La distinzione in “prodotti” specifici dell’arte tessile, ovvero in arazzo, tessuto e tappeto deriva da alcune differenziazioni tecnico-produttive e dalle convergenze e/o divergenze che questi ebbero con la storia dell’arte. Tuttavia, i manufatti tessili hanno in comune alcune fasi realizzative preliminari come la selezione, la preparazione e la tintura delle materie prime (i filati) e l’utilizzo per la tessitura di uno strumento di base, il telaio.
“A” come Arazzo: un’arte minore d’élite.
Tappezzerie, panni istoriati, coltrine, celoni, razzi, arazi, arragi sono alcuni dei termini storicamente impiegati per definire gli arazzi. Nello specifico, nella cultura italiana, la parola “arazzo” deriva dal nome dell’omonima città di Arras, situata nella Francia settentrionale, importante centro europeo di produzione di tali opere; infatti, il genere artistico si diffuse in Europa, a partire dal tardo Medioevo, soprattutto in area franco-fiamminga.
Il termine arazzo indica un paramento murale intessuto, di dimensioni variabili ma spesso importanti, che può rappresentare scene narrative sacre o profane, composizioni vegetali, zoologiche e araldiche, tessuto con lo scopo di coibentare e decorare gli ambienti privati e pubblici. La storia della ‘tappezzeria’ è andata evolvendosi assecondando il gusto artistico della committenza e il nuovo sviluppo architettonico degli edifici e dell’arredamento delle stanze, assumendo di conseguenza formati e funzioni differenti.

L’arazzo si individua come tipologia di opera tessile fabbricata all’interno di una manifattura da più arazzieri, secondo una determinata tecnica di esecuzione che prevede l’uso di telai (“ad alto liccio” o “a basso liccio”) e specifiche materie prime; caratteristica, questa, che lo differenzia da qualsiasi altro prodotto artistico.

A livello tecnico, l’arazzo si configura come una struttura tessile ad armatura a tela, dove fili paralleli, detti orditi o catene, si intersecano in senso perpendicolare ai filati di trama, tramite passate complete estese per zone, secondo i diversi colori contenuti nel modello preparatorio, il cartone. La tecnica esecutiva a sviluppo circoscritto consentiva, tra l’altro, l’impiego contemporaneo di più arazzieri sulla stessa opera, fattore da cui dipendeva il risultato finale del lavoro.
I filati maggiormente utilizzati per la tessitura erano lana, seta, lino e, in alcuni casi, oro e argento, il cui utilizzo si andò modificando nel corso della storia dell’arazzo.
Da un punto di vista figurativo, i disegni preparatori dei motivi raffigurati nascevano dal pennello di abili pittori, i più celebri dei quali furono Raffaello Sanzio, Giulio Romano, Agnolo Bronzino, arrivando poi ai maestri barocchi e rococò come Pieter Paul Rubens e François Boucher per limitarsi a citarne alcuni. Pur sviluppandosi parallelamente alle arti maggiori, la storia del panno istoriato rivela convergenze ma anche divergenze, dovute a specificità legate alla tecnica d’esecuzione e ai mezzi espressivi.

Modello d’arazzo, dipinto a tempera su cartone da Raffaello Sanzio (1515-1516) – Victoria and Albert Museum (Londra) ©
Tessuti e derivati: espressioni di un’arte complessa
I tessuti, in ogni loro forma e funzione, sono da sempre stati connaturati alla vita dell’uomo: nell’abbigliamento pubblico, domestico e liturgico e nell’arredamento come mezzo per creare o decorare ambienti. A livello evolutivo, gli elementi che andarono a qualificare la storia del tessuto furono la complessità tecnica e la trasformazione dei motivi ornamentali.
Le prime attestazioni dell’arte del tessuto risalgono ad antiche raffigurazioni pittoriche rinvenute in tombe egizie che testimoniano l’utilizzo di stoffe, forse anche ricamate, già nel X secolo a.C.: nella foto vi proponiamo la Veste di Tarkan, reperto rinvenuto nell’omonima tomba egiziana, risale a più di 5.000 anni fa. Grazie alle analisi al radiocarbonio è stato stabilito trattarsi dell’abito più antico del mondo.

