Le testimonianze archeologiche evidenziano come all’interno delle comunità di villaggio della più antica fase villanoviana si riscontri essenzialmente una struttura egualitaristica. Questo egualitarismo si evince dalla generalizzazione dei riti funebri, delle strutture abitative, dagli utensili di uso comune così come dalla povertà ed omogeneità dei corredi funebri.
Soltanto a partire dal VIII secolo a.C. emergono con chiarezza, rapidamente aumentano, le prime nette differenze tra un ceto capace di accumulare ricchezza e la massa. Il rapido arricchimento di questa classe emergente è testimoniato dalla presenza di corredi principeschi paragonabili a quelli dei ceti aristocratici di tutto il bacio del mediterraneo: numerosi manufatti metallici, armi e prodotti allotri di pregio.
Da un punto di vista sociale è in questo momento, sino al VIII secolo a.C., che si possono avvertire dei sostanziali mutamenti, Infatti i rapporti sociali e di produzione all’interno delle comunità di villaggio nel corso del IX secolo a.C. erano probabilmente mediati attraverso rapporti di parentela in senso a gruppi omogenei che generalmente contavano qualche decina di componenti, si può quindi concludere che in questa fase le comunità di villaggio fossero considerate famiglie allargate dominate da un paterfamilias.
Le disuguaglianze sociali e il rapido aumento di alcuni di questi centri, parallelo alla scomparsa di altri, ci portano a credere che queste comunità non fossero più gestite in senso ad un rapporto familiare egualitario, diviene necessaria una nuova forma di struttura, poiché la familia non basta più, articolata su più livelli e che non faccia riferimento esclusivamente a principi di consanguineità ma anche ad una più generica fedeltà. La gens veniva ad affiancarsi alla familia.