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L’Oracolo di Delfi

Le fonti riportano varie versioni circa la sua fondazione: una delle ipotesi mitografiche vede il dio Apollo ricevere l’oracolo in dono da altre divinità, mentre un’altra racconta di una lotta col drago Pitone, guardiano dell’oracolo, allora chiamato Pito, posseduto da Gea.

Conseguentemente all’uccisione del rettile, Apollo dovette scontare una pena: per sette anni dovette vivere la vita agropastorale sotto il re Admeto. Alla fine di questo periodo, Apollo rientrò trionfale nella città di Delfi, con le sembianze di delfino, episodio che comporterà il cambio di nome dell’oracolo.

All’esterno, il tempio ha sei colonne doriche sulla facciata e 15 per ogni lato. All’entrata del tempio capeggiava la scritta: ΓΝΩΘΙ ΣΕΑΥΤΟΝ ovvero conosci te stesso. L’interno si presenta diviso in tre vani: il prónaos, il naós e l’opisthódomos.

Il prónaos raccoglieva le verità dei Sette Sapienti. Il naós ospitava alcuni altari, tra cui quello di Estia e quello di Poseidone. Un locale posto sotto il tempio fungeva da ádyton, la stanza dove Pizia pronunciava gli oracoli. Esso accoglieva anche l’omphalós, la sacra pietra che indica il centro del mondo. La cella era dominata dalla statua di culto, illuminata da un fuoco mantenuto perennemente acceso e alimentato solo da legno di abete.

Il pavimento si presentava crepato al centro: questa apertura, detta xάσμα, serviva per disperdere i vapori. Proprio lungo la crepa stava il tripode, su cui sedeva la pizia durante le sessioni oracolari e sotto gli effetti dei fumi, era indotta ad un delirio durante il quale si  pronunciava.

All’interno del tempio si trovava anche una fonte di acqua, la Kassotis, alla quale si abbeveravano la Pizia, i sacerdoti e i consultanti.

La gerarchia templare appariva molto complessa. A capo vi erano 2 sacerdoti di Apollo, nominati a vita: erano responsabili del culto al dio e tenutari della sua statua. Sotto di essi troviamo i 5 hósioi che, ricoprendo anch’essi la carica a vita, controllavano il rispetto dei riti celebrati nel tempio. I prophétes assistevano invece la Pizia, che viveva nel santuario. A completamento della squadra c’era del personale specifico per singole funzioni: i sacrifici, le pulizie e l’amministrazione.

La Pizia era scelta tra le donne di Delfi: potevano esserci fino a 3 profetesse contemporaneamente e  la loro intera esistenza era dettata dalla continenza, sia nell’abbigliamento che nell’alimentazione.

Le evidenze archeologiche testimoniano che il sito era considerato un luogo sacro fin dall’epoca pre-greca. In epoca arcaica la consultazione avveniva con una periodicità annuale, il giorno 7 del mese di Bisio, corrispondente al nostro febbraio/marzo. Solo in epoca classica tale periodicità acquisì una cadenza mensile.

Nel caso delle consultazioni ordinarie, i riti legati all’offertorio erano consumati a spese della città di Delfi. Le consultazioni straordinarie comportavano invece che il sacrificio fosse a carico del consultante.

Le consultazioni avvenivano secondo un preciso ordine: al popolo greco era accordata la precedenza sui barbari. Non solo: tra i Greci stessi, i cittadini di Delfi avevano la precedenza assoluta. La città di Delfi godeva però del diritto di accordare la promanzia, cioè la possibilità per un consultante di interrogare l’oracolo prima di altri.

Le modalità di consultazione seguivano un rigido rituale: il consultante doveva offrire il pelanós, una libagione in natura, e pagare una tassa in denaro. Seguiva la fase sacrificale, detta próthysis. Solo allora poteva essere avviata consultazione. Prima di iniziare, la Pizia bruciava farina d’orzo e foglie di alloro sul fuoco perenne. I responsi venivano messi per iscritto, in una forma inventata da Phemonoe, la prima Pizia.

Bibliografia

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a cura di

Martina Tapinassi

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