Molti conoscono la caccia alle streghe e la stregoneria, ma sappiamo veramente di cosa si tratta? Al di là delle leggende esiste una verità storica che ci racconta chi erano le streghe, di cosa venivano accusate e dei processi cui vennero sottoposte.
Identikit della strega
La stregoneria era un complesso di pratiche magiche e rituali simbolici messe in pratica dalle cosiddette “streghe”, considerate esseri soprannaturali maligni o persone comuni che praticavano magia nera. La credenza della loro esistenza è antica, nasce in età classica e si sviluppa nel Medioevo, periodo nel quale inizia la cosiddetta caccia alle streghe che continuerà anche in epoca moderna, fino al XVII secolo. Le streghe erano accusate di tenere patti segreti con il diavolo e di riuscire, grazie ai loro poteri, a piegare a proprio vantaggio le forze della natura e la salute delle persone. Nel medioevo il potere attribuito alle streghe era usato per spiegare le disgrazie che si abbattevano sugli uomini, facendo di quelle donne un capro espiatorio. Molte delle donne incolpate erano guaritrici che avevano la capacità di curare le malattie con rimedi magici e conoscevano l‘utilizzo medicinale di erbe e piante. Ma non solo: si trattava anche di donne sole, vedove, forestiere o che avevano una “cattiva fama”. Infatti, le donne nel medioevo erano considerate degli esseri caratterizzati da una innata debolezza, e per questo dovevano essere soggette al controllo di un uomo: difatti dovevano essere “proprietà “ora del padre, ora del marito. Una donna sola, non protetta, poteva essere molto più facilmente attaccata. La società vedeva inoltre in questo “movimento” la sopravvivenza di usi e superstizioni pagane e quindi una minaccia verso la Chiesa, tant’è che spesso l’accusa veniva spostata dal campo della superstizione a quello dell’eresia. Di queste accuse si occupava il tribunale dell’Inquisizione.

L’inquisizione medievale
l’Inquisizione era un tribunale ecclesiastico creato per la repressione delle eresie. La sua nascita si fa risalire al dodicesimo secolo, in stretta relazione con lo sviluppo di movimenti eretici, come i Catari e i Valdesi. I tribunali dell’inquisizione furono istituiti in varie parti dell’Europa da Gregorio IX (1227- 1241) che nel 1235 affidò l’incarico di inquisitori ai domenicani; successivamente con Innocenzo IV tale incarico venne esteso anche ai frati minori. L’Inquisizione medievale aveva lo scopo di colpire l’eresia e preservare l’ortodossia della religione cristiana ma non solo, perché ebbe anche il compito di perseguire le pratiche di stregoneria e magia soprattutto quando queste manifestavano un chiaro aspetto di eresia. Tra la seconda metà del quattordicesimo e la prima metà del quindicesimo secolo la sua attività cominciò a diminuire sempre di più, anche se continuò ad esistere anche dopo, quando fu organizzata l’inquisizione Romana del sedicesimo secolo.

Come si svolgeva il processo
Il processo si divideva in diverse fasi: la denuncia, l’inchiesta e il processo vero e proprio. La denuncia poteva avvenire sia da parte di un accusatore che aveva delle prove, sia da parte di un accusatore senza prove ma che godeva di buona fama. Dopo aver ricevuto le accuse, il giudice avviava il processo e davanti a un notaio si faceva dire dall’accusatore se le accuse presentate erano per esperienza diretta o per sentito dire. Tra i testimoni si accettavano anche nemici dell’imputato e nell’interrogatorio venivano fatte molte domande sulla vita privata dell’accusato. Si procedeva, poi, con l’inchiesta che era la prima fase per giudicare una persona. L’inquisitore, giunto in un luogo in cui sospettava abitassero eretici, si presentava al vescovo locale. Con il permesso di quest’ultimo convocava il popolo, davanti al quale teneva “un discorso” in cui esponeva il suo punto di vista sui valori della chiesa e sulla fede. A questo punto il tribunale pubblicava due editti: l’editto di Grazia, con cui si concedeva la grazia a chi si fosse spontaneamente denunciato all’inquisitore entro un determinato lasso di tempo, e l’editto di Fede, con cui si obbligava chiunque fosse stato a conoscenza dell’esistenza di un eretico di denunciarlo all’inquisitore. Dopo l’inchiesta l’imputato veniva arrestato, ma non sempre andava in prigione, a volte veniva rilasciato su cauzione. L’imputato non poteva sapere né per cosa era stato accusato né chi fossero i testimoni fino al processo. Per ottenere delle confessioni certe, e così poi sottoporle al processo, si usavano spesso le torture. Le torture più comuni erano la corda, la ruota, la frusta e la lapidazione. Alcune streghe resistevano alle torture e venivano rilasciate, altre non ce la facevano e confessavano anche reati non commessi, per evitare di soffrire. Dopo la tortura e la confessione, si decideva come la strega doveva essere uccisa in base al fatto compiuto; venivano condannate per stregoneria, eresia, omicidio, avvelenamento o satanismo. Le modalità di esecuzione erano diverse: il rogo, l’impiccagione e lo schiacciamento da pietre.

