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Condimenti antichi: il Garum

Nell’apprestarci a realizzare le ricette culinarie dell’Antica Roma non possiamo esimerci dal parlare del garum. Questo alimento doveva essere particolarmente apprezzato da Apicio, che nella sua opera De Re Coquinaria (I sec. d.C.), lo inserì tra gli ingredienti essenziali di quasi tutte le ricette di ogni genere, dalla carne al pesce, passando per le verdure e per ogni ricetta agrodolce.

Quando si diffuse a Roma?

L’origine etimologica del termine non è nota, anche se Plinio il Vecchio (N.H. XXI, 93) affermò che derivasse dal greco garos o garon, ovvero un antico pesce a noi sconosciuto e al liquido che si otteneva dalla sua lavorazione.  Anche Isidoro di Siviglia, nel VII secolo d.C., si mantenne fedele alla versione pliniana e oggi gli storici sono generalmente concordi nel ritenere che il garum avesse effettivamente origini orientali e che si sia diffuso in tutto il mondo ellenistico prima di giungere a Roma in età repubblicana, probabilmente a partire dal III secolo a.C., con l’aumento della frequenza dei contatti e degli scambi con le città della Magna Grecia, e ancora di più dopo la Seconda Guerra Punica e la definitiva affermazione di Roma come potenza mediterranea e la graduale estensione dell’influenza dell’Urbe nel Mediterraneo orientale.

Il garum era il risultato della macerazione del pesce e compare nelle fonti romane anche come liquamen o allec, senza che ci sia la nota la precisa differenza tra i due termini, anche se verosimilmente il primo si riferiva più ad un prodotto liquido mentre il secondo ad una salsa semisolida. Non esisteva infatti una singola versione di garum, ma ne esisteva un’ampissima gamma di varietà, a seconda dei pesci utilizzati (celebre sarebbe stato il “garum degli alleati”, prodotto dalla lavorazione degli sgombri in Iberia), del ceto sociale cui era destinato (il “fiore del garum”, costoso, era riservato ai più abbienti, mentre secondo Catone l’allec era utile per l’alimentazione degli schiavi) e di tantissime altre varianti, a seconda del luogo e del periodo.  Anche in piena età imperiale, sotto Diocleziano, all’inizio del IV sec. d.C., si ha testimonianza di diverse tipologie di garum, per la precisione sono attestati un liquamen primum e secundum, di differente qualità e prezzo.

Dalle fonti si evince che la procedura più comune e lunga per preparare il garum consisteva nell’alternare varie erbe aromatiche (menta, aneto, origano, sedano, finocchio, coriandolo eccetera, verosimilmente a seconda di disponibilità e gusto) con strati di pesce (che, come detto, poteva essere di vari tipi, dagli sgombri alle sardine, con la precisazione che i pesci piccoli dovevano essere disposti interi, mentre quelli più grandi sezionati) e di sale grosso all’interno di un vaso. Si continuava a comporre gli strati in quest’ordine fino al riempimento totale del vaso. Dopo sette giorni di macerazione si rimestava delicatamente il prodotto e lo si continuava a fare per altri 20 giorni. Alla fine del procedimento  si raccoglieva il liquido che si era raccolto sul fondo.

L’archeologia del cibo ci aiuta nel trovare risposte: in particolare, nella zona interessata dall’eruzione del Vesuvio, sono state rinvenute anfore con resti di garum, che ci permettono di analizzarne, per quanto possibile, la composizione. Proprio a Pompei, infatti, sorgeva l’officina di  A. Umbricius Scaurus, produttore del prelibato condimento.

Anfora con resti di Garum – Antiquarium di Boscoreale ©

Il garum delle Geoponiche

Tuttavia data la lunghezza della procedura (e la complessità nel realizzarla al giorno d’oggi, specialmente per via dei forti odori che emanerebbe) noi di StorieParellele abbiamo optato, nella video ricetta allegata, per una versione più semplice (e meno antica) del garum, ottenibile in breve tempo.

