Nei pressi di Porta Ercolano, ad est lungo la via Consolare, nell’insula 1 della Regio VI di Pompei, fu rinvenuta la Casa del Chirurgo. La zona era sicuramente periferica e in origine scarsamente abitata, ma divenne presto il quartiere prediletto dall’aristocrazia sannitica.
La sua costruzione è databile fra il IV e il III secolo a.C., cui seguirono almeno due ristrutturazioni. Durante l’eruzione del 79 d.C. fu completamente sepolta dalla cenere, che ne permise la conservazione. La casa si presenta come una domus romana ad atrio. La facciata, lunga circa 20 m, fu costruita in opera quadrata con blocchi di calcare di Sarno.
L’abitazione fu esplorata per la prima volta da una campagna di scavi del 1770, diretta dall’archeologo spagnolo Francesco La Vega. Successivi scavi hanno permesso di identificarne il perimetro completo e di identificare gli interventi di restauro.
La casa deve il suo nome grazie al rinvenimento di una gran quantità di attrezzature mediche, in ferro e bronzo. Secondo alcune interpretazioni questa poteva essere una sorta di ospedale ante litteram, o addirittura una scuola medica. Con tutta probabilità, invece, si trattava semplicemente dell’abitazione privata del medico, dove egli prestava consulenze agli ammalati.
I reperti, oggi conservati presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, appaiono straordinariamente simili agli attuali: riconosciamo forcipi, bisturi, sonde e cateteri di varia dimensione e maneggevolezza. Degno di nota è sicuramente lo speculum magnum matricis, sistema di divaricazione utilizzato sia in chirurgia che in ginecologia.
Il cavalier Benedetto Vulpes pubblicò nel 1851 uno studio su questo strumentario chirurgico, reperibile negli Atti dell’Accademia Ercolanese. Ne osservò la morfologia, comparandola con gli strumenti coevi, e ne riuscì a cogliere le finalità chirurgiche: questi strumenti erano stati concepiti secondo la necessità, al fine di ottenere il miglior risultato medico secondo l’emergenza sanitaria che il medico doveva fronteggiare.
Un altro oggetto che colpisce l’attenzione è l’astuccio, contenitore di forma cilindrica che raccoglieva gli utensili più piccoli. La straordinaria varietà degli strumenti rinvenuti ci fa capire quanto l’ars medica fosse all’avanguardia a Pompei.