Questo editoriale è dedicato ad un evento molto importante per StorieParallele: oggi, 27 febbraio 2022 il progetto compie tre anni di vita. Chi ci segue e ci supporta sa quanto io e il mio team abbiamo lavorato duramente per poter costruire tutto quello che vedete adesso.
Gli anni passati la scelta era ricaduta sempre su di un’adozione: nel 2020 si era scelto un blocco delle mura del Parco Archeologico di Paestum, mentre l’anno scorso abbiamo adottato un mandorlo antico.
Dunque, anche quest’anno mi sono molto interrogata su quale fosse il modo migliore di festeggiare l’evento e alla fine sono ricaduta nuovamente su qualcosa che potesse durare nel tempo, qualcosa di importante già da secoli per l’uomo, ma che possa essere importante anche per i secoli futuri. Così ho deciso di adottare un alveare, dove una famiglia di Apis Mellifera produrrà il nostro miele!

Il miele e le api: una storia millenaria
Risale a 10 mila anni fa la prima traccia dell’esistenza del miele nella vita dell’uomo. Una pittura rupestre scoperta nei pressi di Valencia, in Spagna ci presenta una scena unica: un uomo arrampicato su di un albero, circondato da api in volo, raccoglie i favi utilizzando il fumo per stordirle.
La più antica testimonianza di allevamento vero e proprio, risale invece all’Antico Egitto. Grazie alle rappresentazioni della raccolta del miele all’interno di alcuni monumenti sappiamo che già durante l’Antico Regno (2700-2192 aC) gli Egizi praticavano l’apicoltura. Difatti, nel Tempio Solare del sovrano Niuserra appartenente alla V dinastia, sono state trovate delle rappresentazioni di alcuni uomini che raccolgono del miele dai favi, soffiandovi del fumo contro, per confondere le api e renderle meno offensive. Gli Antichi Egizi erano avvezzi anche alla costruzione di arnie artificiali, per mezzo di canne e stuoie ricoperte di fango, che le rendevano impermeabili.
Il miele era conosciuto e apprezzato non solo dalle civiltà dell’area mediterranea: difatti anche in Anatolia l’apicoltura era praticata già dal II millennio avanti Cristo. La parola miele sembra derivare dall’ittita melit. I Sumeri lo utilizzavano impastandolo con argilla e olio di cedro, a scopo cosmetico. Inoltre, nel Codice di Hammurabi si ritrovano addirittura alcuni articoli che tutelano gli apicoltori dal furto di miele dalle arnie.
Ma erano gli Antichi Greci i più grandi estimatori di miele: essi lo consideravano infatti il cibo degli dei. Le api erano addirittura presenti nella monetazione greca: si pensi alle dracme coniate dalla zecca di Efeso. Oltre alle testimonianze archeologiche, possiamo contare sulle tracce lasciate nelle fonti antiche: Omero descrive la raccolta del miele selvatico, mentre Pitagora lo segnala come segreto di vita lunga. Anche il poeta giambico Semonide di Amorgo ci parla delle api: egli infatti sosteneva che le donne fossero di 10 tipologie, assimilabili ad altrettanti animali a seconda dei difetti posseduti. Un tipo solo di donna era augurabile per un uomo, quella che Zeus ha creato dall’ape: lavoratrice e assennata, la considerava una benedizione per il patrimonio e per la casa di chi ha la fortuna di trovarla e farla sua, incarnava quindi tutte le virtù che ogni moglie dovrebbe possedere.
E in questo excursus sulla storia del miele potevamo non citare gli Etruschi? Per brevità vi lasciamo solo un piccolo aneddoto, che riguarda una certa forma vascolare ovvero i vasi stamnoidi a colletto. Per la particolare forma questi vasi sono detti “da miele”, poiché venivano utilizzati anche nella vita quotidiana come contenitori alimentari ed il largo colletto veniva probabilmente riempito con dell’acqua, in modo che gli insetti, tipo le formiche, vi restassero intrappolati senza riuscire a raggiungere il prezioso contenuto.

