L’opera di Mastro Martino da Como, il Libro de arte coquinaria, è la capostipite della terza famiglia di codici culinari. Composto intorno al 1460, il Libro riveste un’importanza fondamentale nell’evoluzione della cucina italiana.
Mastro Martino: il cuoco dei grandi
Ticinese di nascita, originario della valle del Blenio, Martino de Rubeis era il cuoco personale del Patriarca di Aquileia a Roma, tal Ludovico Scarampi Mezzarota nato Trevisan. Si narra che egli fosse chiamato Cardinal Lucullo per la sua prodigalità nell’organizzare banchetti. Questo non fu il solo incarico importante di Mastro Martino: all’inizio della sua carriera lavorò alla corte di Francesco Sforza, mentre passò ultimi anni della sua vita al servizio del condottiero Gian Giacomo Trivulzio, dividendosi tra il Regno di Napoli e di Francia.
Il Libro de arte coquinaria
Composto in lingua volgare, il testo si presenta chiaro e comprensibile da tutti: le pietanze sono ordinate per tipologia portata e per ingredienti. Non solo, il cuoco suggerisce il rapporto tra le quantità e il numero dei commensali, indicando anche strumentazioni da utilizzare. Un’altra caratteristica degna di nota di questo ricettario è l’indicazione di possibili varianti, nel caso in cui alcuni ingredienti non fossero reperibili. Per quanto riguarda i tempi di cottura, l’autore li calcola con un numero variabile di preghiere, Pater Noster o Miserere.
Rende le verdure e gli ortaggi i protagonisti della dieta salutare, fino a quel momento relegati solo alle cucine povere. Si può dire che con Mastro Martino si assiste anche ad una cesura con la Gastronomia Antica: egli esalta il sapore autentico delle materie prime, sconsigliando l’abuso di spezie che potessero alterarne le proprietà organolettiche.
Questa vita fatta di viaggi e di incontri influenzò sicuramente la visione del gastronomo, che venne a contatto con culture straniere come quella catalana, araba e orientale. Le diverse realtà regionali sono presenti nella sua opera e facilmente riconoscibili per la presenza dei gastrotoponimi, termine coniato da Alberto Capatti per indicare il legame fra un luogo e una ricetta, che la caratterizza e la rende distinguibile dalle altre. La mostarda padovana, la torta bolognese e le ova africtellate a la fiorentina sono solo alcuni esempi, che esulano dalle ricette di matrice romanesca o catalana, molto presenti numericamente nell’opera.
L’opera di Mastro Martino è arrivata a noi nella sua forma originaria in soli 4 manoscritti. Non sono di certo questi ad avergli assicurato il successo: difatti, il merito va a due plagiatori, di epoca successiva. Subentrata l’invenzione della stampa, prima Giovanni Rosselli nel 1516 e poi Maestro Giovane nel 1530, copiarono il manoscritto del cuoco ticinese cambiandone pochi dettagli.
Mastro Martino e la cucina di oggi
Pare chiaro che la maggior parte delle ricette raccolte nel Libro de arte coquinaria siano piatti tranquillamente realizzabili e apprezzabili anche per i contemporanei. Il nostro ArcheoCuoco Samuele ha selezionato per voi alcune ricette, per riprodurle e darvi tutti i consigli del caso.
- Frictelle de poma
- (elenco in aggiornamento)