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L’immagine immortale di Beatrice Portinari

Chi era Beatrice Portinari? In occasione della Festa della Donna e dei 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, approfondiamo la misteriosa figura di Bice.

“Io son Beatrice, che ti faccio andare;
vegno del loco, ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.”

(Dante Alighieri – Divina Commedia – Inferno II, 70-72)

Parliamo di una storia di qualche tempo fa. Parliamo di un amore segreto. Parliamo di sospiri e di impercettibili saluti. Parliamo della Firenze di fine 1200 e dell’incontro di due bambini, all’incirca di 9 anni, destinato a rimanere impresso nella Storia. Lui sarà riconosciuto come il padre della Lingua e della Letteratura Italiana, Lei la sua più grande ispirazione.

L’incontro fra Dante e Beatrice

Siamo nella primavera del 1274, quando in un pomeriggio di festa, il piccolo Durante, detto Dante, di Alighiero degli Alighieri, si imbatte in una bambina vestita di rosso e ne rimane talmente colpito da innamorarsene perdutamente. È lo stesso poeta a raccontare il momento in cui i suoi occhi si sono posati per al prima volta su quella bambina e le forti emozioni che la sua vicinanza gli ha suscitato. Da quel momento fino alla fine della sua vita, quella bambina, vestita di rosso, diventerà protagonista indiscussa di ogni suo pensiero.

“Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare. Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d’oriente de le dodici parti l’una d’un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono. Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia. In quello punto dico veracemente che lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominciò a tremare sì fortemente, che apparia ne li menimi polsi orribilmente; e tremando disse queste parole: “Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur michi….E avvegna che la sua imagine, la quale continuatamente meco stava, fosse baldanza d’Amore a segnoreggiare me , tuttavia era di sì nobilissima vertù, che nulla volta sofferse che Amore mi reggesse sanza lo fedele consiglio de la ragione in quelle cose là ove cotale consiglio fosse utile a udire.”
(Dante – Vita Nova – II)

beatrice portinari
Dante e Beatrice – Divina Commedia illustrata da Gustave Dorè ©

Chi era Bice Portinari

Ma chi è questa bambina, che “da molti” è chiamata Beatrice, il cui nome è stato affidato all’eternità?

I dati della sua carta d’identità non sono ricavabili dalle opere di Dante; ma già subito dopo la morte del poeta, la presenza di questa figura femminile forte a tal punto da aver influenzato ogni testo e ogni rima, ha portato molti studiosi a chiedersi se fosse una donna realmente esistita o se invece bisognasse vedere nella fanciulla un’entità quasi mitologica, opera del poeta.

Molti sono stati e sono oggi tuttora in corso, gli studi sulla figura di Beatrice e sulla sua veridicità storica, studi che contengono analisi e approfondimenti su ogni testo o codice che riporta il suo nome; in questo contributo saranno riportati alcuni tra i riferimenti più famosi e ritenuti anche veritieri perché sono le prime testimonianze e quindi quelle più vicine cronologicamente ai fatti.

Il primo accenno alla reale esistenza di Beatrice lo troviamo in Graziolo de’ Bambaglioli che nel 1324 fa riferimento solo alla realtà storica del personaggio, non indicando alcuna famiglia di appartenenza.

Il figlio di Dante invece, Pietro Alighieri, fornisce informazioni più dettagliate e precise, identificando la Beatrice amata dal padre con Beatrice “Bice” Portinari nata a Firenze nel 1266 da Folco di Ricovero Portinari e Cilia di Gherardo Caponsacchi:  

“[…] premictendum est quod revera quedam domina nomine Beatrix, insignis valde moribus et pulchritudine, tempore auctoris viguit in civitate Florentie, nata de domo quorundam civium florentinorum qui dicuntur Portinari, de qua Dantes auctor procus fuit et amator in vita dicte domine, et in eius laudem multas fecit cantilenas: qua mortua, ut eius nomen in fama levaret, in hoc suo poemate sub allegoria et typo Theologie eam ut plurimum accipere voluit […]”
“[…] è da premettere che in fatto certa nominata madonna Beatrice, molto insigne per costumi e bellezza, nel tempo dell’autore fu nella città di Firenze, nata della casa di certi cittadini fiorentini che si dicono i Portinari; della quale questo autore Dante fu, mentre ch’ella visse, vagheggiatore ed amatore, e in laude sua molte canzoni compose; e poi che fu morta, per celebrare il nome di lei, si volle in questo suo poema assumerla le più volte sotto l’allegoria e carattere della teologia […]”