Per quanto riguarda la nostra penisola, l’apicoltura raggiunse l’apice durante l’epoca romana, anche da un punto di vista reputazionale. Difatti, scrittori come Varrone, Virgilio, Columella, Plinio e Palladio (solo per citarne alcuni) hanno contribuito a consolidare l’immagine positiva delle api, emblema di unione, di parsimonia e di operosità. Molte sono le testimonianze anche dal punto di vista tecnico, circa le pratiche utilizzate. Le arnie venivano costruite in vari materiali, come il vimini, il sughero, il legno e la terracotta. Varrone e Columella sostenevano queste ultime erano sconsigliate rispetto alle altre, in quanto risentivano del freddo durante il periodo invernale e del caldo durante quello estivo, risultando poco ospitali per le api. Apicio, noto gastronomo romano, lo utilizzava in molte delle sue ricette, di cui abbiamo testimonianza nel De Re Coquinaria. E sapete che l’espressione “luna di miele” risale proprio a questo periodo? Difatti, alle coppie di sposi novelli veniva servita una bevanda a base di miele.
Facendo un balzo in avanti e arrivando al Medioevo, si può notare che le tecniche di allevamento delle api e della raccolta del miele non subirono modificazioni sostanziali rispetto all’antichità. Carlo Magno nel suo Capitulare de villis del 759 inserì, fra le altre, una regimentazione che riguardava le api e la loro cura all’interno del podere che prevedeva anche la produzione di miele e idromele. Si occupò anche di punire tramite delle sanzioni coloro i quali fossero stati accusati di aver rubato del miele e decretò che chiunque avesse trovato un favo abbandonato ne sarebbe diventato proprietario. Da queste, ed altre evidenze, risulta quanto il miele fosse considerato un bene prezioso.
Fino alla scoperta dell’America il miele venne utilizzato come dolcificante alimentare, venendo poi parzialmente sostituito dallo zucchero ottenuto dalle canne.
Durante l’epoca moderna, grazie anche all’impiego di manodopera schiavistica nelle colonie, sempre maggiori quantità di zucchero raggiunsero l’Europa, portando al declino della raccolta e consumo di miele. James Hart famoso medico inglese del Seicento, arrivò a dire nella propria opera “The diet of the dieseased” che lo zucchero aveva ormai superato il miele. Dal Settecento, lo sviluppo della coltura della barbabietola da zucchero portò anche i paesi privi di un impero coloniale a produrre autonomamente zucchero, infliggendo un ulteriore colpo all’apicoltura. Tuttavia, nonostante l’abbassamento costante del prezzo dello zucchero dal XVI secolo in poi, si arrivò alla parità rispetto al miele solo fra il 1800 e il 1850. Addirittura in Italia negli anni ’60 del XIX secolo il miele era ancora più conveniente.
Considerato un alimento altamente energetico e facilmente digeribile, tutt’oggi è apprezzato perché ricco di vitamine e sali minerali. Cera d’api e propoli vengono anche utilizzati nella produzione di prodotti per la cura del corpo, soprattutto della pelle e dei capelli. In passato, soprattutto durante l’Antichità e il Medioevo, i diversi tipi di miele venivano sfruttati dalla pratica medica secondo le diverse proprietà, come antisettico, cicatrizzante e purgante. Il miele e il propoli sono utilizzati anche dalla medicina contemporanea per alleviare alcuni disturbi (si pensi ad esempio al mal di gola), oltreché durante lo svezzamento.
Come adottare un alveare?
Dopo questo brevissimo, e per niente esaustivo, excursus storico vi starete chiedendo come si adotta un alveare. Noi di StorieParallele abbiamo avuto il piacere di conoscere Lorenzo Lander, un giovane apicoltore professionista, titolare e ideatore di Agrilander, la sua azienda agricola che ha come sfondo le bellissime colline toscane della provincia di Firenze. Gli apiari si trovano fra Fiesole, Firenze, Pontassieve e il Mugello, nella terra che in passato è stata vissuta dagli Etruschi e ha visto sbocciare la bellezza del Rinascimento.
Il rispetto per le api si riflette nel miele che Lorenzo raccoglie. Questo ci ha colpito di lui, l’amore e il rispetto che nutre verso questi animali. Il miele Agrilander non subisce alcun tipo di manipolazione: non viene mai scaldato né pastorizzato, mantenendo così intatte tutte le sue proprietà organolettiche e nutritive.

L’adozione dell’alveare di StorieParallele
Quando abbiamo incontrato Lorenzo e assaggiato il suo miele non abbiamo potuto resistere e abbiamo voluto partecipare alla sua iniziativa: ha impiantato circa 50 nuove arnie in un boschetto di Polcanto (FI), per dare nuove case alle api della campagna fiorentina.
L’adozione dell’alveare comporta un impegno e una partecipazione viva: qualche settimana fa siamo stati ospitati nei locali della Fondazione Art With Love, dove abbiamo preparato la casa per le api. Ci siamo divertiti a dipingere la nostra arnia, personalizzandola col nostro logo. Le nostre api, infatti, dovranno poter riconoscere facilmente qual è la loro arnia. Abbiamo deciso di chiamare il nostro alveare Melissa, come tributo alla lingua greca… d’altronde, potevamo fare altrimenti?

Oggi siamo stati nel terreno dove hanno trovato collocazione le nuove arnie per rendere ancora più ospitale l’ambiente: abbiamo piantato quello che in futuro diventerà il pascolo per le api bottinatrici. Dopo aver ripulito il boschetto di castagni dalle erbacce, siamo andati a ricreare un piccolo orto botanico con piante di rosmarino, spirea e caprifoglio, oltre ad un meraviglioso arco che accoglie chiunque voglia entrare nel giardino delle api.
Ma il nostro impegno non finisce qui: nei prossimi mesi incontreremo Lorenzo in occasione di alcuni seminari online, dove ci illustrerà come funziona il mondo delle api, la loro biologia, la loro società, molte curiosità e soprattutto cercheremo di capire come prenderci cura di loro al meglio. A settembre finalmente potremo incontrarle da vicino: indosseremo tuta, guanti e maschera e apriremo un’arnia insieme. Finalmente vedremo da vicino le nostre api e potremo finalmente gustare il loro miele!
