Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, nacque Piadena vicino Cremona, intorno al 1421. Di origine umile, deve il suo al nome latino della città di origine.
Bartolomeo Sacchi: l’uomo oltre al cuoco
Arruolato come mercenario al servizio dei condottieri Francesco Sforza e Niccolò Piccinino, si avvicinò agli studi umanistici solo in età avanzata. Intorno al 1449 iniziò a frequentare la Casa Giocosa di Mantova, fondata da Vittorino da Feltre, allora diretta da Ognibene Bonisoli da Lonigo. Dopo pochi anni, Platina prese la direzione della scuola, assumendo anche il ruolo di precettore dei figli del marchese di Mantova, Ludovico Gonzaga.
Nel 1457 si trasferì a Firenze per studiare con Giovanni Argiropulo, entrando in contatto con la famiglia Medici e con il panorama umanista fiorentino.
Cinque anni dopo si spostò a Roma, al seguito del giovane Cardinale Francesco Gonzaga. Iniziò a frequentare l’Accademia Romana di Pomponio Leto e ottenne la protezione dei cardinali Iacopo Ammannati Piccolomini e Bessarione. Proprio a Roma iniziò la sua sventura: assunto nel 1464 come abbreviatore nella cancelleria di Pio II, fu subito licenziato dal nuovo Papa Paolo II. La ribellione a tale decisione gli costò l’arresto.
Nel 1468 fu di nuovo arrestato, questa volta con l’accusa di aver partecipato alla fantomatica congiura ordita dagli accademici della cerchia di Pomponio Leto contro la vita dello stesso Papa Paolo II. A questa si aggiunsero le accuse di eresia ed epicureismo. Dopo una prigionia fatta di torture e maltrattamenti, venne ospitato presso i Gonzaga, nei bagni di Petriolo e ad Albano.
La figura di Platina venne riabilitata solo dopo la morte di Paolo II, grazie all’intercessione di Sisto IV che nel 1475 gli commissionò la direzione della Biblioteca Vaticana. Morì a Roma, il 21 settembre 1481, forse vittima dell’epidemia di peste.

Il De honesta voluptate e valitudine
Umanista di forte temperamento, Platina fu un autore prolifico: biografie, elogi, opere filosofiche e storiche sono solo alcuni esempi della sua produzione letteraria. Il motivo per il quale è da considerarsi un personaggio chiave della Storia della Gastronomia è che compose il primo libro di cucina a stampa, il De honesta voluptate et valitudine, probabilmente scritto negli anni 1466-67. Il grande successo editoriale è riscontrabile nel gran numero di ristampe e di traduzioni del volume.
L’opera si apre con una lettera dedicatoria al Cardinale Bartolomeo Rovella: in queste prime parole, Platina vuole spiegare la valenza per niente viziosa della parola piacere presente nel titolo. I molteplici significati, alcuni dei quali sconvenienti, di questo termine potrebbero infatti costargli critiche molto aspre, soprattutto perché accostate al nome del Cardinale, persona nota per la rettitudine dei suoi costumi. Platina fuga quindi l’ipotesi che il piacere di cui parla nelle sue pagine sia il vizio dei libidinosi e degli intemperanti, e lo fa con queste parole:
“Parlo al contrario di quel piacere che nasce dalla continenza del vitto e di tutte le altre cose cui tende la natura umana, poiché non ho mai visto fino ad oggi nessuno così lussurioso e incontinente che non sia stato indotto a qualche piacere e che almeno una volta non si sia allontanato da ciò che aveva concupito più di quanto fosse lecito.”
E ancora torna sull’argomento successivamente, ribadendo che non vuole che le sue parole vengano travisate, venendo marchiato come un goloso e un ingordo.
Platina sviluppa il discorso gastronomico in chiave moderna, poiché riporta indicazioni mediche, dietetiche e morali per vivere in buona salute godendo del piacere onesto: non si trattava di un semplice ricettario, dunque. Sempre nell’apertura dell’opera Platina introduce l’argomento:
“Sarà infatti mia cura illustrare scrupolosamente quel modo salutare di nutrirsi che i Greci chiamano dieta e definire la natura degli alimenti e delle vivande, con l’aggiunta di alcuni precetti intorno alla cura delle malattie.”
I capitoli iniziali dell’opera propongono consigli a carattere generale, che esulano dal discorso culinario: egli elenca alcuni esercizi fisici per tenersi in forma o trucchi su come dormire e digerire meglio. Solo in un momento successivo entra in scena il cuoco, attore capace di trasformare gli ingredienti in piatti piacevoli ma salutari per l’uomo.

Le due fonti a cui si ispirò l’autore furono la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e il Libro de arte coquinaria di Mastro Martino.
Della prima troviamo il tratto nozionistico-enciclopedico: Platina difatti analizza le materie prime, fornendone descrizione e dettagli, circa l’origine geografica ed etimologica, oltre l’utilizzo. In questo Platina conferma la considerazione che ha nei confronti delle auctoritates: punti di riferimento, esempi da seguire nella scelta degli argomenti da trattare.
Per quanto riguarda invece Mastro Martino, è importante soffermarsi sulle parole dello stesso autore, che lo definisce come il “principe dei cuochi ai nostri tempi, dal quale ho imparato il modo di cucinare ogni pietanza”.
Possiamo quindi osservare che, sebbene Platina si senta debitore nei confronti di autori passati, egli è il fondatore di una visione rivoluzionaria in fatto di gusto. Egli ne è consapevole poiché a margine della ricetta del biancomangiare tratta dall’opera di Mastro Martino, scrive:
“Questo condimento l’ho sempre preferito a quelli suggeriti da Apicio. Non c’è infatti nessuna ragione per cui si debbano anteporre i gusti dei nostri antenati a quelli di oggi, poiché, se ci hanno superato in quasi tutte le discipline, quanto al gusto noi siamo insuperabili.”