fbpx

Il Museo Civico Archeologico di Bologna

Sotto ai portici bolognesi, nel centro storico del capoluogo, si trova il Museo Civico Archeologico di Bologna, un fiore all’occhiello di quello che è l’immenso patrimonio artistico e culturale della città. In questo editoriale tenteremo di tracciarne una sorta di identikit, grazie alla collaborazione della Dott.ssa Paola Giovetti, responsabile del Museo.

Palazzo Galvani: storia dell’edificio

Il Museo Civico Archeologico di Bologna accoglie il visitatore nel cuore della città, a due passi dalla Chiesa di San Petronio: vi si accede dal portico del Pavaglione, la loggia del Terribilia che si estende da Via De’ Musei sino a Via Luigi Carlo Farini, lungo Via dell’Archiginnasio e Piazza del Pavaglione, cui deve il nome, oggi conosciuta come Piazza Luigi Galvani.

Vale la pena spendere qualche parola sulla storia del palazzo, poiché non fu concepito come museo all’atto della sua nascita. Nella Bologna medievale esisteva una confraternita che si occupava di fornire assistenza ai carcerati e ai condannati a morte: era la confraternita di Santa Maria della Morte. A partire dal 1347 venne avviata la costruzione di un Ospedale, il primo della città, complesso che si estese progressivamente su tutta l’area dell’attuale isolato.

Dopo molte vicissitudini, la confraternita fu sciolta nel 1799 dalle leggi napoleoniche. Tra il 1862 ed il 1878 il palazzo venne completamente ristrutturato, grazie al lavoro congiunto di Coriolano Monti e Antonio Zannoni, per ospitare il Museo Civico Archeologico a partire dal 25 settembre 1881.

Archeologico Bologna
Cortile interno – Museo Civico Archeologico di Bologna ©

Il patrimonio del Museo

Il Museo, che si colloca tra le più importanti collezioni archeologiche della penisola: accanto a capolavori dell’arte greco-romana e alla raccolta di antichità egiziane, trova spazio un ricco repertorio di storia locale, dalla preistoria all’età romana. Il territorio di Bologna è stato infatti oggetto di ripetuti scavi, condotti tra Ottocento e Novecento. L’Etruria padana vide come capitale Felsina, l’attuale città di Bologna.

Il Museo dispone anche di un medagliere, che ospita la ricca collezione numismatica: 100 mila esemplari fra monete, medaglie, conii e punzoni. Per motivi di sicurezza non è visitabile ma previa appuntamento è comunque possibile consultare la banca dati dell’intera collezione e visionare gli esemplari.

Il percorso di visita al Museo si sviluppa su tre livelli. Dall’ingresso, situato al piano terreno si accede all’atrio e al cortile interno, sede della raccolta lapidaria. Dal cortile si diramano anche la sala destinata alle esposizioni temporanee e la sala del Risorgimento, spazio riservato ad eventi e conferenze organizzati dal Museo. Tornando nel cortile si ha la possibilità di accedere ai piani superiori, proseguendo il percorso di visita grazie allo scalone monumentale. Al primo piano si snodano le sale contrassegnate con i numeri da I a XII. Il piano interrato ospita la Collezione Egiziana del Museo, tra le più importanti d’Italia, terza per qualità e quantità di reperti (circa 4.000 oggetti) dopo Torino e Firenze.

La raccolta lapidaria

La raccolta lapidaria si snoda tra l’atrio d’ingresso e il cortile del Museo e comprende reperti eterogenei. Uno dei nuclei più interessanti proviene da precedenti collezioni private ed è composto principalmente da tabelle sepolcrali e lastre di colombario, la maggior parte delle quali provenienti da Roma, oltre ad alcune iscrizioni greche e bizantine. Di grande importanza per la storia di Bononia sono poi numerosi elementi architettonici facenti parte di edifici civili e funerari, sculture a tutto tondo, targhe e stele sepolcrali con iscrizioni.