(Del Lungo – Beatrice nella vita e nella poesia del secolo XIII – pp. 53-54)

Una conferma arriva da Giovanni Boccaccio che nel Trattatello in laude di Dante, racconta il pomeriggio di festa a casa di Folco Portinari in cui i due bambini si sono conosciuti:

“[…] Folco Portinari, uomo assai orrevole in que’ tempi tra’ cittadini, il primo dì di maggio aveva i circustanti vicini raccolti nella propria casa a festeggiare, infra li quali era già il nominato Alighieri. Al quale, si come i fanciulli piccoli, e spezialmente a’ luoghi festevoli, sogliono li padri seguire, Dante, il cui nono anno non era ancora finito, seguito avea…Era intra la turba de’ giovinetti una figliuola del sopradetto Folco, il cui nome era Bice, come che egli sempre dal suo primitivo, cioè Beatrice, la nominasse, la cui età era forse d’otto anni, leggiadretta assai secondo la sua fanciullezza, e ne’ suoi atti gentilesca e piacevole molto, con costumi e con parole assai più gravi e modeste che il suo picciolo tempo non richiedea; e, oltre a questo, aveva le fattezze del viso delicate molto e ottimamente disposte, e piene, oltre alla bellezza, di tanta onesta vaghezza, che quasi una angioletta era reputata da molti. Costei adunque, tale quale io la disegno, o forse assai più bella, apparve in questa festa, non credo primamente, ma prima possente ad innamorare, agli occhi Dante: il quale, ancora che fanciul fosse, con tanta affezione la bella imagine di lei ricevette nel cuore, che da quel giorno innanzi, mai, mentre visse, non se ne dipartì.”
(Giovanni Boccaccio – Trattatello in laude di Dante)

Boccaccio conferma l’identificazione con Beatrice Portinari anche nelle Esposizioni sopra la Comedia, fornendo qualche altro dettaglio biografico sulla fanciulla fiorentina che in giovanissima età andò sposa a Simone De Bardi e morì prematuramente. L’aspetto interessante di questo secondo contributo del Boccaccio è il riferimento ad una fonte attendibile molto vicina alla ragazza che egli avrebbe consultato. Resta molto difficile individuare chi fosse questa persona, sappiamo però che il poeta aveva avuto molte possibilità di entrare in contatto con la verità, poiché non solo il padre di Boccaccio era in affari con la famiglia dei Bardi, ma la madre della matrigna di Boccaccio, Monna Lippa, era anche parente di Folco Portinari.

“[…] Fu adunque, questa donna, secondo la relazione di fededegna persona, la quale la conobbe e fu per consanguinità strettissima a lei, figliuola di un valente uomo chiamato Folco Portinari, antico cittadino di Firenze; e come che l’autore sempre la nomini Beatrice dal suo primitivo, ella fu chiamata Bice, ed egli aconciamente il testimonia nel Paradiso, là dove dice: <Ma quella reverenza che s’indonna / di tutto me, pur per ‘be’ e per ‘ice’.>
E fu di costumi e d’onestà laudevole quanto donna esser debba e possa, e di bellezza e di leggiadria assai ornata; e fu moglie d’un cavaliere de’ Bardi, chiamato messer Simone; nel ventiquatresimo anno della sua età passo di questa vita, […] Fu questa donna maravigliosamente amata dall’autore; né cominciò questo amore nella loro provetta età, ma nella loro fanciullezza, per ciò che, essendo ella d’età d’otto anni e l’autore di nove, sì come egli medesimo testimonia nel principio della sua Vita Nuova, prima piacque agli occhi suoi; ed in questo amore con maravigliosa onestà perseverò mentre ella visse”.

(Giovanni Boccaccio – Esposizioni sopra la Commedia)

Se l’attribuzione proposta è corretta, pochissime sono le notizie biografiche su Beatrice Portinari, se non quelle ricavate da qualche atto notarile e da queste testimonianze postume. La notizia del matrimonio è confermata anche dal testamento di Folco Portinari, che diede la figlia in sposa molto giovane a Simone de Bardi con una piccola dote.

