“La guerra in Europa dal Rinascimento a Napoleone” è un saggio scritto da Alessandro Barbero, edito e pubblicato nel 2003 da Carocci Editore.
Alessandro Barbero è uno dei maggiori divulgatori storici degli ultimi anni. Classe 1959, dopo gli studi universitari consegue il dottorato alla Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1984. Dopo essere stato per qualche anno professore associato, dal 2002 è professore ordinario di Storia Medievale al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro. Autore di numerosi saggi ma anche romanzi di successo, Barbero è divenuto fenomeno pop da quando i suoi interventi ai vari festival vennero pubblicati in rete, dal 2007 collabora con la Rai intervenendo in numerose trasmissioni. Vincitore di importanti riconoscimenti tra cui il premio Le Goff nel 2012, oggi è uno dei maggiori divulgatori presenti in Italia.
La guerra in Europa dal Rinascimento a Napoleone
Il saggio è breve, diviso in 4 capitoli analizza ogni singolo momento militare dalla fine del Medioevo fino alle guerre rivoluzionarie e le guerre Napoleoniche. Se intorno al Duecento e al Trecento la guerra era stata oggetto di potere da parte dei signori feudali, dal Quattrocento ritorna ad essere un affare di Stato. La reintroduzione della guerra come affare di Stato va di pari passo al rafforzamento dello stesso, venne presa sul serio anche grazie alle risorse statali che contribuirono a rimpinguare gli eserciti con uomini e armi.
Fino al 1400 la componente maggiore dell’esercito era la cavalleria, composta da uomini a cavallo vestiti con una pesante armatura e muniti di lancia o spade e rigorosamente affiancati da balestrieri e arcieri a cavallo. L’esercito era praticamente formato da una vasta cavalleria, ma pian piano con la statalizzazione dell’apparato militare avere un esercito esclusivamente di fanteria iniziò a costare tanto, lo sviluppo della tecnica della lancia e la sua applicazione all’esercito contribuì alla creazione e all’introduzione di squadre a tre uomini a cavallo affiancati e comandati dall’uomo d’arme ed i sui servitori.
La fanteria si era così ridotta, ora era formata da una parte di uomini a cavallo armati di arco e balestra e un’altra di uomini armati con la lancia; infine un’altra piccola parte era addetta all’uso di grandi scudi lignei, i “pavesi”, che potevano, eventualmente, essere piantati in terra e fungere da “trincea mobile”. In questi anni si assiste al passaggio da una massiccia e obbligatoria leva dei sudditi del signore ad una leva volontaria, in mancanza di volontari si iniziò a ricorrere ad eserciti mercenari.
I mercenari non erano nient’altro che professionisti della guerra assunti e pagati dai governi che non avevano ottenuto una grande adesione militare dai propri sudditi. Ricorrere all’uso e l’impiego dei mercenari fu soprattutto dovuto al grande dispendio di denaro che comportava avere un equipaggio ed un’armatura. L’assunzione di mercenari avveniva tramite un imprenditore, capitano o condottiero, che reclutava un suo esercito e si metteva a disposizione di chiunque ne avesse bisogno, naturalmente dietro compenso economico. Inizialmente questa pratica risultò lenta ed estremamente insicura; una volta terminato l’incarico la compagnia poteva non sciogliersi e continuare a guerreggiare saccheggiando e depredando i territori.
Seppur ci fosse un uso considerevole dei mercenari, gli eserciti nel 1300/1400 erano comunque piccoli, circoscritti e poco professionalizzati perché anche la guerra era limitata a nuove piccole conquiste o battaglie a sfondo religioso e politico. In questo periodo l’uso della battaglia era quello di indebolire l’avversario sia economicamente che demograficamente, raramente lo si voleva conquistare.
A far da padrone in questo periodo era inevitabilmente la guerra terrestre, le battaglie navali non erano molto sviluppate, si ricorreva alla guerra per mare solo in caso di necessità. Il ruolo del mare era ancora legato al commercio e quindi anche le imbarcazioni erano poco pensate per una battaglia navale. Le Galee infatti, erano estremamente capienti ma lente e pesanti.
La guerra nell’età moderna
A partire dal ‘500 l’uso e il consumo della guerra ebbe una grande virata, sospinta anche da nuove invenzioni e da quella che fu una delle più importanti guerre che investì l’Europa: la Guerra dei Trent’anni (1618-1648). La guerra e le sue armature subirono un miglioramento grazie allo sviluppo economico e alle conquiste nel Nuovo Mondo, gli stati e i governi investirono sull’equipaggiamento permettendo una serie di scoperte e rimodernamenti del modo di far guerra.
Oltralpe si introdusse l’uso della picca, lunga e dotata di una punta ferrea, l’uso e la sua diffusione contribuì a diminuire l’uso della cavalleria. L’impiego della picca però comportava anche un nuovo modo di addestramento che ora mirava ad addestrare alla disciplina e all’ordine, per questo fu introdotto l’uso dei tamburi per ritmare il passo dei soldati. Nel corso del 1500 i picchieri vennero affiancati da squadre, sempre più numerose di fanti armati di spada e scudo ma anche di alabarda, archibugio e arco. L’introduzione di archibugi necessitò anche l’allestimento di un trinceramento e di una fortificazione provvisorie, ma questa tecnica nel corso XVI sec fu sostituito dal moschetto molto più leggero e a lunga gittata.
