Prima di parlare dell’Arco di Tito è doveroso spendere qualche parola su questo elemento architettonico. L’arco è una delle costruzioni più famose dell’Impero Romano. La curva si appoggia a due elementi verticali, detti piedritti, che hanno il compito di sostenere il peso e l’architrave; l’insieme doveva simulare una porta di vaste proporzioni. Le vie di passaggio che si creavano sono dette fornici e consentivano il passaggio sia in senso trasversale che longitudinale. Le pietre tagliate dette conci, piuttosto che i mattoni, vengono disposti in maniera radiale verso un centro virtuale il quale si regge grazie a un elemento detto chiave di volta.
I trionfi di Roma
L’Arco di Tito rientra nella tipologia definita come trionfale perché aveva la funzione di celebrare un generale o un imperatore, se non eventi legati alla gloria di Roma. I trionfi che venivano festeggiati in città vedevano sfilare l’intero esercito sotto questi monumenti che venivano riccamente decorati da rilievi, decorazioni scultoree che narravano le gesta del personaggio da celebrare e iscrizioni dedicatorie. Tito, discendente della gens Flavia, figlio di Vespasiano, nonché decimo imperatore dal 79 al 81, vede dedicarsi l’arco dal fratello Domiziano a memoria della guerra giudaica combattuta in Galilea.
Architettura e fregi
L’Arco di Tito è eretto alle pendici settentrionali del Palatino, quindi nella parte orientale del Foro di Roma. Si caratterizza per avere un solo fornice e presenta delle innovazioni architettoniche-artistiche assenti negli altri archi: è infatti più compatto e robusto, diverso dai modelli ellenistici in voga fino a quel momento. L’apertura è inquadrata da semicolonne scanalate aventi capitelli compositi in marmo pentelico. Il fregio sulla trabeazione presenta figure tozze e profondamente scavate al fine di risaltarne il rilievo. È proprio lo stile più tipicamente romano, scevro cioè dalle influenze ellenistiche, che presenta personaggi sproporzionati, disorganici e poco verosimili; tratti che caratterizzano gli stilemi di quell’arte che gli storici dell’arte chiamano plebea, nella quale predomina più l’aspetto simbolico che la verosimiglianza dell’episodio.
La scena sommitale mostra, in maniera molto standardizzata, un Sacrificio; mentre sotto la volta trionfale formelle inquadrano l’Apoteosi di Tito mentre viene portato in cielo da un’aquila, insieme a fregi con scene tratte dal Trionfo. I rilievi più importanti sono invece quelli ai lati del fornice. Essi illustrano la cattura di Gerusalemme avvenuta durante la prima guerra giudaica (70 d.C.). Quello di destra presenta Tito sulla quadriga mentre viene incoronato dalla Vittoria, Virtù e figure allegoriche seguono a fianco del cocchio insieme alle allegorie del popolo romano e del Senato; in lontananza si assiepano le teste e i fasci degli immancabili littori.
A sinistra è rappresentato il corteo vittorioso mentre entra nella Porta Triumphalis figurata a sinistra in posizione scorciata. Le portantine raccolgono tutti gli oggetti saccheggiati dal tempio di Gerusalemme, si vede bene il candelabro a sette braccia d’argento, il tavolo per il pane sacro e le trombe d’argento. È da notare che seppur le scene siano spesso affollate di personaggi, particolare attenzione è stata posta nella resa realistica dello spazio che viene occupato. Le figure non si muovono ritmicamente in linea retta, ma l’incedere segue una curva prospettica che permette la visione di figure a tre quarti.
L’ottimo stato di conservazione dell’arco lo si deve al fatto che il monumento venne inglobato nella fortezza medievale dei Frangipani, e poi costantemente protetto, restaurato e conservato come testimonianza storica riguardante gli ebrei.