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Il Nettuno a Bologna e il restauro del bronzo

La Fontana del Nettuno è sicuramente uno dei monumenti che più identificano la splendida città di Bologna. Essa è costituita da statue e decorazioni in bronzo e un’architettura in marmi bianchi e rossi. Il progetto dei bronzi fu affidato allo scultore fiammingo Giambologna, pseudonimo di Jean de Boulogne, mentre per le parti marmoree fu incaricato Tommaso Laureti. In questo articolo vedremo i nuovi dati acquisiti dall’ultimo restauro del Nettuno, le operazioni eseguite e i risultati ottenuti.

I trascorsi del Nettuno

La fontana fu finita nel 1566 con lo scopo di glorificare il governo pontificio di Papa Pio IV ma fin subito la fontana fu utilizzata dai bolognesi, complice anche la scritta incisa su di un lato “Populi Commodo”, come lavatoio per i vestiti, per lavare i prodotti del vicino mercato, fino ad arrivare al suo utilizzo come vespasiano. Fu così che nel 1604 fu innalzata una recinzione che verrà rimossa solo nel 1888.

Oltre alla vita cittadina e agli agenti atmosferici, la fontana ha dovuto sopportare anche il peggioramento della qualità dell’aria che, già da ben prima del ‘900, ha visto il costante aumento delle polveri sottili date dall’utilizzo di carbone e di legna da ardere. Così, fin dal ‘700 si sono susseguiti numerosi restauri secondo l’etica e le tecnologie del tempo, fino ad arrivare all’ultimo intervento, concluso nel 2017 da parte dell’ISCR, l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro.

Fondamentale per capire lo stato di conservazione della fontana è sottolineare come l’acqua sia l’elemento legante di tutto l’apparato e come questa sia stata abbandonata dall’incuria a svolgere la sua funzione decorativa ma anche di degrado dei materiali.

L’acqua viene fatta risalire dall’interno della costruzione, zampilla e avvolge bronzi e marmi decorati, entrando quindi in contatto con tutti i materiali e con quasi tutte le superfici, in modo diretto o indiretto. Questo si traduce in un bellissimo effetto estetico, ma purtroppo anche in ossidazioni dei metalli e in reazioni chimiche dannose che avvengono con i marmi e con l’ambiente.

A complicare la situazione in un restauro precedente è stato notato come la fonderia originale non abbia rimosso adeguatamente la terra di fusione (terra proveniente dallo stampo utilizzato in fase di fusione del bronzo) andando a corrodere l’armatura interna della statua, che rigonfiandosi, produsse anche una frattura all’avambraccio sinistro della statua.

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La statua del Nettuno dopo il restauro – Ph. Cinzia Tittarelli ©

Le fonti di degrado

Il bronzo in atmosfera urbana è soggetto, come abbiamo visto, a numerosi attacchi da parte degli inquinanti. Come avviene per le croste nere sui materiali lapidei, l’interazione bronzo-inquinanti avviene in presenza di acqua, in questo caso dando vita a reazioni di natura elettrochimica.

In particolare, il rame, componente fondamentale del bronzo insieme allo stagno, in ambienti inquinati reagisce con le anidridi dello zolfo (SOx) formando, ad esempio, idrossi solfati di rame, bellissime ossidazioni verdi ma pericolose in quanto parzialmente solubili  e quindi dilavabili dalla pioggia a discapito della lega bronzea.

Sulla fontana, però, sono stati osservati anche idrossicloruri di rame, solitamente presenti solo in ambiente marino per la presenza del sale (NaCl – cloruro di sodio). Questa anomalia è un esempio molto interessante e esplicativa di come la manutenzione e lo studio dei nostri beni siano fondamentali per la loro conservazione. È infatti molto probabile che in questo caso la fonte di ioni cloruro fosse la presenza di pastiglie clorurate utilizzate come disinfettante delle acque di alimentazione della fontana. In aggiunta, queste potrebbero essere anche la fonte di alcune bellissime, ma anche qui, molto dannose, corrosioni di colore viola. Appare chiaro quindi come sia fondamentale una manutenzione costante, programmata ed informata, basata sulle conoscenze e sulle indicazioni del restauratore, al fine di evitare o limitare l’azione dei degradi e l’aggiunta di nuove fonti di degrado.

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Elementi di degrado visibili sul Nettuno – Comune di Bologna ©

Infine, vanno segnalate alcuni materiali che hanno fatto, anche involontariamente, da protettivi. In primis si sono osservati dei residui di protettivi dei precedenti restauri, anche qui, abbandonati al loro destino invece che essere risarciti tramite una costante manutenzione; in secundis le stesse concrezioni di calcare date dall’acqua hanno reso la superficie dei bronzi sicuramente disomogenea e meno leggibile ma allo stesso tempo l’hanno protetta creando uno strato di sacrificio.

