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La Legione Serviana

Nell’evoluzione della pratica bellica romana una tappa fondamentale è rappresentata nelle fonti dalla riforma serviana. Stando ai resoconti di età augustea di Dionigi d’Alicarnasso e Livio, durante il regno del sovrano etrusco Servio Tullio fu imposto un particolare ordinamento politico/sociale e militare che sarebbe stato alla base dello stato romano ancora in età repubblicana.

Il monarca etrusco infatti avrebbe deciso di suddividere la popolazione dell’Urbe in classi, sei in totale, la cui differenziazione era data dal censo patrimoniale. Come descrive dettagliatamente Livio (I, 43) la I classe, formata dai più abbienti, con un patrimonio di oltre 100000 assi, forniva all’esercito ben 80 centurie, divise tra 40 di seniores, uomini di età più avanzata adibiti alla difesa cittadina, e 40 di iuniores, ovvero i giovani impiegati per le campagne offensive. Oltre a ciò la I classe doveva fornire due centurie di fabri, tignari e aerarii, ovvero artigiani esperti nella lavorazione del legno e del metallo e che fornivano supporto logistico all’esercito.

Le 80 centurie della prima classe formavano il cuore della formazione militare romana, sia numericamente che qualitativamente. Essi erano infatti armati sul modello oplitico greco, penetrato in Italia nel VII sec a.c. e da lì giunto, per intermediazione etrusca, a Roma. L’armamento completo di questa fanteria pesante consisteva in un elmo, in un clipeum (uno scudo rotondo tipico delle falangi oplitiche, che permetteva la protezione del soldato e del compagno alla sua sinistra), gambali (ocrae) ed infine in una lorica, ovvero una corazza frontale.

Tutti questi dispositivi difensivi erano ex aere, ovvero di bronzo come anche gli strumenti d’offesa, ovvero l’hasta, cioè una lancia lunga che rappresentava la principale arma degli opliti, e il gladius, nell’evenienza che lo scontro diventasse troppo ravvicinato per utilizzare efficacemente le lance (si tenga conto che con il termine gladio Livio indicava qui delle generiche armi da combattimento corpo a corpo e non i gladi corti e larghi che saranno in seguito adottati dopo le campagne militari in Iberia).

La II classe (da 100000 assi a 70000) forniva solamente 20 centurie, divise equamente in 10 di seniores e 10 di iuniores, armate quasi allo stesso modo di quelle della I classe. Esse infatti variavano soltanto per l’assenza della lorica e per l’utilizzo di uno scutum, oblungo, in sostituzione del clipeum, per compensare con esso l’assenza della corazza, dando maggior volume di copertura per il soldato.

La III classe (50000 assi) era anch’essa formata da 20 centurie (10+10) e aveva un equipaggiamento simile alla seconda, ma senza la presenza dei gambali, alleggerendo quindi sempre di più l’armamento (e il relativo costo).

Nonostante le lievi differenze di equipaggiamento queste tre classi formavano le linee oplitiche che avevano il compito di cercare lo scontro frontale con lo schieramento nemico.

La IV classe (25000 assi) invece era formata da 20 centurie che tuttavia erano armate solamente da hasta e verutum, ovvero una sorta di giavellotto da lancio. Dionigi in verità differisce da Livio, citando la presenza di una spada al posto del verutum, con un ruolo non dissimile a quello delle centurie della III classe. Tale circostanza però toglierebbe la variante tattica rappresentata dal differente armamento offensivo. L’assenza di tutte le protezioni infatti si giustifica solamente con un ruolo differente sul campo di battaglia, equiparabile a quello della fanteria leggera, evitando uno scontro frontale che, senza protezioni, li avrebbe visti rapidamente soccombere.

La V classe (11000 assi) invece era formata da 30 centurie (15 + 15) che bersagliavano il nemico da lontano con economiche fionde armate con munizioni di pietra. Oltre a ciò tale classe doveva fornire anche 2 centurie di cornicines tubicinesque, ovvero di suonatori di corno e trombettieri.

La VI classe infine, rappresentata dai proletari, era raggruppata in una sola centuria, priva di ruolo militare e che forniva supporto ausiliario logistico.

A questo schieramento Servio Tullio aggiunse anche 18 centurie (o turmae) di cavalieri, dall’armamento simile a quello della fanteria (la cavalleria infatti aveva più che altro il ruolo di ricognitori e, nel pieno della battaglia, permetteva il rapido spostamento sul fronte per dare supporto a specifici settori dell’esercito in difficoltà) formate sempre dall’aristocrazia romana rappresentata dalla prima classe, che doveva provvedere con 10000 assi a centuria all’acquisto dei cavalli, che poi venivano mantenuti con 2000 assi che ogni donna non sposata di Roma doveva versare annualmente.

L’esercito romano dunque nel complesso vedeva lo schieramento di 193 centurie:

  •  170 delle quali con compiti di fanteria, di cui 100 di fanteria pesante, 40 di fanteria leggera, 30 di frombolieri;
  • 18 di cavalleria;
  • 5 centurie appartenenti alla logistica ed a generici  ruoli ausiliari, di cui 2 di artigiani specializzati, 2 di musici ed infine 1 di manovalanza, da suddividere a loro volta in due differenti eserciti di uguale dimensione. Uno di essi, formato dai più giovani, era utilizzato nelle guerre offensive ed il secondo, composto da uomini maturi, era tenuto in riserva.

Questa suddivisione permette di evincere l’importanza della fanteria nella concezione bellica romana. Su modello greco/etrusco, infatti, lo scontro era lasciato principalmente alla fanteria pesante, che combatteva rigidamente, in linea, con lo scopo di sfondare lo schieramento nemico centralmente.

La cavalleria, numericamente carente, aveva un ruolo di semplice supporto allo sforzo degli opliti, coprendone eventuali punti scoperti dello schieramento, mentre i frombolieri e la fanteria leggera armata di giavellotti aveva il compito di ingaggiare a distanza il nemico, ma il loro ruolo si esauriva con lo scontro tra le linee oplitiche, quando proseguire nell’offensiva a distanza avrebbe verosimilmente comportato un serio rischio anche per i propri commilitoni.

Bibliografia

📖 Dionigi D’Alicarnasso, Ῥωμαική ἀρχαιολογία
📖 Polibio, Ἱστορίαι
📖 Tito Livio, Ab Urbe condita
📖 G. Brizzi, I manliana imperia e la riforma manipolare: l’esercito romano tra ferocia e disciplina, in “Sileno”, XVI/1-2, 1990
📖 G. Brizzi, Il guerriero, l’oplita, il legionario, Il Mulino, Bologna, 2008
📖 Y. Garlan, La guerre dans l’antiquite, Nathan, Parigi, 2016 (1 ed. 1972)
📖 L. Magini, Numa, Servio, Tarquinio, Tre aspetti della vita in Roma arcaica. Youcanprint, 2015

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a cura di

Leonardo Di Flaviani

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