Il termine tessuto, riconoscibile per assonanza anche in altre lingue europee, deriva dal latino textilis, che significa intreccio. Infatti, da un punto di vista tecnico viene definito come “una falda omogenea, pieghevole e morbida, di spessore relativamente piccolo, di larghezza e lunghezza limitate, formata da un intreccio di fili”. Le modalità di incrocio dei fili di ordito e trama determinano l’armatura di un tessuto; quindi il numero di elementi necessario e sufficiente a rappresentarlo. Le combinazioni di intreccio ottenibili con la tessitura sono pressoché infinite; la nomenclatura attribuita alle varie tipologie di tessuto permette la loro distinzione in “armature di base” e “derivati”:
- Tessuti semplici: formati dall’intreccio di due serie di elementi e cioè da fili di ordito e di trama che si intersecano perpendicolarmente formando diverse armature (tela, saia, raso) con relativi derivati e combinazioni;
- Tessuti composti: formati dall’intreccio di tre o più serie di elementi (ordito e trama) che in fase di tessitura si sovrappongono, permettendo di ottenere tessuti pesanti senza falsarne le caratteristiche. I tessuti composti si possono suddividere in stoffe a: doppia faccia, doppie, multiple e speciali.

Nel particolare di destra è raffigurato un tipico esempio di tovaglia perugina (tessuto di lino operato ad occhio di pernice lanciato)
A livello tecnico-produttivo l’utilizzo di determinate armature tessili e la loro combinazione andrà a delineare il percorso evolutivo della storia del tessuto: dagli arazzetti copti a quelli “a rotae” bizantini; dai lampassi trecenteschi ai velluti rinascimentali; dai damaschi per tappezzerie a quelli destinati all’abbigliamento; dalle stoffe rococò “a stile Revel” a quelle “a meandro” ecc… Fino ad arrivare alle creazioni moderne di William Morris e Mariano Fortuny.
I materiali impiegati per la tessitura potevano essere di origine animale (vello di pecora, di capra, di cammello, seta e bisso), vegetale (lino, canapa, cotone) o oro e argento filati. Per ottenere un tessuto a disegni, prima dell’introduzione della macchina Jacquard (inizio XIX secolo), si utilizzava il telaio da tessitura costituito da due apparati: uno per i licci (impiegato anche per i tessuti senza disegni) e uno per il disegno, per mezzo del quale venivano sollevati i fili di ordito secondo la decorazione da riprodursi.
Il tappeto orientale: tutta questione di nodi
Le testimonianze storiche ed archeologiche permettono di ipotizzare che la tecnica dell’annodatura sia tra le più antiche forme di artigianato praticate dall’uomo con lo scopo di ripararsi dalle intemperie, di costruirsi un giaciglio confortevole e di contenere oggetti/attrezzature durante gli spostamenti. Non a caso, gli antesignani dei tappeti furono proprio dei tessuti provvisti di vello, creati dall’uomo a emulazione della folta pelliccia degli animali. Tuttavia, le fonti più concrete che riferiscono l’uso di tappeti simili a quelli odierni risalgono alla metà del I millennio a.C..

L’arte del tappeto si sviluppò in un’area avente una posizione geografica ben precisa ed estesa per quasi 7 milioni di chilometri quadrati, ovvero il Medio Oriente, situato in posizione cerniera tra Asia, Africa ed Europa. Nato in Oriente come oggetto d’uso, d’ arredo domestico e strumento di preghiera, il tappeto approderà in Occidente dal periodo delle Crociate, divenendo simbolo di prestigio e di potere.
Per quanto riguarda la tecnica esecutiva, il tratto caratteristico è dato dalla presenza dei nodi. Questi ultimi realizzati con materie naturali ‑ lana o cotone per l’armatura di base, lana o seta per il vello – furono creati a telaio mediante la tecnica dell’annodatura, che prevedeva l’esecuzione di file di nodi intrecciati su due catene verticali di ordito, alternati ad un filato orizzontale di trama.
Esistono due tipologie di nodi nel tappeto antico:
- Il nodo asimmetrico, detto anche Senneh o persiano, dato dall’avvolgimento ad un’ unica catena (ordito) e dalla chiusura parziale di uno dei due capi (nodo aperto a destra oppure a sinistra).
- Il nodo simmetrico, chiamato anche Ghiordes o turco. I due capi del filo si agganciano ciascuno ad una delle due catene adiacenti di ordito per fuoriuscire nel mezzo.
L’insieme dei nodi forma il vello del tappeto, il quale può assumere un aspetto di lucentezza e/o di opacità a seconda dell’inclinazione che gli viene conferita in fase di tosatura e pettinatura.
I tappeti assunsero nomi e peculiarità distintive a seconda:
- della provenienza: cittadina oppure rurale (tappeto Tabriz, Agra, Pechino, Qum, Isfahan, Bokhara);
- dell’area geografica: tappeto anatolico o caucasico;
- della funzione: preghiera, scendiletto o corsia;
- del tema e significato della decorazione: medaglione, vaso, boteh, granchio, testuggine.
