La Biacca è sicuramente il bianco più impiegato nella Storia dell’Arte. Il suo utilizzo è trasversale, conosciuta in tutta Europa e in tutte le epoche: dall’antico Egitto fino a metà del ‘900.
Quando è stesa la biacca si presenta color bianco caldo, con forte potere coprente e alto indice di rifrazione. La biacca è composta essenzialmente da carbonato basico di piombo, ossia: Pb(CH3COO)2. Sebbene questo pigmento sia presente anche in natura, veniva principalmente prodotto per via della facilità ed economicità della sua produzione.
Per la sua fabbricazione si ponevano dentro a delle otri delle lastre di piombo esposte ai fumi dell’aceto, il tutto sommerso da letame di cavallo che aveva l’importante compito di fornire alla reazione calore e CO2 provenienti dalla fermentazione del letame.
Oggi la biacca è stata sostituita da altri pigmenti come il bianco di zinco o il bianco di titanio, sebbene con effetti meno soddisfacenti. Il principale motivo della sua sostituzione è la presenza del piombo che provocava gravi malattie come il saturnismo, molto comune tra gli addetti alla macinazione durante la rivoluzione industriale.
La Biacca è un pigmento essenzialmente stabile infatti è frequentissima in tutte le tecniche artistiche, fatta eccezione per l’affresco. Il contatto tra la biacca (pH acido), la calce degli intonaci (pH basico) e l’umidità può infatti provocare un viraggio del colore, che da bianco diventa nero-bruno a causa dell’ossidazione del piombo. Sebbene via sia un procedimento per riportare l’ossido di piombo a carbonato basico di piombo, non viene molto utilizzato per via della sua complicatezza e incertezza nel risultato.
Un famoso esempio del degrado della Biacca lo troviamo nella Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi, in particolare nella Crocifissione del transetto sinistro, dove i visi, le vesti e i punti luce del dipinto sono virati in nero.