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La Legione Manipolare

Nel corso dello sviluppo dello stato romano il sistema legionario introdotto da Servio Tullio subì numerosi mutamenti, graduali, per adattarsi alle specifiche caratteristiche dei nemici affrontati, a diverse tattiche belliche e anche alle peculiarità delle zone geografiche dove l’esercito romano si trovò ad operare.

Le fonti non permettono di identificare per gradi ogni modifica militare intercorsa nel tempo, tuttavia da Livio (VIII, 8) apprendiamo che nel corso del IV secolo a.C., in occasione dello scontro con i Latini, e agli albori di quei conflitti che saranno ricordati come Guerre Sannitiche, l’esercito romano aveva già subito un sostanziale mutamento.

In primo luogo fu abbandonato il precedente schieramento falangitico e oplitico, optando per la maggiore manovrabilità tattica data dalla divisione dell’esercito in unità definite manipoli. Queste formazioni erano composte da 60 soldati ciascuno a cui si aggiungevano 2 centurioni (ufficiali di fanteria) e un vessilario.

I primi 15 manipoli erano definiti hastati e, stando a Livio, erano giovani nel pieno dell’età ma ancora inesperti di guerra. Dietro di loro si schieravano 15 manipoli di principes e nelle retrovie vi erano 45 manipoli, 15 di triarii, ovvero i guerrieri più esperti, 15 di rorarii, ed infine 15 di accensi, considerati le truppe più inesperte e inaffidabili e dunque schierate in fondo allo schieramento per impedire che una loro eventuale rotta sconvolgesse le linee di battaglia romane.

Questi 45 manipoli retrostanti venivano a loro volte inquadrati in 15 ordines, ognuno dei quali includeva un manipolo ciascuno di triarii, rorari e accensi ed era guidato da 6 centurioni (due per manipolo) e un vessillario. Il primo centurione della prima centuria di triari era definito primipilo ed aveva un ruolo simbolico importante nell’esercito, poiché rappresentava il centurione più esperto e abile dello schieramento. Il suo ruolo simbolico continuerà ad esistere ancora in età imperiale.

Anche l’armamento mutò insieme alle strategie belliche. I soldati infatti sostituirono il clipeum (lo scudo rotondo) con lo scutum, rettangolare e che forniva maggior copertura individuale. Astati e principi infatti abbandonarono anche l’hasta, simbolo del combattimento oplitico, a favore di gladi e di pila. Questi ultimi erano dei giavellotti pesanti da scagliare contro i nemici prima delle cariche corpo a corpo.

Polibio (VI, 21-23), storico greco del II sec. a.C. descrivendo gli hastati del suo periodo fornisce altri dettagli sull’armamento. Essi infatti avrebbero portato sull’elmo un pennacchio con piume rosse o nere diritte, che avevano l’effetto di far sembrare il soldato più alto e dunque minaccioso. Oltre allo scutum, come protezione, integravano una piastra bronzea definita pettorale. Livio invece segnala, almeno durante la Guerra Latina del IV secolo a.C., che i primi 20 soldati delle linee degli astati erano armati alla leggera, senza protezioni difensive ma con più giavellotti, ed erano definiti leves.

I principi invece portavano una protezione più efficace, sostituendo il pettorale degli astati con una lorica di ferro. Molto simile doveva essere infine l’armamento difensivo dei triarii che tuttavia mantennero come arma l’hasta, una sopravvivenza quindi delle antiche tattiche oplitiche. Del tutto irrisoria era invece la presenza di equites, divisi in 10 turmae da 30 uomini ciascuno e guidati da un decurione (l’equivalente del centurione per la cavalleria).

Il piano di battaglia romano era quindi rimasto in parte simile a quello precedente, poiché si basava su uno sfondamento centrale delle linee avversarie tramite il ricorso alla fanteria, leggera e pesante. Tuttavia cambiarono radicalmente le modalità dello scontro.

Essendo divisi in manipoli i soldati avevano maggiore autonomia e il cedimento di un’unità non comprometteva necessariamente la stabilità dell’intero schieramento. Inoltre il combattimento si basava maggiormente su uno scontro individuale corpo a corpo, tramite il ricorso alla spada e ai pila. In quest’ottica si può evincere l’importanza del ruolo del centurione, che aveva il compito di guidare la sua unità ma anche di rappresentare in prima persona il modello comportamentale del soldato romano, dando luogo anche a scontri individuali con gli ufficiali nemici sul campo di battaglia.

Nell’insieme l’esercito romano prevedeva una prima carica di astati. Se essi cedevano potevano ripiegare verso i principi, con i quali davano origine ad una seconda ondata, più numerosa e con soldati più esperti e pesantemente armati. In rari casi poteva tuttavia accadere che anche questo schieramento non fosse sufficiente ed in quelle evenienze avanzavano anche i triari. Alle volte tuttavia (come segnalato da Livio VIII, 9) i Romani potevano anche impiegare rorari ed accensi prima dei triari, infiacchendo le truppe scelte avversarie prima di decidere la battaglia con la carica dei veterani.

Bibliografia

📖 Dionigi D’Alicarnasso, Ῥωμαική ἀρχαιολογία
📖 Polibio, Ἱστορίαι
📖 Tito Livio, Ab Urbe condita
📖 G. Brizzi, I manliana imperia e la riforma manipolare: l’esercito romano tra ferocia e disciplina, in “Sileno”, XVI/1-2, 1990
📖 G. Brizzi, Il guerriero, l’oplita, il legionario, Il Mulino, Bologna, 2008
📖 Y. Garlan, La guerre dans l’antiquite, Nathan, Parigi, 2016 (1 ed. 1972)
📖 L. Magini, Numa, Servio, Tarquinio, Tre aspetti della vita in Roma arcaica. Youcanprint, 2015

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a cura di

Leonardo Di Flaviani

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