Arrivando in via Ridola ci troviamo circondati dalle architetture locali in tufo latteo, di fronte a noi sulla via campeggia imponente Palazzo Lanfranchi, muto sorvegliatore di un pullulare di visi e storie, di turisti curiosi e vogliosi di scoprire la bellezza eterna della città. Nascosto tra i portoni dell’ex Convento di Santa Chiara spunta il Museo Archeologico Nazionale di Matera.
L’entrata spartana e semplice nasconde e cela una ricchezza inestimabile dei reperti al suo interno custoditi. Le pareti in Tufo del museo connotano gli ambienti di un’eleganza d’altri tempi, semplice e regale quasi a far risaltare i reperti conservati, l’ambiente contribuisce ad accompagnare il visitatore in un viaggio attraverso i secoli permettendo si essere abbracciati da una bellezza immutata che favorisce il focus su quello che il Museo conserva.

Domenico Ridola, politico, medico e archeologo
Il museo nazionale di Matera è intitolato a Domenico Ridola. Nato a Ferrandina nell’ottobre 1841, con origini nobili, intraprende la professione di medico nel 1865, conduce la sua professione con estrema passione e dedizione. Di idee liberali democratiche fu sindaco di Matera e dal 1913 senatore del Regno d’Italia. Durante questi anni coltivò e alimentò la sua passione per l’archeologia promuovendo a partire dagli anni 70 dell’800 varie campagne di scavo nel territorio materano e soprattutto nelle Murge materane. Tutti i reperti trovati nelle aree della murgia materana, a Timmari e quelli provenienti dalle svariate tombe furono donati allo stato e costituiscono il nucleo centrale del Museo a lui dedicato e inaugurato il 9 Febbraio 1911. Domenico Ridola fu per Matera una delle più importanti risorse culturali, fece in modo che venne scoperta e riscoperta favorendo una serie di studi archeologici che la consegnarono al mondo della cultura. Il senatore si spense a Matera nel giugno del 1932.
Le collezioni del Museo
Il museo è il più antico della Basilicata, nasce grazie al contributo del senatore Ridola e al grande lavoro, passione e dedizione che vi ha investito. Grazie alle scoperte e al suo impegno tutta la collina materana è andata incontro ad una fortunata stagione archeologica che continua tuttora da oltre 100 anni e che ha portato alla scoperta di numerose testimonianze preistoriche e magno greche in tutta la provincia. Articolato in più sale su due livelli propone un percorso cronologico attraverso i secoli e le scoperte tra reperti e ricostruzioni.
Iniziamo dalla Preistoria
All’inizio del nostro viaggio troviamo delle sale dedicate alla Preistoria, il pezzo che sicuramente attira l’attenzione del visitatore è una zanna ed un frammento di femore di elefante ritrovato a Bernalda. Nella stessa sala sono presenti anche altri frammenti umani ritrovati nelle caverne delle murge materane, interessanti e suggestivi ci permettono di avere un’idea dei primi insediamenti.

Archeologia del cibo
Proseguendo possiamo trovare diverse teche che custodiscono infiniti reperti e frammenti risalenti al neolitico antico ed al paleolitico: vari tipi di vasi e ciotole; reperti del neolitico medio tra cui delle interessantissime ghiande fittili e una serie di utensili da cucina, materiale proveniente dai villaggi trincerati, da Serra d’Alto e dalla Grotta dei pipistrelli (i maggiori siti archeologici presenti sul territorio). Questi reperti sono fondamentali per tracciare un’archeologia del cibo che costituisce un filone importante per la ricerca: tazze con forme antropomorfe, scodelle e vasi ma il reperto più bello e suggestivo è costituito da un cucchiaio fittile che presuppone una grande maestria nel modellare l’argilla nel Neolitico medio. Proseguendo su questa scia, abbiamo altri reperti del Neolitico Recente, in particolare una serie di vasetti con anse decorate soprattutto “a Rocchetto” ritrovate nelle aree archeologiche di Trilecchia, Serra d’Alto e Setteponti.