L’atrio

Nell’atrio del Museo possiamo trovare i pezzi più importanti della collezione lapidaria, suddivisi rispetto alla loro provenienza.

Fra i reperti rinvenuti a Bologna, spicca sicuramente la Statua di Nerone, un marmo rinvenuto in via de’ Carbonesi, ove sorgeva il teatro della città. Questa rappresenta un personaggio di sesso maschile, in abbigliamento da parata trionfale, con una corazza anatomica riccamente decorata con figure marine e una testa di Gorgone. La città era molto grata all’imperatore, che aveva finanziato la sua ricostruzione a seguito dell’incendio che l’aveva devastata nel 53 d.C. Mancante di arti e testa, a causa della damnatio memoriae, è stato possibile intuire che la figura intera era stata rappresentata eretta, col braccio sinistro alzato per stringere un’arma.

Provenienti invece dal “Muro del Reno” sono le due stele del porcaro e del mortaio. Di forma e decorazione simile, le due stele in arenaria riportano un’iscrizione nella parte superiore del riquadro, mentre un bassorilievo in quella inferiore. Si presuppone che i due pezzi facessero parte di un unico sepolcro, di cui manca il segnacolo riportante il nome. Una stele riporta l’immagine di un pastore con sette maialini, l’altra un mortaio con pestello, immagini che probabilmente fanno riferimento all’allevamento dei maiali e alla produzione di insaccati.

Rivenuta a Borgo Panigale, alla periferia nord occidentale di Bologna, è la Sfinge calcarea. Il gruppo scultoreo, che in origine doveva far parte di un monumento funerario più grande, rappresenta una sfinge alata che con una zampa tiene ferma la testa di un guerriero che inginocchiato le dà le spalle. Il significato iconografico allude all’ineluttabilità della morte per l’uomo.

Alcuni scatti raffiguranti la Statua di Nerone, la Stele del Porcaro e la Sfinge –  Istituzione Bologna Musei | Museo Civico Archeologico – Ph. Matteo Monti ©

Il cortile

Le tabelle sepolcrali, le lastre e le iscrizioni, provenienti in gran parte dai cimiteri della periferia di Roma, in parte derivati dalla Collezione Marsili, sono stati murate nelle arcate dell’ala meridionale del portico del cortile.

Sempre sotto il portico del cortile, lungo il lato occidentale, è possibile ammirare i miliari della via Emilia e alcune stele del “Muro del Reno”, una diga scoperta nel 1894 lungo il fiume, vicino all’attuale Pontelungo.

Lungo l’ala orientale sono disposte le iscrizioni connesse alla vita pubblica risalenti all’epoca romana, iscrizioni imperiali e calchi di graffiti dell’acquedotto augusteo.

Sul lato settentrionale si snodano due registri: quello in alto riporta i culti praticati a Bononia, mentre in basso si trovano numerose stele funerarie, sempre provenienti dal “Muro del Reno”, che testimoniano l’esistenza di una vivace comunità, operosa e attiva nella produzione artigianale nel territorio bolognese intorno al I secolo d.C.

Panoramica della collezione lapidaria esposta nel cortile del Museo Civico Archeologico di Bologna – StorieParallele ©

La collezione egizia

I reperti che fanno parte di questa collezione provengono per la maggioranza dalla collezione di antichità di Pelagio Palagi ed è composta da circa 3500 oggetti, questo lo rende il terzo museo egizio in Italia per importanza e numero di manufatti.

Già nei secoli XVI-XVIII l’antico Egitto suscitò l’interesse di importanti studiosi e collezionisti bolognesi quali Ulisse Aldrovandi, Ferdinando Cospi e Luigi Ferdinando Marsili, per non parlare di Papa Benedetto XIV, che donarono alla propria città circa cento oggetti poi confluiti nelle collezioni civiche.