Con uno sviluppo massimo dell’esercito in questi anni, grazie alle esperienze della Guerra dei Trent’anni si capì che un esercito ridotto era molto più controllabile, maneggevole e aggirabile, nacque il Battaglione, articolato su meno file. Un Battaglione era principalmente composto da un centro di Picchieri circondati da archibugieri e moschettieri posti soprattutto agli angoli per cercare di convogliare il fuoco.
L’uso dell’esercito mercenario con l’affermazione dello Stato moderno si andò diradando, uomini sempre più fedeli al Sovrano e ricchi nobili rimpinguavano le fila dell’esercito, il modo di articolare un esercito però non cambiò molto: se sparirono le compagnie di ventura quello rimase tra gli eserciti regi la divisione in compagnie comandate da un capitano. Lo sviluppo e l’affermazione dello Stato Moderno e la crescente retorica della patria e dell’amor di patria, della libertà e dell’affermazione del popolo portò questo senso di appartenenza anche tra le fila dell’esercito; pian piano si iniziarono ad adottare colori, stemmi e inni diversi per ogni compagnia che formava l’esercito in modo da stimolare il senso di appartenenza e la fedeltà.
Oltre a questi rinnovamenti ideologici avvenne di pari passo un miglioramento dell’equipaggiamento bellico, l’uso sempre più comune e massiccio di armi da fuoco iniziò a rendere obsoleto l’uso di fortificazioni temporanee. Grazie all’introduzione e all’impiego del cannone in metallo fuso, pesante da trasportare ed estremamente distruttivo, le città si munirono di grandi mura e fortezze in grado di respingere l’attacco di cannoni. Il modo di far guerra è cambiato e si è modificato sulle esigenze degli Stati.
Anche la guerra navale in questi secoli di conquiste ed esplorazioni geografiche si è evoluta. La necessità di avere un maggior controllo dell’imbarcazione ed una maggiore velocità portò alla costruzione di galee molto più leggere, in grado di imbarcare quanto più peso possibile rimanendo veloci. Nel corso del ‘600 le flotte divennero quindi enormi ed estremamente variegate in grado di adattarsi alle più disparante esigenze, da quelle commerciali a quelle militari.
Il ‘700 e l’avvento di Napoleone
Con il ‘700 e le guerre rivoluzionarie, prima quella americana e poi quella francese, si ebbe una mobilitazione di cittadini, le armi adoperate furono estremamente varie, dai forconi alle mazze, ai fucili e l’artiglieria presa nelle varie prigioni.
L’uso del fucile era ormai diffuso, con l’avvento di Napoleone, in Europa si assistette ad una stagione di guerre e conquiste e ad un utilizzo di mezzi e uomini mai visto prima. La prima introduzione di stampo napoleonico fu quella dell’esercito permanente, quindi la diffusione della leva obbligatoria. Apertasi la stagione delle guerre di conquista napoleonica i grandi “stati” sentirono la necessità di avere sempre a disposizione un esercito, il massiccio impiego di uomini e il mantenimento di questi ultimi comportò di conseguenza ad un più grande investimento di denaro che andò inevitabilmente a pesare sulle casse statali. I governi iniziarono a chiedere ai sudditi maggiori oneri fiscali per poter sopperire alle perdite. Non sempre i sudditi e le loro tasse coprivano le spese militare per questo maniera sempre più frequente si ricorreva ad aiuti esterni, appaltando le truppe a privati.
Durante questo periodo a cavallo tra ‘700 e ‘800 l’esercito venne ampliato da una fanteria, uomini scelti che non combattevano in formazione ma che erano sparsi nel campo di battaglia, abili nello scontro individuale e nel tiro al bersaglio.
Un ultimo aspetto fondamentale per poter distinguere l’esercito napoleonico è l’uso massiccio e aggressivo dell’artiglieria, dalla seconda metà del ‘700 l’impiego di materiali e tecniche innovative per l’epoca resero l’artiglieria sempre più leggera e maneggevole in grado di attuare delle veloci manovre. Il grande cambiamento che si ebbe in questi anni fu nella concezione della guerra, non più di mera conquista ma di indebolimento dell’avversario. Un miglioramento della cartografia ed una maggiore ricchezza delle potenze europee permisero lo sviluppo e l’utilizzo di flotte, non solo a livello commerciale ma anche militare, nonostante la noncuranza della flotta da parte di alcuni stati dell’entroterra Europeo, altre potenze come l’Inghilterra e la Spagna si munirono di una flotta sviluppata, in grado di sbaragliare l’avversario in battaglie navali.
Cosa ci lascia questo saggio
Il saggio è semplice e scorrevole, dettagliato ed esaustivo, si presenta come un’ottima lettura anche per chi non ha dimestichezza con il lessico militare. Diviso in paragrafi ben definiti, non si articola in voli pindarici ma spiega ed esaurisce il tema della guerra in ogni sua sfaccettatura. Una bella lettura per chi cerca qualcosa di non troppo frivolo ma nemmeno troppo impegnativo. Lo stile discorsivo e semplice, il buon equilibrio di lessico militare specifico e contesto storico del Prof. Barbero anche qui sono la sua firma.