Strano a dirsi ma la zucca nell’Antichità era molto diffusa. I più potranno subito obiettare che la zucca, quella che noi conosciamo oggi, è arrivata in Europa solo dopo la scoperta del Nuovo Continente. A giusta ragione. Ma allora chi ha ragione? Entrambi!
La zucca nell’antichità: le fonti
Di fatto esistevano già alcune varietà di zucca, molto diverse esteticamente da quelle odierne: secondo Augustin Pyrame de Candolle, botanico svizzero del XVIII° secolo, quella conosciuta dagli Antichi Romani doveva essere la Cucurbita Lagenaria, originaria dell’India e del Malabar.
Interrogando le fonti coeve, Columella ci viene in soccorso, descrivendone due tipologie: una rigonfia e tondeggiante ed un’altra più allungata e serpeggiante (Res Rustica – Libro X, 78 segg.). La coltivazione della zucca non era solo a scopo alimentare ed è Plinio a descrivercene i vari usi: una volta svuotata la polpa, veniva fatta essiccare per poi utilizzarla come contenitori alimentari.
“Da poco (le zucche) vennero in uso al posto degli orci nei bagni, inoltre già da tempo anche al posto delle anfore per i vini da conservare.”
Plinio il Vecchio – Naturalis Historia XIX, 71
Catone ci dice inoltre che, in epoca arcaica, i Romani erano soliti utilizzare a scopo alimentare anche i rampicanti della zucca lunga, calabaza, e degli stoloni delle fragole (De Agri Cultura – CVIII, 101). Non possiamo a questo punto non citare Marziale, che definisce la nostra protagonista come ingrediente perfetto per la cucina mistificatrice dell’epoca. Il talento illusionistico dei cuochi doveva indurre nei commensali un duplice effetto: dapprima di spaesamento e poi di sorpresa, nell’accorgersi solo all’assaggio che il piatto presentato celava ingredienti impensati. Per Marziale, difatti, la zucca manipolata da abili cuochi, poteva sostituire gli ingredienti di quasi tutte le portate.
“Di esse (le zucche) il fornaio fa insipide focacce, da qui crea svariate tortine (…). Da qui nascono al cuoco diversi manicaretti, tali da credere che ti vengano servite lenticchie e fave; imita funghi e salsicce, la coda di pesce salato e le piccole sardelle. Da qui il dispensiere sperimenta gli accorgimenti di celare, da bravo furbo, ricorrendo a vari sapori (…).”
Marziale – Epigrammi XI, 31
Da queste ricche testimonianze possiamo dunque affermare che sì, i Romani conoscevano le zucche e che ne facevano largo uso.
La zucca in Apicio
Molte sono le ricette testimoniano la presenza della zucca sin all’antichità. Apicio, noto gastronomo romano e autore del De Re Coquinaria, la propone in ben 8 ricette: il nostro ArcheoCuoco Samuele ha selezionato quella che gli è sembrata più particolare e più gradevole anche per i palati odierni: le Zucche all’Alessandrina.

Così riporta testualmente la ricetta:
“Zucche alla alessandrina: sgocciola le zucche, lessate in acqua, cospargile di sale e sistemale in un recipiente. Pesta, unendo aceto, pepe, cumino, semi di coriandolo, menta fresca, radice di silfio. Aggiungi datteri, pinoli e pesta ancora; amalgama con miele, aceto, garum, defrutum e olio. Versa sulla zucca. Quando avrà bollito, cospargi di pepe e servi.”
La realizzazione della ricetta è piuttosto semplice: occorre lessare in acqua salata la dadolata di zucca e al contempo preparate la salsa per mezzo di un mortaio.

Per quanto riguarda gli ingredienti è doveroso fare alcune precisazioni, già accennate nelle precedenti ricette. Apicio non ci lascia alcuna indicazione circa le dosi degli ingredienti: qui entra in campo la professionalità del nostro ArcheoCuoco, che suggerisce le quantità per rendere equilibrata la commistione fra i vari ingredienti. Ovviamente, essendo un’interpretazione, può essere modificata a proprio piacimento.
Inoltre, alcune materie prime non sono ad oggi disponibili e diventa quindi necessaria una sostituzione, con un prodotto ovviamente diverso dall’originale ma che possa rispettare la linea della ricetta. In questo caso specifico abbiamo utilizzato dell’aglio al posto del silfio e del vino passito al posto del defrutum.