Chiaramente fu grazie alla spedizione di Napoleone e alla decifrazione dei geroglifici da parte di Champollion se anche in Italia l’egittologia divenne un’ossessione per i collezionisti e una materia di studi accademici. Palagi riuscì a raccogliere nella sua collezione ben 3109 oggetti che, alla sua morte, furono destinati alla città di Bologna e divennero così uno dei nuclei più importanti del nascente Museo Civico assieme alle antichità etrusche provenienti dal territorio. Nel corso degli anni fino ai giorni nostri, altri illustri bolognesi hanno arricchito la collezione egiziana con donazioni.

La prima saletta introduce il visitatore all’esposizione vera e propria, infatti, qui si possono trovare dei pannelli informativi che illustrano la storia della collezione e forniscono un quadro cronologico della civiltà egiziana. Segue una prima sezione tematica nella quale trovano il loro posto, alle pareti, alcuni rilievi rinvenuti sia all’interno della tomba del generale Horemheb che in altre sepolture a Saqqara. Nella grande sala centrale i manufatti sono esposti in ordine cronologico a partire dall’Antico Regno fino all’Epoca romana. A metà sala si apre un’ulteriore sezione tematica con funzione prevalentemente didattica dedicata agli amuleti, al corredo funerario e alla scrittura, quest’ultima con documenti dall’antico Egitto alla Mesopotamia.

Panoramica di alcune sale del percorso museale – StorieParallele ©

La tomba di Horemheb

Sia i rilievi appartenenti alla tomba di Horemheb che quelli delle altre sepolture appartengono prevalentemente al Nuovo Regno e furono rinvenuti all’interno della necropoli di Saqqara dove troviamo tombe databili tra la XVIII-XIX dinastia. Di coloro a cui appartengono le iscrizioni dei rilievi, solo le tombe di Hormin e Horemheb sono state al momento ritrovate.

Il comandante delle guardie reali Horemheb divenne l’ultimo faraone (1319-1292 a.C.) della XVIII dinastia alla morte di Ay, che era succeduto al giovane faraone Tutankhamon. Di lui abbiamo ben tre sepolture: una, da generale dell’esercito, a Tell el-Amarna di quando ancora la corte di Akhenaton era in quel luogo; la seconda nella necropoli di Saqqara da comandante in capo dell’esercito egiziano; la terza nella necropoli reale a Tebe da faraone, dove poi venne sepolto.

I rilievi che sono all’interno del museo si riferiscono alla sepoltura menfita di Saqqara, riscoperta a fine anni ’70 del Novecento. I rilievi mostrano scene di accampamento militare per celebrare le campagne vittoriose di Horemheb, come ad esempio quella con prigionieri nubiani, o quella con un messaggero a cavallo. Alle scene di vita militare si affiancano scene di significato più propriamente funerario come quella che ritrae il faraone nella vita dell’aldilà, nei cosiddetti “campi di Iaru”, che corrisponde al capitolo 110 del Libro dei Morti.

Dettagli dei rilievi raffiguranti Horemheb – StorieParallele ©

Dall’Antico Regno all’epoca romana

All’interno della grande sala principale sono esposti manufatti di varie epoche e di vario genere che vanno dal vasellame, alle statue, agli utensili, ai sarcofagi e ai rilievi.

Tra i vari oggetti di una certa rilevanza ci sono anche tre anelli in faience con sopra inciso il cartiglio del faraone Tutankhamon (1332-1323 a.C.) appartenente alla XVIII dinastia. Vista la fragilità del materiale con cui sono stati realizzati è certo che fossero amuleti e non sigilli o gioielli del sovrano. Due riportano il nome di nascita “Tutankhamon” e uno il suo nome di trono “Nebkheperura”.

Tra i vari reperti che appartengono al museo non potevano certo mancare alcuni esemplari di vasi canopi come quelli di Amenudjsu, il fanciullo del Kap, che risalgono alla XVIII dinastia (1539-1292 a.C.) e che sono in terracotta. Servivano alla conservazione degli organi che venivano estratti dal defunto in fase di imbalsamazione.

