Oggi il libro è considerato un oggetto di uso comune che troviamo facilmente in quasi tutte le case, sia che si tratti di un semplice libro di ricette o di un più erudito testo di filosofia; un oggetto che, spulciando nei mercatini, riusciamo ad accaparrarci anche con pochi euro.
Veloce ed economico da realizzare, è difficile per noi pensare come, un tempo, fosse considerato un oggetto prezioso, elitario, dal grande valore non solo testuale ma anche decorativo. Ed è infatti proprio quest’ultimo aspetto che ci interessa, ossia l’apparato decorativo del manoscritto e del libro antico, o meglio la miniatura.
Cosa s’intende per miniatura?
Il termine miniatura non nasce, come si potrebbe pensare, per indicare una piccola pittura: il termine minium, da cui deriva la parola, stava ad indicare il colore rosso scuro che veniva utilizzato per realizzare le iniziali e i titoli dei testi. Per miniatura, in realtà, s’intende una qualsiasi decorazione realizzata con mezzi manuali su un supporto destinato alla lettura, e quindi recante un testo.
Storicamente la miniatura riguardava la decorazione del testo manoscritto. Il tempo del libro manoscritto fu soprattutto quello dell’Antichità e del Medioevo e quindi il tempo della miniatura è principalmente quello corrispondente a tali periodi fino all’introduzione della stampa, che in Italia avvenne nel 1470 circa. Dopo l’introduzione della stampa e fino all’inizio del Cinquecento, anche i testi stampati, ossia incunaboli e cinquecentine, continuarono ad essere illustrati a mano.

Un’arte minore?
La miniatura è stata spesso ritenuta una delle arti minori, espressione che deriva dalle medievali corporazioni di arti e mestieri fiorentine e che per molto tempo è stata utilizzata per definire quelle espressioni artistiche ritenute più legate alla creazione artigianale, e quindi manuale, piuttosto che a quella intellettuale.
Grazie soprattutto agli studi di Otto Pacht (1902-1988), storico dell’arte viennese e principale esponente della seconda Scuola di Vienna, la miniatura è in parte riuscita ad affrancarsi dall’essere vista come surrogato di altre e ben più importanti espressioni artistiche e a conquistarsi la meritata autonomia quale forma d’arte indipendente.
Sarebbe più corretto definire la miniatura un’arte applicata, in quanto il processo creativo non è fine a sé stesso ma è destinato alla decorazione di oggetti d’uso.
La miniatura e il suo supporto
La miniatura è strettamente legata al suo supporto, che è il libro, e deve essere necessariamente giudicata nella totalità della sua forma e nel suo fondamentale rapporto con il testo. Così come è impossibile cogliere il significato artistico di una pala d’altare senza tener conto del suo rapporto con lo spazio circostante, è ugualmente impossibile comprendere la decorazione miniata slegandola fisicamente e concettualmente dalla struttura organica del libro.
Per quanto riguarda la miniatura medievale, accanto alle proprietà formali e fisiche del libro si deve tener conto dell’aspetto spirituale. In un periodo in cui il libro era prima di tutto la Bibbia, il Libro dei Libri, esso era considerato non soltanto un oggetto d’uso ma assumeva una funzione fortemente simbolica, quale incarnazione diretta della parola divina.
Genesi e sviluppi nel Medioevo
Per comprendere la genesi della pittura miniata è importante tenere presente un passaggio fondamentale, quello dal rotolo al codice.
Nei rotoli di papiro la scrittura era disposta in strette colonne e righe brevi, con un testo continuo che poco spazio lasciava alle decorazioni, le quali erano molto limitate. Inoltre, pochissimi sono gli esemplari decorati arrivati sino a noi in quanto il papiro era un materiale molto delicato, derivante da una pianta. Il passaggio al codice in pergamena intorno al I-II secolo, ha determinato un cambiamento di supporto fondamentale per lo sviluppo della miniatura.
La pergamena, derivante dal trattamento di pelli animali, era un materiale molto più resistente e duraturo, seppur più costoso, rispetto al papiro. Le caratteristiche stesse del codice, formato da diverse pagine dette carte, composte da un recto e un verso, davano modo al miniatore di disporre di uno spazio ben delimitato nel quale inserire le decorazioni, spesso sfruttando l’intera pagina quasi come fosse un quadro.

La miniatura nel tardo medioevo: tecniche e procedimenti
Nel Tardo Medioevo la decorazione miniata interessava principalmente i testi a carattere devozionale e in particolare Bibbie, libri d’ore, salteri, messali, antifonari, e in parte minore anche trattati tecnico-scientifici oppure di carattere storico.
Conosciamo le tecniche di realizzazione e i materiali utilizzati in Italia durante il Basso Medioevo grazie a dei trattati, in particolare il De arte illuminandi, di autore anonimo e scritto intorno al XIII-XIV secolo in ambiente Svevo o Angioino, e il Libro dell’arte di Cennino Cennini, scritto a Padova nel XIV secolo. Grazie alle fonti e ai manoscritti rimasti incompiuti, siamo in grado di individuare le diverse fasi di lavoro dei miniatori.
Nella maggior parte dei casi veniva eseguita prima la parte scritta, con la rigatura della pagina e il lavoro dello scriba, che lasciava gli spazi vuoti necessari per le illustrazioni. I miniatori realizzavano un primo abbozzo del disegno con uno stilo di piombo e stagno, poi ripassato con penna a inchiostro. Veniva poi realizzata l’applicazione dell’oro, dove prevista: per l’applicazione veniva steso l’asiso, una miscela di gesso, biacca, zucchero e chiara d’uovo che serviva per far aderire la lamina d’oro. Infine, si procedeva alla stesura del colore. Di origine vegetale, minerale o animale, i pigmenti venivano stemperati con acqua e aggiunto albume d’uovo, gomma arabica, colla di pesce o allume di rocca come legante.