Volendo schematizzare e accorpare degradi che, per motivi di sintesi, non sono stati finora descritti, segue un elenco delle forme di degrado presenti sui bronzi della fontana prima del restauro:

  • Sporco di tipo generico e guano;
  • Particellato atmosferico;
  • Sedimenti;
  • Composti trasportati dalla pioggia (fomranti colature geodetiche);
  • Composti neoformati per attacco chimico della patina da parte degli inquinanti aerodispersi;
  • Croste nere;
  • Incrostazioni calcaree;
  • Sali solubili provenienti dall’interno del manufatto o dall’aria;
  • Protettivi invecchiati, finiture, vernici;
  • Danni antropici e atti vandalici.

Il restauro del Nettuno

La difficoltà maggiore nell’azione di pulitura si è identificata nel fatto che le ossidazioni, come abbiamo visto, non sono dei prodotti aggiuntisi al materiale originale ma una sua vera e propria trasformazione. Ciò vuol dire che non vi è un netto e oggettivo livello su cui è possibile basare la pulitura e quindi la rimozione dei degradi, bensì un limite dato dai prodotti di corrosione del bronzo, alleggeriti meccanicamente delle loro scabrosità, e il più possibile privo di componenti estranei.

A queste operazioni meccaniche sono seguiti abbondanti lavaggi con acqua deionizzata, talvolta additivata con tensioattivi o reagenti, sia per la rimozione delle sostanze introdotte durante l’intervento, sia per l’estrazione di sali solubili presenti, fattori fondamentali nei processi corrosivi in corso.

Ai lavaggi sono seguite le operazioni di risarcitura delle fessurazioni e delle porosità macroscopiche del bronzo al fine di rendere la superficie del materiale continua e priva di punti adatti al ristagno o all’infiltrazione dell’acqua.

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Il Nettuno durante le fasi del restauro – Comune di Bologna ©

Successivamente si è eseguito un ritocco pittorico al fine nascondere i risarcimenti e di abbassare le disomogeneità cromatiche date dalle ossidazioni e rendere quindi la statua più omogenea e leggibile.

Infine si è eseguita la disidratazione dello spessore del bronzo tramite sostanze altamente volatili come l’alcol, con lo scopo di rimuovere i residui di acqua presenti nelle microfessurazioni e nelle porosità del metallo prima della stesura dei protettivi idrorepellenti e impermeabili.

I protettivi sono stati principalmente due, come di prassi su questi materiali: una resina acrilica e una cera microcristallina.

La prima forma uno strato uniforme e trasparente, ma il suo invecchiamento, dato da reazioni chimiche e fotochimiche (UV), può provocare microfessurazioni pericolose per l’innesco di corrosioni del bronzo di natura elettrochimica. In più la resina rende il bronzo assai lucido e riflettente, perciò, come secondo strato, si aggiunge una cera. Essa protegge la resina dagli UV e, se non tirata, dona un elegante aspetto satinato alle superfici, oltre che creare uno strato di sacrificio idrorepellente. I due prodotti si compensando quindi a vicenda ma l’efficacia della loro funzione è sicura solo se questi vengono monitorati e ripristinati regolarmente.

Volendo nuovamente schematizzare il tema appena affrontato, segue un elenco delle principali operazioni di restauro effettuate sul Nettuno e le altre parti in Bronzo:

  • Depolveratura;
  • Lavaggi con acqua deionizzata e con tensioattivi;
  • Pulitura (rimozione dei prodotti di corrosione instabili e delle patine di alterazione);
  • Lavaggi e disidratazione;
  • Trattamenti localizzati per la rimozione dei cloruri;
  • Stabilizzazione;
  • Protezione delle superfici e integrazione formale;
  • Integrazione cromatica;

La manutenzione programmata

Nonostante i grandi passi in avanti sulle tecnologie e sulle teorie del restauro è ancora molto difficile convincere ed educare le istituzioni alla manutenzione programmata. Questa renderebbe gli interventi più frequenti, molto meno costosi ma soprattutto garantirebbe al meglio la conservazione del nostro patrimonio storico.

Nel caso del Nettuno infatti, si tratterebbe solo di far controllare lo stato dei protettivi e, nel caso, di farli ri-stendere sulle superfici ogni qualche anno. Un piccolo prezzo per la salvaguardia di uno dei simboli più belli e interessanti di Bologna.

Bibliografia

📄 Nettuno. La fontana: studio, progetto, restauro - Marco Gaiani - Editore : Bononia University Press (5 dicembre 2017)
💻 nettuno.comune.bologna.it
💻 bibliotecasalaborsa.it

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a cura di

Giulio Claudio Barbiera

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