La figura di Pietro il Grande, ovvero Pietro Alekseevič Romanov (9 giugno 1672- 8 febbraio 1725), è strettamente legata a quella della transizione della Russia da impero strutturalmente fragile ed economicamente debole a potenza capace di porsi alla pari con l’Occidente. Per capire però la figura di Pietro, che era un uomo straordinario e molto eccentrico per gli standard dell’epoca, bisogna porre particolare attenzione alla sua infanzia.
L’infanzia dello zar
Pietro era primogenito dello zar Alessio I, avuto dalla seconda moglie Natalia Kirillovna Nariškina, donna di piccola nobiltà. Dopo la morte dello zar Alessio la lotta si fece accesa per la successione tra le famiglie delle due mogli: infatti il primogenito del primo matrimonio, Fedor, era tecnicamente già successore ma il ragazzo era di salute molto cagionevole e questo dava un ottimo pretesto alla famiglia della madre di Pietro per contestare l’ascesa al trono del ragazzo. Il conflitto si fece così acceso che si arrivò ad una vera e propria lotta armata fin dentro le mura del Cremlino che si concluse con un bagno di sangue da entrambe le parti. Fortunatamente però si arrivò all’accordo che Fedor e Pietro dovessero regnare come zar vecchio e zar giovane ma che il potere fosse nelle mani della sorella maggiore di Fedor, Sofia.
Vorrei spendere qualche riga per ricordare il meraviglioso lavoro fatto da Sofia durante gli anni della reggenza che in qualche modo fece da precursore a quello di Pietro. Ella infatti si spese molto, con un formidabile successo, per la rivalutazione diplomatica dell’impero creando legami e ambasciate in Occidente e facendo anche da tramite per il primissimo trattato europeo con la Cina nel 1689.
Durante il conflitto, Pietro, insieme alla madre, si trovava nella residenza di campagna dello zar Alessio, nel quartiere tedesco a tre miglia dal centro di Mosca. Fu proprio qui che Pietro ebbe modo di sviluppare il suo carattere particolare ed eccentrico: vivendo infatti in un quartiere multiculturale come quello tedesco in cui si trovavano anche olandesi, austriaci ed ebrei in cui egli ebbe modo di assorbire la cultura occidentale e di aprire la sua mente ed il suo pensiero. Pietro partecipò anche fin da giovane alla milizia giovanile e iniziò subito a lavorare a quella che fu la sua passione più grande per tutta la sua vita: la carpenteria navale, che praticò costantemente partecipando nella costruzione di navi come operaio qualsiasi.

L’adolescenza
Nel 1694 Pietro finalmente prese le redini del governo e nel frattempo la madre combinò il matrimonio con Evdokija Lopukhina, donna di famiglia nobile moscovita, ma che Pietro non amava affatto dedicando molto più tempo alla sua amante.
Pietro era un uomo poliedrico, sempre curioso e pieno di vita: portava sempre con sé, anche in campagne militari, un tornio; imparò il tedesco e l’olandese e fu appassionato di medicina, specialmente odontoiatria e chirurgia, tanto è vero che era solito fare operazioni ai suoi servi ed era molto attento a prendere appunti di tutto quello che accadeva. Ma la sua passione principale era il mare tanto è vero che nel 1698 durante un viaggio diplomatico in Inghilterra disse al suo tornitore Andrei Manov: “Se io non fossi lo Zar, vorrei essere un ammiraglio della Gran Bretagna”.
Particolari sono anche le testimonianze dei suoi viaggi diplomatici durante i quali, appena terminati i suoi obblighi, faceva spesso e volentieri visita a taverne, osterie e bettole in cui beveva e si ubriacava; veniva anche visto passare molto tempo tra gli operai dei cantieri navali, ove presenti. Veniva descritto come rozzo, ma intelligente ed arguto, in possesso di un carisma quasi animalesco che lasciava interdetti molti diplomatici che avevano a che fare con lui.