Un caso: Guglielma e Maifreda
Un caso di donne condannate al rogo nel medioevo è quello di Guglielma e Maifreda, vissute nel XIII secolo. Guglielma era una donna misteriosa, secondo molti figlia di Costanza d’Ungheria, seconda moglie del re di Boemia. Dall’Ungheria venne a Milano e qui strinse dei legami con l’Abbazia di Santa Maria di Chiaravalle, dove si fece terziaria o conversa dei Cistercensi. Presto la sua fama di mistica e guaritrice crebbe, fino a creare attorno a sé un movimento religioso, i Guglielmiti. Nell’Abbazia di Santa Maria c’è un affresco raffigurante San Bernardo, la Vergine Maria e ai suoi piedi Guglielma e accanto una suora, probabilmente Maifreda. Maifreda era una suora la cui vita fu cambiata da Guglielma, ed era una delle sue seguaci più importanti. Guglielma morì nel 1281-82 e venne proposta per la canonizzazione ma i suoi seguaci, ossia Maifreda ed altre trentuno persone, vennero processati e nel 1300 condannati al rogo. I verbali del processo raccontano tutta la vicenda e, anche se non danno informazioni sulla tortura, si immagina che venne usata in alcune fasi. Guglielma venne accusata di eresia poiché i suoi seguaci, i guglielmiti, la paragonavano a Gesù Cristo: come lui Guglielma avere cinque piaghe ed era di essenza divina. Maifreda, invece, era considerata dai guglielmiti la “Papessa’’, cioè l’equivalente di San Pietro, primo papa e discepolo di Gesù che aveva il compito di diffondere la religione cristiana. La Papessa o Sacerdotessa, inoltre, è anche una carta dei tarocchi, il secondo degli arcani maggiori. Maifreda è rappresentata come un’anziana con un abito blu o rosso molto spesso seduta con un libro sulle ginocchia. Lei mantiene uno sguardo avanti ed esprime concentrazione, stabilità, femminilità, pazienza, riflessione, moderazione e intuizione.
Curiosità e leggende
Nella cultura popolare esistono diverse leggende legate alle streghe, vediamone qualcuna insieme.
Il gatto nero veniva considerato simbolo di sfortuna e nel medioevo si riteneva fosse la reincarnazione degli spiriti maligni. Erano probabilmente associati alle streghe per la loro capacità di cadere da molti metri senza farsi un graffio. Per molti secoli questi felini sono stati oggetto di culto pagano e, infatti, si dice che papa Gregorio IX emanò una bolla autorizzando lo sterminio di qualsiasi gatto, in nome di Dio. Le superstizioni che vedevano come protagonisti i gatti sono state tante e diverse, ognuna però vedeva la morte del felino come di buon auspicio. Famosa è la credenza anglosassone secondo la quale i gatti avevano 9 vite. Secondo questa credenza le streghe potevano trasformarsi in gatto ben otto volte. La nona, l’ultima, avveniva durante la notte dei gatti, per la precisione il 17 agosto.
La Ianara o Janara, era una bambina nata nel giorno di natale che stranamente nasceva votata al male. I nostri nonni, nei lunghi inverni, ci hanno narrato storie di janare, che uscivano durante la notte a rapire bambini o a commettere scherzi sinistri ai malcapitati. Questa strega aveva le fattezze di una donna anziana che di giorno svolgeva una vita normale, mentre la notte usciva fuori di casa commettendo i suoi riti maligni. Una ianara era capace di cambiare volto, di presentarsi sotto forma di splendida creatura oppure di gatto nero, era capace di volare durante la notte e si diceva che quando si sentiva cantare una ianara, nei pressi di un’abitazione, significava che qualcuno in casa sarebbe morto. La tradizione vuole che per scongiurare l’ingresso in casa di una janara, bisognasse mettere fuori dalla porta una scopa. La ianara, infatti, non poteva entrare in casa se prima non aveva contato tutte le setole della scopa. Oppure bisognava sempre appendere fuori dalla porta una corona d’aglio, dei ferri di cavallo o dei chiodi, quest’ultimi ricordando il sacrificio di Cristo sulla croce.
L’ultima leggenda riguarda il noce di Benevento. Nell’immaginario collettivo, Benevento era il covo delle streghe ed in più era il luogo ove cresceva, maestoso e terribile, un grande noce. E sempre secondo i racconti, il noce di Benevento era quello intorno al quale tutte le grandi e più potenti streghe, provenienti da tutta Europa, si incontravano per celebrare i loro riti demoniaci.

DidatticheParallele: gli autori dell’articolo
Vi è piaciuto questo articolo? Ci credereste se vi dicessimo che non è farina del nostro sacco? Difatti questo approfondimento rientra nel nostro progetto DidatticheParallele, uno spazio virtuale in cui le scuole diventano protagoniste. Ringraziamo le alunne della 2C dell’Istituto Comprensivo S. Pio V, plesso Bramante, Roma, nonchè autrici dell’articolo: Giorgia G., Vittoria I., Giulia O., Marta P., Eileen S.