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Roma, storia di una nascita leggendaria

Come tutte le più grandi civiltà all’alba della loro esistenza, anche i Romani elaborarono un complesso racconto mitologico sulle origini della nascita della città di Roma. Ripercorriamo insieme le tappe fondamentali di questo affascinante mito.

Leggende sulla nascita di Roma

Molte leggende sono legate alla fondazione della Città Eterna; esse sono giunte sino a noi soprattutto attraverso le opere storiche di Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso e le opere poetiche di Virgilio e Ovidio, tutti scrittori vissuti nell’età augustea. In questo periodo le leggende sulle origini di Roma, riprese da testi più antichi, vengono rimaneggiate e, ai miti indigeni, vengono aggiunti elementi delle leggende greche, con lo scopo di nobilitare le origini latine della città. Infatti, alle leggende locali che vedono Roma fondata da Romolo nel 753 a.C., si aggiunsero quelle ispirate ai Greci, che fanno invece discendere i Romani dai Troiani, portati in Italia da Enea dopo la caduta di Troia. I moderni studi storici e archeologici tentano di ricostruire la realtà che sta dietro il racconto mitico, cercando di riconoscere e separare gli elementi di verità da quelli di fantasia.

Enea, un eroe greco nel Lazio

Tutto ebbe inizio nella lontana città di Troia. Come racconta l’Eneide, Enea, figlio della dea Venere, fuggì con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio da Troia in fiamme; dopo un viaggio lungo e pericoloso nel Mediterraneo giunse nel Lazio. Qui Enea venne ben accolto dal re Latino, deciso a dargli in sposa la figlia Lavinia. Lavinia però era già stata promessa a Turno, re dei Rutuli che, offeso, scatenò una sanguinosa guerra contro Enea. La guerra si concluse con il duello tra Enea e Turno e la morte di quest’ultimo. L’eroe troiano poté sposare Lavinia e fondò una città in suo onore: Lavinio. Tempo dopo il figlio Ascanio fonderà invece la città di Alba Longa, sulle pendici del monte Albano.

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Enea vince Turno – Luca Giordano – Palazzo Corsini (Firenze) ©

Romolo e Remo

La leggenda narra che ad Alba Longa regnarono molti discendenti di Enea fino ad arrivare a Numitore e suo fratello Amulio. Dopo che Numitore ebbe regnato per anni, Amulio lo spodestò e si impadronì del trono. Inoltre costrinse la figlia di Numitore, Rea Silvia, a diventare vestale e perciò fare voto di castità, così da renderle impossibile generare un erede. Ma ad un certo punto Marte, dio della guerra, entrò nella sua vita e si invaghì di lei. Ebbero due gemelli, Romolo e Remo. Venuto a conoscenza della nascita dei due gemelli, Amulio ordinò di ucciderli e rinchiuse Rea Silvia in una torre. I soldati incaricati da Amulio non riuscirono a  compiere questo terribile atto e li abbandonarono in una cesta lungo il Tevere. Dopo un lungo tragitto la cesta si arenò alle pendici del monte Palatino sotto un fico, il fico ruminale, e qui, vennero trovati da una lupa che decise di accudirli e allattarli nella sua tana, sotto la protezione di un picchio, animale sacro per i Latini. Vennero poi trovati da un pastore, Faustolo, e sua moglie, Acca Larenzia, che li allevarono come loro figli. I gemelli crebbero e, una volta diventati adulti, saputa la verità sulle loro origini, decisero di tornare ad Albalonga: uccisero Amulio e rimisero sul trono il nonno, Numitore.

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Altare di Marte e Venere – MNR Palazzo Massimo (Roma) ©

Il rito della fondazione

I gemelli avevano ottenuto dal nonno Numitore il permesso di fondare una città sul Tevere, lì dove erano stati allevati dalla lupa. Per decidere chi dovesse regnare e dove sarebbe dovuto nascere il nuovo abitato, decisero di interrogare gli dei tramite gli auspici, in questo caso interpretando il volo degli uccelli. Per sapere a chi sarebbero stati favorevoli gli dei, Remo si pose sul monte Murco (Aventino minore), Romolo sul Palatino. Le versioni riguardanti questo episodio sono diverse: secondo alcuni, Remo avrebbe avvistato per primo gli uccelli, mentre Romolo ne avrebbe avvistati in numero maggiore; secondo altri fu Romolo ad avere un auspicio più favorevole, per cui venne benedetto re e scelse di fondare la nuova città sul Palatino il 21 aprile e chiamarla Roma. Così Romolo divenne il primo re di Roma, e stabilì subito i confini del nuovo abitato con il solco primigenio che stabiliva il pomerio, ossia il limite sacro della città. Remo, per sfida, decise di scavalcare il solco e Romolo, accecato dalla rabbia, lo uccise ed esclamò: “Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura”.[1]

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Romolo traccia con l’aratro i confini di Roma – Bartolomeo Pinelli – CapitoliumArt ©

Ma da dove viene il nome Roma?

Come la fondazione della città, anche l’origine del nome resta ancora un mistero. Diverse sono le spiegazioni date dagli studiosi nel corso del tempo. La più famosa riguarda la somiglianza tra il nome della città e del suo mitico fondatore, Romolo: quasi tutti ormai ritengono che sia stato Romolo a prendere il nome da Roma, e non il contrario. Maggior seguito ha avuto negli ultimi decenni l’idea secondo la quale il nome Roma avesse un’etimologia etrusca. Molti ritengono che Roma potrebbe derivare da Rumon, attestato da Servio come antico nome del Tevere. Il termine Romanus, infatti, significava fluviale e una traccia di questo nome potrebbe trovarsi nella porta Romanula della cinta primitiva della città posta sul Palatino. Un’altra teoria fa derivare il nome dalla parola Ruma che significa mammella e che indicherebbe la zona collinare del Palatino. Altra curiosità riguarda il nome segreto di Roma: infatti, da molte testimonianze sappiamo che l’Urbe dové avere un nome segreto, che solo gl’iniziati potevano pronunziare durante determinati riti. Quale esso fosse, forse non lo sapremo mai.

Piantina di Roma alla sua nascita – StoriaRomanaeBizantina.it ©

DidatticheParallele: gli autori dell’articolo

Vi è piaciuto questo articolo sulla nascita di Roma? Ci credereste se vi dicessimo che non è farina del nostro sacco? Difatti questo approfondimento rientra nel nostro progetto DidatticheParallele, uno spazio virtuale in cui le scuole diventano protagoniste. Ringraziamo gli alunni della 2C dell’Istituto Comprensivo S. Pio V, plesso Bramante, Roma, nonchè autori dell’articolo: Adele O., Lucrezia L., Matteo G., Pietro R., Tommaso B.

Note al testo

[1] Tito Livio, Ab urbe Condita

Bibliografia

📖 A. Carandini, “Dei, lari, eroi e uomini all’alba di una civiltà”, 2010, Mondadori.
📖 A. Carandini, “Roma, il primo giorno”, 2019, Laterza.
💻 Treccani.it

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a cura di

Rosanna Diana

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