Una visita immersiva: l’uso delle ricostruzioni
Nella sala adiacente quello che spicca è la ricostruzione di una tomba contigua ad una capanna ritrovata a Serra d’Alto, il cadavere è rannicchiato e lo scheletro si presenta quasi intatto permettendoci di ammirarne la posizione in cui è stato ritrovato. Nella sale accanto continua una ricostruzione di una grotta con un altro corpo fossile. Il visitatore si ritrova poi ad attraversare un piccolo corridoio in cui è ricostruita una vera e propria grotta, estremamente suggestiva e accurata. Al suo interno vengono riprodotti i graffiti sulle pareti rinvenuti nella Grotta dei Cervi, gli stessi motivi decorativi che potrebbero ricordare a quelli rinvenuti sulle ceramiche di Serra d’Alto.

Attraversando la ricostruzione della grotta si accede ad una sala in cui sono conservati reperti vari ritrovati nelle diverse aree archeologiche tra cui ossa di erbivori, conchiglie, pelli e punte per le frecce. Il fulcro di questa sala è l’immensa ricostruzione di una capanna preistorica, lascia il visitatore senza fiato, curata nei minimi dettagli si lascia scoprire nelle sue minuzie. Si basa sulle numerose tracce ritrovate durante gli scavi, i numerosi materiali rivenuti hanno quindi svelato un pullulare di vita che ha permesso di ricostruire l’assetto di una capanna preistorica. Nelle teche adiacenti sono esposti alcuni reperti di uso quotidiano del Neolitico finale e del Bronzo Medio trovati soprattutto nei siti materani, tra questi troviamo i reperti provenienti dalle tombe a grotticella di Murgia Timone.

Archeologia del territorio
Da qui si accede al piano superiore, in queste sale sono conservati i reperti provenienti da tutta la provincia, soprattutto dall’area della colonizzazione magnogreca che da Metaponto si è irradiata in tutto l’entroterra materano. Numerose sono le ceramiche a figure rosse su sfondo nero conservate in queste sale, provengono dai siti della valle del Bradano e del Basento; in queste aree massiccio è stato il ritrovamento di tombe e corredi funebri alcuni risalenti anche al III sec a.C.

Oltre a questi importanti reperti, importante è la presenza di corredi funebri provenienti dalle numerose tombe ritrovate a Timmari: un esempio può essere lo splendido Cratere a Mascheroni a pitture rosse ritrovato in una sepoltura a semicamera di Timmari databile al IV sec a.C. le cui scene rappresentate richiamano l’Iliade e le atmosfere omeriche. Oltre alle ceramiche quasi del tutto intatte troviamo anche una serie di oggetti metallici di uso quotidiano ad esempio un elmo in bronzo ritrovato nel sito di Montescaglioso o il bacino bronzeo con un manico antropomorfo risalente alla seconda metà del IV sec ritrovato a Timmari.

Infine, in una sala apposita sono conservate una serie di ceramiche apule a figure rosse provenienti dall’entroterra numerosi sono i crateri, i vasi e le anfore di sublime bellezza tutti databili introno al IV/V sec a.C., oltre a corredi funebri con oggetti in ferro tra cui collane, anelli e fibulae ma anche svariati utensili, probabilmente da cucina, in ceramica. Da questa sala si approda in un’altra sala, qui è presente una collezione etnografica che chiude cronologicamente il nostro viaggio: gli oggetti conservati sono circa 400, sono principalmente in legno e appartengono alla cultura popolare e contadina che ha connotato il materano fino alla metà del secolo scorso. La visita si chiude nella Sala Ridola in cui vengono conservati manoscritti, documenti e cimeli che raccontano l’attività e la dedizione di Domenico Ridola nei confronti del museo e del territorio materano.

Perchè visitare il museo
Il Museo costituisce un gioiello nel territorio materano, una finestra sulla storia che permette di scoprire un passato estremamente ricco e variegato. Ben organizzato in ordine cronologico permette al visitatore di percorrere le tappe fondamentali della storia lucana attraverso esaustive descrizioni e spiegazioni lungo il percorso, le ricostruzioni suggestive ed evocative, a mio parere, costituiscono un arricchimento importante per il museo permettendo una maggiore immersione e comprensione della Storia soprattutto per chi non è un “addetto ai lavori”. Una tappa consigliata per chi vorrà scoprire la storia millenaria della città dei sassi e del suo entroterra.