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Il Museo Archeologico Versiliese di Pietrasanta (LU)

Situato nella piazza centrale della splendida Pietrasanta (LU), il Museo Archeologico Versiliese risiede dal 1968 nello storico edificio di Palazzo Moroni, edificio del XVII secolo che accoglie i visitatori con una scala doppia sormontante appunto l’ingresso della struttura. Il complesso museale porta il nome di Bruno Antonucci, un archeologo che si prodigò attraverso la fondazione del Gruppo Archeologico Versiliese di approfondire la storia della città e dell’entroterra.

La collezione del museo

I reperti archeologici provengono da molte aree montane della Garfagnana e della Versilia, in particolare da Buca delle Fate di Cardoso, Buca della Gigia, Monte Lieto, San Rocchino, Bora dei Frati, Levigliani, Crocialetto, Montiscendi, La Cappella, Monte Altissimo che sono state indagate dall’archeologo fondatore del Museo. All’interno delle sale è possibile ammirare tra le altre cose gli splendidi corredi funerari ritrovati in area apuana ma anche vasellami ritrovati negli scavi della vicina località di San Rocchino.

Il Museo Archeologico presenta tre sale molto accoglienti, nella prima è possibile osservare due cippi funerari in marmo e pietre dello stesso materiale riferibili ad una società influenzata sia dagli Etruschi che dai Liguri, a testimonianza di una commistione di popoli già presente in epoca antica.

museo archeologico versiliese
Alcune vetrine del Museo Archeologico Versiliese – StorieParallele ©

Nella seconda sala sono conservati i reperti provenienti da corredi funerari rinvenuti in scavi eseguiti anche da alta quota, probabilmente su quello che risulta essere ad oggi uno dei pochi centri abitati rinvenuti ascrivibile alle tribù apuane. Sono esposti reperti che provengono in egual maniera sia da sepolture maschili, con spade e pugnali piegate all’interno della tomba del defunto probabilmente secondo un rituale funebre in uso presso gli Apuani, sia femminili, con reliquie di borchie e monili di vario tipo posti accanto alle ceneri delle defunte. Come da consuetudine presso questi popoli era normalità cremare le salme dei defunti e raccogliere in contenitori di ceramica conosciuti come olle, di cui il Museo presenta numerosi esemplari ottimamente conservati.

La terza sala infine contiene una ricostruzione dell’approdo fluviale rinvenuto dal Prof. Antonucci in località San Rocchino che dimostra la presenza di traffici commerciali in questa zona sin dall’Antichità, con elementi archeologici che mostrano come questo sito abbia continuato a vivere sino al Medioevo. Questa ricostruzione vuole dunque mostrare al visitatore come doveva apparire un approdo di interscambio commerciale tra Liguri e Etruschi, esponendo sia vasellame antico che una rappresentazione originale del terreno ricoperto da fanghiglia fluviale.

La mostra si chiude con un plastico dove gli archeologi hanno messo in evidenza la struttura urbanistica dell’emporio commerciale apuo-etrusco, formato da capanne con funzione di magazzini di stoccaggio e idonei alla compravendita. I reperti formati da vario vasellame e monili d’ogni tipo mostrano come l’attività del sito fosse veramente intensa.

Ciò che l’allestimento trasmette al visitatore

L’intento generale di questa mostra è, secondo l’impressione di chi scrive, quello di mostrare come la zona possedesse una certa vivacità cultura e commerciale (una sorta di commistione tra Liguri e Etruschi) ben prima che le armi romane venissero a porre sotto il proprio controllo la zona. Un appuntamento che consigliamo vivamente poiché permette di riscoprire e mettere in risalto la Storia di un popolo ancora sconosciuto ai più come i Liguri Apuani e il loro rapporto con gli Etruschi, spazzato via dall’avvento dei Romani.

Si ringrazia per la collaborazione e la grande disponibilità il curatore della Mostra, Dott. Francesco Ghizzani Marcìa per l’accoglienza e la gentilezza con cui ci ha guidato alla scoperta del complesso versiliese.

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Alcune installazioni murali del Museo Archeologico Versiliese – StorieParallele ©

Bibliografia

💻 www.comune.pietrasanta.lu.it

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a cura di

Pietro Giannetti

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