Appartiene invece al faraone Nectanebo I (380-362 a.C.) della XXX dinastia uno splendido rilievo in dolerite, un tipo di roccia ignea o lavica, che ci mostra il sovrano mentre compie atti di offerta alle divinità. Questo manufatto fu donato da papa Benedetto XIV alla sua città.

Alcuni scatti con i vasi canopi, il rilievo di Nectanebo I e anelli in faience – StorieParallele ©

Gli amuleti

La sala tematica si apre con una grande vetrina dedicata agli amuleti. Gli amuleti sono oggetti di piccole dimensioni, che gli Egiziani usavano indossare sia da vivi che da morti, con funzione protettiva. La valenza magica dell’amuleto dipendeva dalla forma, dal materiale e dalle eventuali iscrizioni che lo caratterizzavano. Gli amuleti possono riprodurre divinità, animali e piante, oggetti e anche parti umane e animali.

Fra questi, spiccano alcuni pezzi che raffigurano Bes, la divinità con corpo di nano ricoperto da una pelliccia di leone, che proteggeva la casa dagli spiriti maligni e dagli animali malefici, come i rettili, vegliava sulle partorienti e sui bambini ed era anche dio della danza e della gioia, della musica e dei musicisti.

Alcuni dettagli della vetrina degli amuleti – StorieParallele ©

La scrittura

Parallelamente alla vetrina dedicata agli amuleti, si sviluppa una sezione dedicata alla scrittura. Per gli Antichi Egizi qualsiasi superficie era idonea per poter ospitare un testo, che fosse scritto in geroglifico, ieratico, demotico o copto. Bellissima la soluzione museale adottata per esporre i papiri, tra i quali si segnala per importanza una miscellanea di età ramesside, ovvero un insieme di testi che comprendono fra gli altri inni agli dèi, elenchi di parole e modelli di lettera.

Colpisce anche la stele copta di Macario, una stele in calcare rinvenuta nella Necropoli di Saqqara nel monastero di Apa Geremia. L’iscrizione, che si sviluppa lungo dieci righe, è in lingua copta, utilizzata dai Cristiani d’Egitto.

Alcuni dettagli delle vetrine dedicate alla scrittura – StorieParallele ©

Il corredo funerario

Chiude la collezione egizia una splendida vetrina in cui è stato ricostruito un corredo tipico di Epoca Tarda, raggruppando reperti di varia provenienza. La mummia e i due sarcofagi appartengono a Usai, figlio di Nekhet, vissuto a Tebe durante la XXVI dinastia. Completano il corredo i vasi canopi e altri oggetti quotidiani, come il poggiatesta, che dovevano allietare in eterno la vita del defunto.

Panoramica del corredo funerario – Museo Civico Archeologico di Bologna – Ph. Matteo Monti ©

Storia di Bologna: dalla Preistoria all’età romana

Se si vuole ripercorrere la storia di Bologna dalla Preistoria fino all’età romana, è consigliata la visita delle seguenti sale, in modo da rivivere un vero e proprio viaggio nella Storia della città, scandendone le cronologie:

  • Bologna e il suo territorio nella preistoria (sala I);
  • Bologna etrusca (sala Ia, III, X, Xa,);
  • Bologna gallica (sala XI);
  • Bologna romana (sala XII e Lapidario).

Bologna e il suo territorio nella preistoria

La sezione preistorica documenta la presenza dell’uomo nel territorio bolognese a partire dal Paleolitico Inferiore. L’esposizione, organizzata scandendo la cronologia di questa periodizzazione, è incentrata su alcuni reperti dell’età del Bronzo, rinvenuti nella Grotta del Farneto, nei villaggi terramaricoli della pianura tra Modena e Bologna e nelle prime colline bolognesi.