Tale ricetta ci è tramandata da un’opera di periodo bizantino, Geoponica (20, 46, 5), e prevede la realizzazione di una salamoia della densità sufficiente a far galleggiare un uovo crudo. Dentro di essa si deve versare i pesci (nel nostro caso abbiamo optato per delle sardine) e l’origano, per poi mettere a cuocere fino all’evaporazione del liquido. A quel punto si aggiungerà del mosto cotto e si porterà il tutto all’ebollizione. Ovviamente a seconda del gusto personale si potrà realizzare un garum più o meno denso, a partire da una consistenza liquida (come nel caso del nostro video) fino ad uno di una consistenza maggiore, quasi semisolida.

Nelle Geoponiche si segnala che questa ricetta andava impiegata quando non vi era la possibilità (presumo per motivi climatici o logistici) di lasciare al sole il pesce, quindi è perfetto per chi volesse provare a replicarlo nella cucina di casa!

Per quanto riguarda il sapore all’assaggio, abbiamo riscontrato che il sapore del pesce viene coperto più di quanto avremmo immaginato dall’origano (e in generale dalle spezie) lasciando al preparato però una spiccata sapidità. In effetti sembrerebbe proprio questo l’utilizzo principale del garum per i Romani, ovvero quello di esaltare la sapidità di certi piatti, specialmente se agrodolci. Il “garum nero” infatti, celebre presso la società romana per la sua qualità, veniva servito sulle tavole imbandite in modo presumibilmente non molto diverso da quello tipico della salsa di soia nelle cucine asiatiche, lasciando al commensale la facoltà di scelta su quanta salsa utilizzare per insaporire il piatto.

Come preparare il garum delle Geoponiche

Gli ingredienti necessari per la nostra preparazione sono:

  • 0,2 dl di salamoia (orientativamente tra i 5 e i 7,5 gr. di sale per ogni dl di acqua);
  • 0,25 kg di sardine fresche;
  • 1 o 2 cucchiai di origano;
  • 0,2 dl di mosto cotto.

Innanzitutto prendete del mosto fresco (è possibile anche utilizzare del vino, se volete un procedimento più semplice e/o avete difficoltà a procurarvi il mosto) e mettetelo a bollire, fino a ridurre di 1/3 della quantità iniziale. Realizzate nel frattempo la salamoia, unendo sale all’acqua: per regolarsi sulle quantità, stando alle fonti, occorrerà aggiungere sale fino a far galleggiare un uovo.

Mettete sul fuoco la salamoia e aggiungete subito le sardine. per la realizzazione della ricetta si possono inserire direttamente intere, ma è possibile anche pulirle ed eviscerarle prima della cottura, a seconda dei gusti personali e di un gusto più o meno intenso da dare al vostro garum. Aggiungiamo anche un cucchiaio di origano: anche in questo caso si può utilizzare sia origano secco che fresco, basta che sia triturato.

Si lasci cuocere il tutto fino ad una netta diminuzione del liquido di cottura. A questo punto si aggiunga il mosto cotto in precedenza portandolo all’ebollizione. Prendete infine il prodotto e filtratelo con un colino (meglio se due volte) ed avrete ottenuto una rapida versione del garum!

Prova anche tu!

Vuoi cimentarti in questa ricetta? Ecco qui la video ricetta in cui Leonardo e il nostro ArcheoCuoco Samuele preparano il nostro garum! E per non perderti nessuna novità iscriviti al nostro canale YouTube!

Per la realizzazione di questa ricetta abbiamo utilizzato il vino rosso Purpureum Tabusso.

Bibliografia

🏺 Apicio, De Re Coquinaria
🏺 Catone, De Agricoltura
🏺 Geoponica
🏺 Plinio, Naturalis historia
📖 Apicio, L’arte culinaria, manuale di gastronomia classica, (a cura di) G. Carazzali, Firenze, Giunti, 2017
📖 C. Cerchiai Manodori Sagredo, Cibi e banchetti nell’Antica Roma, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2004
📖 Geoponika. Farm work. A modern translation of the Roman and Byzantine farming handbook (a cur. di) A. Dalby, Prospect books, 2011
📖 A. Jori, Panem et circenses, Cibo, cultura e società nella Roma antica, Palermo, Nuova Ipsa Editore, 2016

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a cura di

Leonardo Di Flaviani

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