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Il matrimonio medievale

Alla base della solidarietà e della vita comunitaria, fin dai tempi dei tempi, possiamo trovare un costrutto umano che ognuno di noi conosce bene: la famiglia.

Non dobbiamo però farci confondere: non si può parlare di famiglia medievale intendendola secondo l’odierna concezione di legame. Quello che invece possiamo individuare come punto comune, fra passato e presente, è che questa costituiva il principale spazio di solidarietà e fungeva da modello per tutte le altre forme di alleanza derivate.

Matrimonio: strumento economico

A questo punto è doveroso considerare che per nucleo famigliare si intendeva sia il gruppo di persone unite da vincoli di parentela, che l’insieme di coloro che vivevano nella stessa unità abitativa, formando una unica unità di consumo/produzione.

Da un punto di vista economico, la conservazione del patrimonio familiare era di fondamentale importanza e si trovava alla base del privilegio della successione in linea maschile e dell’esclusione delle donne dalla sfera economica.

Le donne erano estromesse dalla successione paterna in quanto esaurivano nella dote i loro diritti successori. Dote che non deve essere intesa come dono, ma come forma di credito e quindi suscettibile di revoca. La famiglia della sposa metteva a disposizione le sostanze acciocché il neonato nucleo famigliare potesse trarne sostentamento.

La figura della sposa non va dunque intesa come proprietaria ma come creditrice, posizioni assai differenti sia da un punto di vista giuridico che economico. Alcune disposizioni comunali, difatti, negavano alla moglie di disporre autonomamente della res dotales: era necessario il consenso del marito, il quale, al contrario, poteva disporne liberamente, al punto di cederne finanche il diritto reale.

In caso di premorienza del marito, non era scontato che la moglie potesse recuperare la dote: a partire dal XII secolo ad essa non veniva più riconosciuta nemmeno una quota dell’eredità del marito, mentre in alcune realtà locali sussisteva il diritto di conservazione di parte dell’antefatto, ovvero l’insieme dei doni maritali ricevuti in occasione delle nozze.

Volendo spendere due parole sull’eredità regale, che affronteremo esaustivamente in altra sede, mi pare doveroso citarne il primo evento quando, nel 1314, Filippo il Bello limitò la trasmissione della contea di Poitiers solo agli eredi maschi diretti.

Matrimonio: strumento politico

La centralità della parentela si misurava anche da un punto di vista politico: la composizione e la numerosità di un clan, influenzavano il posizionamento sociale di un aristocratico. Le alleanze matrimoniali, difatti, avevano lo scopo di instaurare relazioni politiche che consolidassero il controllo, oltre a rafforzare il patrimonio.

La scelta delle unioni era basata puramente su strategie di potere che esulavano dai sentimenti. Talvolta l’unione matrimoniale era utilizzata anche come strumento pacificatore fra fazioni, pratica benevisa anche dalle autorità comunali, perché ritenuta utile al mantenimento dell’ordine pubblico.

Nella stessa misura in cui una unione poteva suggellare la pace, la rottura di una promessa di matrimonio poteva scatenare conflitti di inusitate proporzioni: basti pensare allo scontro fra Guelfi e Ghibellini.

Questo celebre conflitto fu difatti innescato da un matrimonio che avrebbe dovuto riavvicinare due consorterie rivali, Fifanti-Amidei e Buondelmonti. Fu così che da un litigio privato si arrivò ad un conflitto politico che ebbe ripercussioni su tutta la città.

Successe che lo sposo, Buondelmonte de’ Buondelmonti, rifiutò la sua promessa sposa, figlia di Lambertuccio Amidei, preferendole un’altra donna. Gli Amidei vendicarono prontamente l’affronto e il giorno di Pasqua del 1216 tesero un agguato mortale al Buondelmonte, nei pressi di Ponte Vecchio.

Si delinearono così due fazioni:

  • Gli Amidei erano forti della fedeltà degli Uberti e dei Lamberti, tutti residenti nel blocco di case site fra Ponte Vecchio e Piazza della Signoria.
  • I Buondelmonti avevano dalla sua i Pazzi e i Donati, ubicati nella zona fra via del Corso e Porta San Piero.

Lo scontro fra i due schieramenti cittadini assorbì i toni della diatriba sovrannazionale fra Papato e Impero, poiché gli Uberti erano schierati in una posizione anti-papale.

Di questo ce ne parlano autori fiorentini come Giovanni Villani, Dino Compagni e Dante Alighieri. E proprio Dante, nella sua Divina Commedia, dice:

«La casa di che nacque il vostro fleto, / per lo giusto disdegno che v’ha morti,/ e puose fine al vostro viver lieto, / ora onorata, essa e i suoi consorti: / o Buondelmonte quanto mal fuggisti / le nozze sue per li altrui conforti! / Molti sarebber lieti che son tristi, / se Dio t’avesse conceduto ad Ema / la prima volta ch’a città venisti. / Ma convenìesi a quella pietra scema / che guarda ‘l ponte, che Fiorenza fesse / vittima nella sua pace postrema.»
(Dante – Divina Commedia – Paradiso – Canto XVI)

Bibliografia

🏺 Divina Commedia - Dante Alighieri
📖 Storia della Civiltà Europea - vol. 17 Basso Medioevo: Storia Politica, Economica e Sociale - EM Publishers - U. Eco - 2017
📖 Le città italiane nel Medioevo - F. Franceschi e I. Taddei - Il Mulino - 2012
📷 Francesco Saverio Altamura - Le nozze e il funerale di Buondelmonte

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a cura di

Martina Tapinassi

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