Bologna etrusca

È grazie ad autori come Plinio il Vecchio che ci abbiamo testimonianza di Felsina, la Bologna etrusca, capitale dell’Etruria padana. Il museo vanta ricchi corredi sepolcrali, rinvenuti nelle tombe del territorio, oltre a testimonianze abitative e produttive, dai villaggi alle prime città, lungo un percorso che si snoda dalle origini villanoviane, sino alla fase arcaica e classica.

Bologna gallica

Intorno al V-IV secolo a.C, il territorio di Felsina venne interessato dalle migrazioni dei Boi, una popolazione di origine transalpina. Per circa duecento anni la tribù gallica si sovrappose alla popolazione etrusca: di questi si ha testimonianza quasi esclusivamente dai corredi funerari.

Bologna romana

Nella sua storia, Bologna è stata anche una colonia di diritto latino: Bononia, fondata nel 189 a.C., a conclusione della lunga lotta contro le popolazioni celtiche in regione, i reperti esposti sono provenienti dall’abitato e dalle necropoli. Fra i luoghi principali della Bologna romana citiamo il foro, che si estendeva ad ovest della medievale Piazza Maggiore, nell’area oggi occupata dal lato nord-occidentale del Palazzo Comunale, mentre la Basilica civile e giudiziaria è stata rinvenuta sotto la Biblioteca di Sala Borsa.

Archeologico Bologna
Collezione etrusca – Museo Civico Archeologico di Bologna – Ph. Roberto Serra ©

Come visitare il Museo Civico Archeologico di Bologna

Per poter garantire la miglior tutela dei visitatori ed evitare al massimo il rischio di contagio, l’Istituzione Bologna Musei ha attivato le necessarie misure di sicurezza per il contenimento del COVID-19. L’accesso e la permanenza all’interno di tutte le sedi dell’Istituzione sono facilitati dalla presenza di alcuni ausili, quali una segnaletica specifica, anche direzionale, cartelli e un’informativa cartacea consegnata all’ingresso, con una versione rivolta specificatamente ai bambini. Durante la visita e per l’intero periodo di permanenza all’interno della struttura, è obbligatorio l’uso della mascherina ed è necessario mantenere sempre la distanza di sicurezza interpersonale, evitando affollamenti.

L’accesso al museo avviene tramite prenotazione. Per l’acquisto dei biglietti è attivo il servizio di prevendita online. È comunque possibile acquistare il biglietto anche direttamente alla cassa del museo, con pagamento tramite bancomat e carta di credito (non sono accettati pagamenti in contanti). In questo caso l’emissione del biglietto sarà effettuata in relazione al primo slot orario libero disponibile, tenendo conto degli slot predefiniti e degli acquisti online.

Le audioguide, gli schermi touch screen e altri ausili che prevedono contatti non sono disponibili: per ovviare a tale indisponibilità i visitatori possono utilizzare la app MuseOn.

Vi consigliamo di seguire il Museo sui suoi canali social ufficiali, per non perdere nessuna iniziativa!

ArcheoIntervista al museo!

Abbiamo avuto il piacere di incontrare la Dott.ssa Paola Giovetti, responsabile del Museo Civico Archeologico di Bologna: nell’intervista ci racconta il Museo per chi ancora non avesse avuto modo di visitarlo.

Iscriviti al nostro canale YouTube per non perderti le novità!

Bibliografia

📖 Guida al Museo Civico Archeologico di Bologna - Cristiana Morigi Govi (a cura di) - Editrice Compositori 2009
💻 comune.bologna.it/archeologico
📷 Si ringrazia la direzione del Museo Civico Archeologico di Bologna e Istituzione Bologna Musei per la concessione delle immagini

Condividi l'articolo

a cura di

Martina Tapinassi

Altri articoli

Editoriali SP.it

Iscriviti alla

Newsletter

Ultimi articoli