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Castelli medievali: da edifici in legno a villaggi fortificati

La scelta di dove costruire castelli si legò a un compromesso fra necessità più concrete, come la protezione dell’insediamento, e fra i criteri tattici dati dalle caratteristiche specifiche di un territorio, quali la posizione dominante o la presenza di acque nei dintorni. Non si trattò comunque di scelte assolutamente irrevocabili, infatti, il numero di castelli abbandonati risultò notevole, sia per assecondare nuove distribuzioni di popolazione sul territorio, sia invece per assecondare le mire espansionistiche del Signore stesso.

Evoluzione del castello

Per quanto riguarda l’apparato fortificatorio, le fonti che ne davano notizia, riguardanti soprattutto il X e l’XI secolo, testimoniavano un fossato come unica traccia lasciata dalle fortificazioni, il che fa presupporre che i primi castelli fossero opere alquanto primitive, costruite con legname e terra battuta. Si sarebbero dunque deteriorate anche senza un intervento militare nemico, ma semplicemente per mancanza di manutenzione.

Nell’XI secolo si continuò ad avere la presenza preponderante di un fossato, seguito da un muro e da alcune torri. Rispetto al X secolo durante questi anni raddoppiò il numero sia dei castelli complessivi che di quelli muniti di muro difensivo costruito in pietra, anche se all’aumento numerico non corrispose un’altrettanta evoluzione tecnica. Per quanto riguarda invece l’ampiezza delle aree da fortificare, un elemento fondamentale fu senza dubbio l’ampiezza della popolazione da proteggere e la diretta disponibilità degli effettivi militari utilizzabili per la creazione di un efficace circuito difensivo.

Il castello dei secoli X e XI assunse, dunque, almeno nella maggior parte dei casi, l’aspetto di un vero e proprio villaggio fortificato, dove la sola presenza di un muro non bastò a definire ancora il castrum come una vera e propria fortezza, a questo scopo assursero fossati e terrapieni. Torri e recinti fortificati aumentarono a partire da fine XI e inizio XII secolo, mentre l’uso della muratura appare più precocemente in Italia rispetto al resto d’Europa, soprattutto lungo l’arco alpino. Il castello quindi arrivò ad assumere in questo periodo, più avanzato rispetto alle origini, la forma di una cittadella fortificata, più che di un villaggio.

Castelli con licenza regia

C’era tuttavia un’altra tipologia di castello, quella della fortificazione creata da una licenza regia: particolarmente ricche di informazioni a riguardo furono le licenze emesse da Berengario I e, in seguito, da Ugo di Provenza, dalle quali emerse, infatti, una specifica tipologia di castello regio, diverso dal punto di vista delle fortificazioni rispetto a fortezze coeve, costruite invece per iniziativa privata.

Elementi dominanti in questo tipo di castelli furono maggiormente il fossato e i merli, che ricorrono almeno nel 77% delle attestazioni complessive, seguiti dalle torri e dalle bertesche, cioè sporgenze merlate o coperte da un tetto, attaccate al muro tramite un arco a mensola, che potevano essere munite di feritoie e balestriere al fine di proteggere un ingresso o un punto nevralgico della struttura del castello. Tutte queste denominazioni fortificatorie tuttavia vennero inserite nei testi senza un significato preciso, usate di volta in volta in combinazioni diverse.

Un modello di fortezza regia quindi non esistette, ma queste strutture variarono a seconda della diversità delle concessioni. È solo a partire dal X secolo che la terminologia nelle concessioni regie che legittimavano la costruzione di una fortezza si fece ufficiale. Caso particolare fu la presenza o meno di una merlatura, che divenne un elemento discriminante tra chi avesse costruito un castello per iniziativa del sovrano e chi no. Al contrario l’uso di termini specifici relativi alla costruzione delle fortificazioni venne meno nel secolo successivo.

Il castello come residenza padronale

Possibilità economiche accompagnate da potenza politica, insieme alla concreta disponibilità di manodopera e materiali, e soprattutto di un terreno adatto, erano dunque le parole d’ordine per il Signore che voleva creare una fortezza. Certamente in montagna e nelle aree dirupate lo spazio fisico disponibile fu una variabile notevole, così come in campagna lo furono i corsi d’acqua e le penisole di confluenza.

Spesso l’area complessiva di una fortezza variava e comprendeva più elementi, quali i sopracitati fossati per esempio e nella maggior parte dei casi un edificio religioso. Con il progressivo aumento di popolazione cambiò anche la struttura vera e propria del castello, che arrivò ad essere anche a più piani, mentre nelle corti regie o nei castelli sede di signori più ricchi vennero attestati edifici architettonicamente più complessi, costruiti proprio a scopo residenziale. Raramente questi ultimi venivano chiamati palacium, ma erano identificati come sala, caminata, domus, mansio, camera, che si differenziavano dagli spazi comuni per gli aggettivi maior, proprius, dominicus.

La residenza padronale poteva anche essere uno spazio architettonico a sé stante, tuttavia le fonti danno solo sporadiche informazioni riguardo alla forma e all’architettura di queste costruzioni. All’interno dell’edificio rimanevano, inoltre, spazi non edificati, utilizzati come piccole aree preposte all’agricoltura, che scomparvero progressivamente nel corso del XII e dei secoli successivi.

Bibliografia

📖 PIERRE TOUBERT, Dalla terra ai castelli. Paesaggio, agricoltura e poteri nell’Italia medievale, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1995
📖 ALDO A. SETTIA, Castelli e villaggi nell’Italia padana. Popolamento, potere e sicurezza fra IX e XIII secolo, Liguori Editore, Napoli, 1984;
📃 ALDO A. SETTIA, Il tempo della terra e del legno. Elementi difensivi esterni nei castelli italiani (secoli XXIII) in Oltre le mura. L’apparato delle cinte fortificate medievali. Riconoscimento, salvaguardia, valorizzazione, Atti del convegno di studi di Montagnana, 18 novembre 2006, Centro di studi sui castelli, 2008 (Quaderno n. 16);

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a cura di

Silvia Gigliotti

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