che era stato sempre fruibile fisicamente, dai libri ai tour dei musei; una vera e propria rivoluzione digitale della cultura accelerata dalla situazione emergenziale del Covid e dalla necessità di rintanarsi e farsi rassicurare dalla cultura.  

Inutile dire che questa pandemia e conseguente lockdown ha solo accelerato dei processi già innescatisi ha fatto sì che emergessero violentemente senza che si potesse correre ai ripari. Quindi a fine anno, tirando le somme, ci rendiamo conto come anche le mostre più grandi e più rinomate hanno dovuto fare i conti con la realtà e chiudere perdendo soldi e anche prestigio, tra queste: la “Quadriennale” di Roma, “Il mito di Raffaello” a palazzo Carpegna a Roma, “Raffaello” tra Milano e Brescia, “Tiepolo” alle gallerie d’Italia a Milano, “Chagall” a palazzo Roverella di Rovigo, “Van Gogh” a Padova e infine “Monet” a Bologna. Questo è solo un piccolo esempio di mostre d’arte ma se andassimo a vedere anche quante mostre di Storia, Archeologia e scultura annullate o musei e siti archeologici chiusi, realtà che spesso rimanevano aggiornati e attivi grazie ai visitatori, ci renderemmo conto di come un Paese che ha basato la sua storia sulla cultura e sull’arte stia facendo morire proprio quei settori che lo hanno reso grande.

Bibliografia

💻Covid, la ricerca: lettori in crescita nell'anno della pandemia - Tgcom24 (mediaset.it)
💻 La pandemia riporta i lettori ad acquistare libri - Il Sole 24 ORE
💻 Shock cultura: COVID-19 e settori culturali e creativi (oecd.org)

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a cura di

Myriam Venezia

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