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Dante e Beatrice – Divina Commedia illustrata da Gustave Dorè ©

Gli incontri con Dante

Se è lei la Beatrice dantesca, Dante non ebbe più tante occasioni per incontrarla; nella Firenze di fine 1200, le bambine che si avvicinavano alla pubertà non potevano più uscire di casa fino al momento del loro matrimonio che comunque avveniva molto presto.

Dante riuscì ad incontrarla di nuovo solamente dopo nove anni, nel 1283, mentre lei, donna ormai sposata, passeggiava per le strade di Firenze, rigorosamente accompagnata da altre dame. È ancora il poeta a raccontare questo nuovo incontro e stupisce come ancora una volta la sua penna si soffermi sul magnifico aspetto della fanciulla, esaltando il suo abbigliamento. Beatrice in questa occasione riconosce Dante e gli rivolge un saluto creando non poco scompiglio nel cuore e nell’animo del giovane diciottenne.

“Poi che fuoro passati tanti die, che appunto erano compiuti li nove anni appresso l’apparimento soprascritto di questa gentilissima, ne l’ultimo di questi die avvenne che questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, in mezzo a due gentili donne, le quali erano di più lunga etade; e passando per una via, volse li occhi verso quella parte ov’io era molto pauroso, e per la sua ineffabile cortesia, la quale è oggi meritata nel grande secolo, mi salutoe molto virtuosamente, tanto che me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine.”
(Dante Alighieri – Vita nuova – III).

Purtroppo, il 19 giugno del 1290, come indicato anche da Boccaccio, a soli 24 anni Beatrice Portinari morì; le cause della morte non sono conosciute ma si ipotizza che possano essere state determinate da complicanze legate al parto.

Dante Alighieri parla della morte improvvisa e prematura della sua Beatrice che ha generato in lui tanto dolore e sconforto e alla fine della Vita Nova sembra anticipare il ruolo fondamentale che questa figura ricoprirà nella sua opera più grande, quella che deve ancora compiere, la Comedia:

“Appresso questo sonetto apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com’ella sae veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna. E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia di colui “qui est per omnia secula benedictus”.
(Dante Alighieri – Vita nuova – XLII)

Nel centro di Firenze, nella piccola Chiesa di Santa Margherita dei Cerchi, vicino al luogo in cui doveva trovarsi la vera casa degli Alighieri, è conservata una lapide, il cui testo dice:

SOTTO QUESTO ALTARE FOLCO PORTINARI COSTRUI’ LA TOMBA
DI FAMIGLIA L’ 8 GIUGNO 1291 VI FU SEPOLTA BEATRICE PORTINARI

È ovviamente impossibile sapere se in questa piccola chiesetta riposi davvero il corpo di Beatrice Portinari. Per molti è invece più plausibile che le sue spoglie siano in realtà a Santa Croce nella tomba della famiglia del marito, i Bardi. Quello che può essere considerato certo è che all’interno vi fu sepolto Folco Portinari e la balia di Beatrice, Monna Tessa e che la chiesetta fu molto frequentata dal poeta dove vi sposò anche la moglie Gemma Donati.

La presenza di questa lapide ha comunque contribuito ad accrescere il mito di questa storia d’amore e della figura Beatrice. La piccola chiesetta è infatti ancora meta di visite di persone da ogni parte del mondo, legati in qualche modo a questa bambina e poi a questa donna, resa immortale dalla penna di un Uomo profondamente innamorato.

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Dante e Beatrice – Divina Commedia illustrata da Gustave Dorè ©

Bibliografia

🏺 ALIGHIERI D., Divina Commedia illustrata da Gustavo Dorè, a cura di Eugenio Camerini, Milano, edizione 1942
🏺 ALIGHIERI D., Vita Nova, a cura di M. Barbi, Firenze 1932
🏺 BOCCACCIO G., Trattatello in laude di Dante, in “Tutte le opere di Giovanni Boccaccio” a cura di V. Branca, vol. III, Milano Mondadori, 1974
🏺 BOCCACCIO G., Esposizioni sopra la Comedia, in “Tutte le opere di G.B.”, a cura di V. BRANCA, vol. VI, Milano, Mondadori ,1965.
📖 BARBERO A., Dante, Ottobre 2020
📖 DEL LUNGO I., Beatrice nella vita e nella poesia del secolo XIII, 1891
📖 ZANOBONI M.P., Portinari, Folco in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 85, 2016

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a cura di

Benedetta Ficcadenti

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