Il regno, la guerra e le politiche socio-economiche
Il primo obiettivo che Pietro si pose, salito al trono, fu quello di dare all’impero russo uno sbocco sul mare, che all’epoca non aveva nonostante la sua grande estensione territoriale, con conseguente flotta navale. Potremmo pensare che questo fosse un capriccio dello zar, data la sua grande passione per le navi ed il mare, ma avere uno sbocco sul mare era necessario per far entrare l’impero nel grande circolo del commercio europeo ed era anche un’occasione per mostrare i muscoli e la capacità della popolazione russa e del suo monarca.
L’occasione si presentò con la campagna contro l’Impero Ottomano per la conquista del Mar Nero, nella campagna di Azov, forte turco alla guardia della foce del fiume Don. In questa campagna lo zar Pietro partecipò non come generale, come era costume, ma come semplice sergente d’artiglieria. Lo zar era infatti forte promotore della meritocrazia, sopratutto nell’esercito che era ormai piagato dal nepotismo nobiliare, imponendola anche a sé stesso, partendo dal basso e guadagnandosi i suoi gradi.
La prima battaglia per la conquista del forte fu una sconfitta, ma la reazione di Pietro fu tanto straordinaria quanto prevedibile per il suo carattere: radunò tutto l’esercito al comando di un solo generale e iniziò immediatamente la costruzione di una rapida flotta, la prima nella storia russa, con la quale prese completamente alla sprovvista il nemico, che si aspettava un attacco da terra, vincendo l’assedio. Subito dopo la vittoria Pietro iniziò il progetto della “Grande Ambasceria”, cioè un tour diplomatico per cercare di formare una nuova crociata contro i musulmani. Dal punto di vista diplomatico questa iniziativa fu un totale fallimento, visto che nessuno aderì, ma Pietro riuscì a portare in patria molti esperti militari e tecnici occidentali per accrescere la capacità militare russa.

Fu però con la guerra contro il regno di Svezia che la macchina militare russa fu perfezionata. L’inizio della campagna, infatti, fu un disastro con la disfatta dell’esercito russo già nella sua prima battaglia, ma questo non demoralizzò Pietro che, grazie anche alle maestrie occidentali appena raccolte, riuscì a riformare il sistema militare riorganizzandolo completamente creando anche una flotta ben organizzata ed efficiente. Nel 1709, con la battaglia di Poltava in Ucraina, viene segnata la definitiva vittoria contro gli svedesi e la affermazione non solo militare ma anche diplomatica in Europa occidentale, visto che per vincere la guerra Pietro strinse molte alleanze ed accordi con vari regni europei.
E’ proprio grazie a questa vittoria inoltre che l’impero russo guadagna lo sbocco sul baltico e lo zar non perde tempo per approfittare delle nuove conquiste con la costruzione della città che poi diventerà la nuova capitale: San Pietroburgo. Fin dall’inizio si rivelò un’impresa ardua, non solo per l’opposizione che Pietro dovette affrontare dalla nobiltà per lo spostamento della capitale da Mosca, ma anche perché il terreno su cui la città sarebbe dovuta nascere era paludoso e inadatto alla costruzione. Nonostante molte difficoltà e una grande quantità di morti dovuti alle condizioni precarie di lavoro, la città divenne un centro economico importantissimo grazie al porto e allo sbocco sul Baltico che dava all’impero una finestra sull’Occidente.
Egli però non si fermò qui e decise di fondare l’accademia navale e una serie di università, tra cui quella più famosa fu quella di medicina, importando molti professori ed esperti occidentali rendendo San Pietroburgo anche un centro culturale.
Pietro si rese però velocemente conto che l’economia, nonostante stesse prendendo il volo grazie alle sue politiche, non aveva creato quella classe borghese che avrebbe dovuto trainarla anche dopo la sua morte. Egli si interrogò spesso sul motivo di questa mancanza e anzi tentò di incentivare in tutti modi la nascita e lo sviluppo di questa classe sociale con ingenti aiuti economici e tentativi di riforma, ma, tranne poche realtà felici, la maggior parte fallì. Tale fu la delusione e la rabbia dello zar che egli si lamentò molto della pigrizia e mancanza di intraprendenza del suo stesso popolo con i suoi più vicini consiglieri.
Lo zar tentò anche di riformare la Chiesa ortodossa e di portarla sotto il controllo imperiale visto che l’indipendenza e l’ingerenza ecclesiastica avevano dato non poche difficoltà alle sue politiche, cercando di ostacolarle per difendere i propri interessi. Durante la sua vita riuscì a mettere dei paletti al potere ecclesiastico ma dopo la sua morte tutte le sue riforme furono smantellate, rendendo inutili i suoi sforzi.

Un sovrano diverso, dispotico e modernizzatore
Insomma, per tutta la sua vita lo zar Pietro il Grande è stata una figura peculiare, quasi un unicum storico: detestava l’ostentazione della ricchezza, ma ne comprendeva lo scopo; preferiva circondarsi di persone capaci anche se non avevano alcun grado nobiliare; amava sporcarsi le mani con lavori manuali ma conosceva benissimo l’importanza che avevano mani pulite ed aspetto curato nei circoli nobiliari.
Le sue politiche posero le basi per lo sviluppo e la crescita dell’impero russo senza però mai risolvere completamente quelle contraddizioni che ormai erano quasi endemiche della organizzazione e società russa. Un sovrano “illuminato” ma anche molto umano che ha lasciato un segno nella storia per le sue imprese: i suoi obiettivi furono la modernizzazione, soprattutto militare e amministrativa, e per raggiungerli non risparmiò al suo popolo numerose guerre.