In queste poche righe si cercherà di sintetizzare la disciplina del restauro dal punto di vista storico e teorico. Possiamo condensare la Storia del Restauro in due grandi fasi: pre e post ‘700.
Fino al XVIII secolo, infatti, il restauro consisteva principalmente nel ricostruire o ristrutturare i beni immobili e modificare o riportare all’antico splendore i beni mobili. Pratica che sottostava, in maggior istanza, a logiche estetiche e pratiche.
Dal ‘700, invece, si sono susseguite più esperienze che hanno creato una disciplina diversa, che poneva l’attenzione più sull’aspetto conservativo che ricostruttivo e che riportava al centro l’opera in quanto documento storico e non più solo come oggetto artistico di cui godere.
Gli avvenimenti che maggiormente influenzarono l’evoluzione del restauro furono:
- la campagna di estrazione a Pompei;
- l’invasione napoleonica;
- la scrittura della Teoria del Restauro da parte di Cesare Brandi;
- l’alluvione di Firenze del ‘66.
Tali avvenimenti hanno influenzato, se non dato vita, le due principali scuole di restauro italiane e ad un’importante ragionamento su cosa dovesse essere la disciplina del restauro. Per accennare alla teoria di questa disciplina non si può non fare riferimento a Cesare Brandi, che definì il restauro come un momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della trasmissione al futuro.
In altre parole, il restauro è un momento critico e di studio dell’opera d’arte. Quando si opera un restauro si è costretti a prendere delle scelte che trovino un compromesso tra l’istanza estetica e quella storica dell’oggetto d’arte.
Un compromesso che assicuri la trasmissione al futuro di un documento storico e, al tempo stesso, di un oggetto estetico, che quindi andrà trattato per renderlo godibile e leggibile dall’osservatore.